Nano Apostle: la recensione

Il bizzarro connubio tra una ragazzina ed un robot senziente ci porta ad un Boss Rush di tutto rispetto.

NanoApostle, titolo curioso per il gioco oggetto di questa recensione. Un nome che, abbiamo scoperto giocandolo, non è semplicemente un titolo: è una sorta di manifesto, una anticipazione di quella che è la proposta dello sviluppatore. La fusione tra “nano”, come le macchine senzienti che scorrono nelle vene della protagonista, e “apostle”, messaggero di una nuova era biotecnologica, racchiude l’anima di un gioco che unisce brutalità meccanica e tensione spirituale. Un nome che dice tutto, senza spiegare nulla. Dietro a questo piccolo esperimento indie per Nintendo Switch c’è lo studio taiwanese 18Light Game Ltd., un team indipendente che si era già fatto notare per Pronty, un metroidvania subacqueo dallo stile peculiare che aveva sorpreso per l’attenzione ai dettagli e la qualità della sua narrativa. Con NanoApostle, 18Light alza ulteriormente l’asticella, proponendo un action-platform dal taglio cupo e intensamente tecnico. Eppure, dietro la superficie spigolosa e la sfida impegnativa, si nasconde un’esperienza che sa essere sorprendentemente elegante e profonda. La trama del gioco parte introducendoci nei meandri di una struttura di ricerca segreta, dove conosciamo Anita, una ragazza generata attraverso esperimenti scientifici e fusa con un’entità nanomeccanica senziente chiamata Apostle. L’intreccio narrativo non si dilunga in lunghe cutscene o spiegazioni: lascia che il giocatore scopra il mondo frammento dopo frammento, raccogliendo indizi sparsi e ricomponendo lentamente il puzzle di una realtà distopica che puzza di bioingegneria corrotta e potere fuori controllo. Il legame tra Anita e Apostle è il cuore emotivo e funzionale del gioco: non si tratta solo di una connessione narrativa, ma di una fusione ludica totale. Apostle è estensione del corpo di Anita, strumento di sopravvivenza e liberazione, arma e coscienza, e questa simbiosi è resa con notevole coerenza tanto nella scrittura quanto nel gameplay. In qualcosa questa storia ci ha richiamato note di Venom, quantomeno nella collaborazione forzata fra le due entità che finiscono per unirsi in maniera quasi indistricabile.

Classificare NanoApostle non è semplice, perché pur poggiando le sue fondamenta sul genere action-platform, attinge a piene mani dal metroidvania, dal combat system tecnico e da una sensibilità quasi roguelite nei suoi sistemi di progressione. Il risultato è un ibrido affilato, che pretende precisione e studio da parte del giocatore, ma ricompensa con un senso di padronanza crescente. Gli scontri con i nemici, e ancor di più con i boss – che qui non sono semplici checkpoint epici, ma veri e propri esami finali – si basano su un sistema di combattimento stratificato. Tanto da poter arrivare a definire NanoApostle un classico esempio di Boss Rush, anche se con un certo spazio per esplorazione e crescita del personaggio. Anita può schivare, parare, rimpallare proiettili, attaccare in combo e lanciare proiettili micidiali sfruttando i poteri di Apostle, ma soprattutto può individuare i Destruction Points, punti deboli che emergono solo se si legge attentamente il comportamento dell’avversario. Individuarli, attivarli, e infine sfruttarli per infliggere colpi devastanti è una danza di precisione e riflessi che trasforma ogni battaglia in una coreografia letale. Le boss fight, in particolare, rappresentano il piatto forte dell’esperienza: non solo sono visivamente spettacolari – con creature meccanico-organiche che mutano forma e comportamento nel corso dello scontro – ma sono pensate per mettere davvero alla prova le capacità del giocatore. Ogni boss è un puzzle cinetico, che richiede studio, sperimentazione e un pizzico di sana ostinazione. Il sistema di battaglia si arricchisce ulteriormente grazie alla possibilità di personalizzare lo stile di Anita con un albero delle abilità che permette approcci diversi: c’è spazio per chi predilige l’aggressività pura, ma anche per chi preferisce un metodo più riflessivo, fatto di parate perfette e contrattacchi chirurgici. In ogni caso siate pronti a morire più e più volte dato che il livello di difficoltà è davvero alto, per assurdo persino il tutorial, nel quale il nostro avversario è pressochè immobile, rischieremo di prendere qualche bastonata di troppo.

Ma NanoApostle non è solo combattimento. Il gioco esplora anche sezioni platform complesse, in cui la fluidità dei movimenti diventa fondamentale, e propone una serie di sfide extra – le cosiddette Challenge – che spaziano dal parkour su tracciati ostili alla sopravvivenza contro orde di nemici. In queste sezioni si respira l’influenza di titoli come Celeste o Dead Cells, ma senza mai scadere nell’imitazione: 18Light dimostra di saper assorbire suggestioni e rielaborarle in una formula originale. A fare da collante c’è sempre la simbiosi tra Anita e Apostle, che permea ogni aspetto del gioco, sia narrativo che ludico. Visivamente, NanoApostle si muove su uno stile 2.5D che alterna ambientazioni industriali claustrofobiche a scenari più visionari, dove la carne e il metallo si fondono in paesaggi disturbanti ma affascinanti. L’uso delle luci e delle ombre è curatissimo, e le animazioni – soprattutto quelle dei boss – sono fluide e piene di personalità. I combattimenti sono letti chiaramente a schermo, ma non rinunciano a una spettacolarità che, soprattutto nei momenti più intensi, riesce a emozionare senza disorientare. Purtroppo però alcune location sono apparse piuttosto spoglie ed anonime, facendo un pò troppo da contraltare invece alla ricercatezza del character design. Il comparto sonoro accompagna con discrezione ma efficacia: le musiche si adattano al ritmo dell’azione, salendo di intensità nei momenti clou, mentre gli effetti sonori sono secchi, chirurgici, e rendono ogni colpo percepibile e soddisfacente. Ciò che colpisce maggiormente di NanoApostle è il coraggio: quello di proporre un’esperienza che non cerca compromessi, che sfida il giocatore sin dai primi minuti, ma che allo stesso tempo riesce a costruire un mondo credibile, profondo e narrativamente intrigante. Il gioco non punta a farsi piacere da tutti: è pensato per chi ama mettersi alla prova, per chi trova soddisfazione nel padroneggiare sistemi complessi e nel superare ostacoli che all’inizio sembrano insormontabili. Eppure, non è mai frustrante gratuitamente: ogni errore è leggibile, ogni sconfitta è una lezione, ogni vittoria è meritata.

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La recensione

7 Il voto

NanoApostle è un intenso boss rush in stile pixel art, che offre combattimenti reattivi e soddisfacenti, premiando la precisione e la pazienza. I punti di forza includono boss unici e un gameplay gratificante. Tuttavia, la breve durata della campagna, ambientazioni poco ispirate e una difficoltà fin troppo punitiva possono limitare l'esperienza complessiva

Valutazione

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