THE OUTER WORLD – Benvenuti a un nuovo appuntamento dedicato alla nostra rubrica intitolata “The Outer World”, una finestra nuova per Switchitalia, con vista sui mondi videoludici che si espandono fuori dalle consuete e familiari mura dell’universo Nintendo. Se volete più dettagli sulla nostra iniziativa, vi rimandiamo all’articolo introduttivo con cui ve la presentiamo, sospinti dalla curiosità esplorativa tipica degli amanti dei videogiochi. Oggi è un giorno speciale, perché il vostro sito preferito (!!!) continua il suo processo di espansione degli orizzonti, abbracciando per la prima volta anche quelli virtuali di PlayStation VR2! Entrate, letteralmente, con noi in questa nuova splendida avventura! Generatore elettrico.. perfettamente funzionante! Filtri antigas.. ne abbiamo. Proiettili.. Ok, dovrò accontentarmi di una bottiglia stavolta.
Nell’ormai lontano 2010 il vivo panorama videoludico del periodo vide l’arrivo di un prodotto che più che l’inizio di una saga sembrava una cometa, un titolo tanto unico e prezioso da non poter essere replicato, all’apparenza difficilmente digeribile per un pubblico generalista e saltuario nella fruizione del media: Metro 2033. Il felice incontro tra A4 Games e l’omonima serie di romanzi firmata da Dmitrij Gluchovskij, ci proiettava, senza tanti preamboli, nella tentacolare metropolitana di Mosca, unico luogo abitabile nel mondo Nuclear Punk di Metro 2033. Nel capolavoro di A4 Games convivevano diverse anime, ognuna ispirata, ben realizzata e artefice del successo del titolo, parliamo di un survival horror post-apocalittico FPS, contraddistinto da una narrazione matura ed evocativa, una regia di gioco impeccabile e un ritmo eccellente a raccordare l’intera esperienza, il tutto infiocchettato da meccaniche survival ben bilanciate che incentivano un’alternanza stimolante tra stealth e azione pura. I due sequel, Metro Last Light e Metro Exodus, hanno sostenuto a stento la grandezza del primo capitolo, riuscendo tuttavia a tenere in vita il brand per due generazioni senza troppi inciampi, inutile dire quindi che l’annunciato sequel in realtà virtuale abbia generato particolare clamore tra gli appassionati del settore. Vertigo Games è un nome importante nel mondo della VR, con Arizona Sunshine 1 e 2 è stata in grado di rimpolpare egregiamente l’esiguo parco titoli tripla A del settore, che purtroppo, a causa del costo di partenza dei visori VR, non conta un numero di utenti sufficiente alla proliferazione di titoli tripla A come per la controparte flat, per questo motivo quando una major del calibro di Vertigo annuncia l’uscita di un nuovo titolo, le aspettative dell’utenza volano alle stelle, a maggior ragione se il titolo in questione è ambientato nell’universo di Metro, ma, forse proprio a causa dell’entità delle aspettative, Metro Awakening non ha convinto appieno.
Dmitrij Gluchovskij firma la sceneggiatura calandoci nei panni di Serdar, dottore e uomo di scienza, alla ricerca di farmaci che possano tenere sotto controllo la patologia psichiatrica della moglie, ammalatasi dopo la scomparsa del loro unico figlio. Se pur non siamo di fronte ad un incipit originale, in Metro Awakening possiamo sicuramente apprezzare il costante dialogo tra razionalità e spiritualità tipico dell’opera di Gluchovskij, in grado anche stavolta di farci apprezzare specialmente i silenzi, spingendoci a riempirli con riflessioni profonde tra una sparatoria e l’altra. Forse perché circondata da una serie di difetti macroscopici negli altri settori, però, la componente narrativa non si eleva mai al di sopra del mero accompagnamento, non riuscendo a regalarci l’estasi dei precedenti capitoli flat. Di errori macroscopici saremo purtroppo costretti a parlare per ognuno dei comparti che compongono il titolo, segnato probabilmente da un budget limitato e da necessità tecniche per l’adattamento ad una vasta gamma di headset. Per quanto riguarda il gameplay si apprezza l’inserimento di meccaniche survival ben cesellate come per i precedenti capitoli, dovremo infatti stare attenti a non sprecare munizioni, raccogliendole dai caricatori dei nemici sconfitti ogni volta che potremo, sarà necessario tenere con sé una scorta di filtri per la maschera antigas, controllando frequentemente con l’orologio da polso quanto tempo ci rimane prima di doverli sostituire, e spesso saremo costretti a ricaricare la nostra torcia mediante un generatore a manovella, piacevole anche l’aggiunta dell’iconica condensa sulla maschera antigas, rimovibile passando semplicemente una mano davanti al visore. Scartate narrativa e meccaniche survival, l’esperienza di gameplay si riassume in uno sparatutto action/stealth cunicolare, i livelli di cui si compongono i 12 capitoli di Metro Awakening sono infatti dei “Corridoi” in cui raccogliere risorse, uccidere o fuggire da nemici umani e creature mutanti, fino a raggiungere la porta che, dopo aver risolto un semplice puzzle, ci permetterà di passare al livello successivo. Una soluzione semplice che potrebbe funzionare grazie al dualismo stealth/action, ma l’eccessiva ripetizione delle stesse aree di gioco, l’esigua varietà di nemici e l’intelligenza artificiale piuttosto basilare appiattiscono decisamente l’esperienza di gioco, si lamenta inoltre una certa scarsità di interazioni specifiche della realtà virtuale, potremo infatti aprire solo alcuni armadi e lanciare solo alcuni oggetti per distrarre i nostri aguzzini. Il Gunplay ricorda i capitoli precedenti in tutto e per tutto, presentando alcune tra le armi più iconiche del brand che, seppure presenti in numero limitato, riescono a scandire l’incedere dell’avventura.