Xbox Series S: Amerzone: the explorer’s legacy – Remake: la recensione

La matita di Benoit Sokal torna, in versione remake, a donarci la sua estetica malinconica e profonda in Amerzone. Accompagnamo il protagonista attraverso luoghi misteriosi cercando di dipanare un antico mistero.

Benoît Sokal è un nome che evoca emozioni particolari in chiunque abbia attraversato i mondi creati nelle sue avventure grafiche. Prima ancora che designer di videogiochi, Sokal è stato un fumettista, e questa sua origine si è sempre percepita nella maniera poetica, quasi pittorica, con cui ha saputo costruire universi narrativi. Personalmente, ricordo ancora quando da ragazzino, su PC, mi immersi nella trilogia di Syberia: un viaggio che sapeva di fiaba moderna, capace di farmi esplorare territori innevati e solitari insieme alla straordinaria protagonista, Kate Walker. Fu un’esperienza che lasciò un segno profondo, e che da allora ho sempre considerato come uno dei massimi esempi di come il videogioco possa farsi narrazione viva, emozione pura. Tuttavia, prima di Syberia, Benoît Sokal aveva già segnato un punto importante nella storia del videogioco con Amerzone, un titolo che nel 1999 tracciò nuove rotte nell’avventura grafica, amalgamando realismo e sogno, introspezione e spirito di scoperta. Del resto, non è difficile intravedere i fili che legano Amerzone alla saga di Syberia. Entrambi i titoli condividono un approccio al viaggio che va oltre il mero spostamento fisico, trasformandosi in una lenta e poetica esplorazione interiore. L’atmosfera è sospesa, malinconica, così come la cura quasi artigianale nella costruzione di mondi credibili e pieni di dettagli narrativi. In Amerzone come in Syberia, la tecnologia assume tratti onirici, più vicina all’artigianato, con tratti steampunk a momenti, che alla fredda scienza, e i protagonisti, estranei ai luoghi che attraversano, si trovano a confrontarsi con civiltà al tramonto, raccogliendone le ultime tracce. In entrambe le opere, Sokal predilige una narrazione sottile, che si disvela lentamente attraverso ambientazioni e piccoli indizi, più che con colpi di scena roboanti. Oggi, a distanza di venticinque anni, Amerzone – The Explorer’s Legacy torna a raccontarsi grazie a un remake realizzato con cura da Microids Studio Paris, già noti per l’ottimo lavoro su Syberia: The World Before.

Amerzone racconta la storia di un giovane giornalista che, sulle orme delle ultime volontà di un esploratore anziano e tormentato dai rimorsi, si lancia in una missione apparentemente semplice ma densa di significati: recuperare e salvare l’ultimo uovo dei Grandi Uccelli Bianchi, creature leggendarie, legate indissolubilmente al destino di una terra lontana e martoriata da anni di dittature e disastri ambientali. Una terra immaginaria che dai tratti potremmo però collocare all’incirca in america latina. Là dove la natura selvaggia convive con i resti di civiltà corrotte, il nostro protagonista dovrà affrontare un viaggio più spirituale che fisico, esplorando una realtà tanto affascinante quanto decadente. Sokal, ancora una volta, non costruisce semplicemente un mondo da esplorare, ma un ecosistema narrativo dove ogni rovina, ogni oggetto abbandonato racconta una storia di fallimenti umani e meraviglie dimenticate. Il remake rispetta in pieno questa eredità, mantenendo intatta la struttura originale ma arricchendola in ogni aspetto. Amerzone è un’avventura grafica in prima persona che privilegia l’osservazione, la riflessione e la scoperta lenta. Gli enigmi non sono mai fini a sè stessi, ma perfettamente integrati nel contesto narrativo: ogni meccanismo da azionare, ogni codice da decifrare, rappresenta un passo ulteriore nella comprensione della storia e del mondo circostante. Le meccaniche sono state modernizzate quanto basta per renderle più accessibili: ora si può scegliere tra due livelli di difficoltà, con “Viaggiatore” che offre un approccio più rilassato e “Avventuriero” che mantiene un livello di sfida più elevato, rispettoso del design originario.

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