One Last Breath: la recensione

La terra è stata devastata dalla stupidità dell'essere umano, ma prima di spegnersi del tutto emana un ultimo respiro: Gaia, piccolo lume di speranza.

One Last Breath è il titolo evocativo di questo puzzle adventure, che ci apprestiamo a provare, sviluppato dalla collaborazione tra Moonatic Studios, Maniac Panda Games e Catness Game Studio. L’ultimo respiro, l’ultimo soffio vitale di cui al titolo è quello emesso da una terra morente, una terra uccisa dalla stupidità umana, causa di una catastrofe apparentemente irrisolvibile. Da quel soffio nasce Gaia, l’essere dalle parvenze di un umanoide vegetale, ultima speranza di una terra morente nonché protagonista del gioco. Il nome Gaia, nella mitologia Greca, fa riferimento all’essenza primordiale del nostro pianeta, alla natura, al nucleo vitale della Terra. Gaia è un essere che proviene dalla natura, di genesi non meglio specificata (tant’è che non sappiamo effettivamente “cosa” sia), ma in grado di sviluppare una fortissima connessione con la terra, tanto da radicarsi in essa ed evocare piante, alberi, enormi radici e porsi in connessione con gli esseri viventi, con quelli pacifici perlomeno. Quegli esseri viventi che, a causa di una catastrofe globale della quale non sappiamo nulla, non vedono più presenti l’essere umano se non sotto forma di ricordi e cimeli riconquistati dalla natura selvaggia. Tutto infatti è devastato, ci sono qua e la residui di città, palazzi crollati, veicoli arrugginiti, piccoli sprazzi di tecnologia ancora funzionante, però la presenza vera e propria dell’uomo è spazzata via. Un’ambientazione post apocalittica, declinata in un bianco e nero davvero elegante e solitamente piuttosto evocativo.

Il gioco si inserisce nel solco degli action platform di atmosfera a scorrimento laterale, quindi ponendosi a confronto con i vari Limbo, Inside e Little Nightmares, richiamando in qualcosa anche il tenero Abe di Oddworld. Come dalla premessa One Last Breath è un gioco al quale non mancano i presupposti, in termini narrativi ed emozionali, per far breccia nei cuori dei giocatori, tuttavia proprio il fatto di arrivare a ruota di titoli simili e dal grande successo chiede uno sforzo ulteriore dal punto di vista dell’originalità. Missione, come vedremo, riuscita in parte. Come detto One Last Breath nasce da una premessa forte, sebbene già vista, quella di una umanità estinta e di un mondo morente. Dal punto di vista stilistico tutto, dal comparto grafico a quello audio, è estremamente centrato. Si gioca su toni scuri, spesso vedremo solo sagome e silhouette accennate, con sprazzi di verde qua e là in corrispondenza della vegetazione ancora viva, e colori neon laddove troveremo dei macchinari di origine umana per qualche motivo ancora funzionanti. Tutto molto evocativo, ben realizzato, ma non immune da un certo senso di deja vu. A questo va aggiunto anche che talvolta ci aggireremo per sezioni talmente buie e poco definite che, più che di un espediente grafico/narrativo, avremo la percezione di trovarci di fronte ad un escamotage degli sviluppatori per nascondere qualche inciampo. Ancora più coraggiosa la scelta dal punto di vista del sonoro. Infatti ci saranno ampie porzioni di gioco che verranno accompagnate da un silenzio quasi totale, un silenzio profondo ed estremamente angosciante, solo raramente interrotto da qualche urlo o ruggito in lontananza o da qualche effetto sonoro.

Se dal punto di vista narrativo (sebbene sia una narrazione sempre implicita, quasi dedotta dal giocatore più che esposta dal gioco), nonché da quello audio video One Last Breath si rivela piuttosto solido e convincente, per assurdo è invece dal punto di vista propriamente ludico che invece sembrano esserci delle mancanze. I puzzle ambientali in linea di massima non rappresentano una sfida insormontabile, anzi, si rivelano quasi sempre piuttosto semplici se non banali. In quanto diretta emanazione di madre natura, Gaia avrà la possibilità di interagire col terreno in modo da evocare e modificare a piacimento grosse radici che di volta in volta potranno essere usate come ponti, barriere, scalinate e molto altro. Aldilà di questo avremo necessità di interagire con vecchia tecnologia umana come ascensori, pulsanti, allarmi e funivie, attivabile in genere con la semplice pressione di un pulsante o poco più. Gaia, in coerenza con il suo ruolo di essere in pace con la natura, nonché in netta contrapposizione con l’essere umano, non ha alcuna possibilità di sferrare attacchi ai nemici che di tanto in tanto gli si pareranno di fronte. Potremo solo scappare, crearci una via di fuga, o cercare di intrappolare i cattivi in modo da renderli innocui. Nel far ciò non avremo a disposizione una gran varietà di interazioni, tolta la creazioni di grossi arbusti, spostare casse, celle ed altro.

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La recensione

7 Il voto

One Last Breath si è rivelato un gioco dall'estetica piacevole, sebbene già vista. Un impianto audio video di livello, grazie a scelte stilistiche azzeccate. Il gioco è caratterizzato da una forte connotazione narrativa, una narrazione implicita ed introspettiva, che starà al giocatore dedurre da quanto vedrà e sentirà. Purtroppo si cade un pò a livello di gameplay dove i puzzle ambientali si rivelano un pò troppo semplici e non particolarmente intriganti, così come il ventaglio di interazioni possibili, piuttosto ridotto.

Valutazione

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