Uno dei vantaggi più evidenti del fiorire del panorama indipendente è senza dubbio quello della sperimentazione: a volte, di stili o dinamiche del tutto nuove, fuori dai consueti schemi, arrivando a proporre strutture e approcci innovativi. Altre volte, la via della libertà di espressione creativa può però prendere anche altre strade, andando a mescolare in parti diverse ingredienti già esistenti ma solitamente suddivisi in classificazioni rigide di genere. Come vi approcciate a quei progetti videoludici che si articolano lungo direttive diverse, mischiando elementi mutuati da diverse tipologie di appartenenza? Ci sono titoli, infatti, che faticano a essere incamerati in un unico filone, a causa della commistione equivalente di componenti tanto action quanto adventure, unite a momenti di esplorazione contaminati da varianti rogue-lite, impreziositi dall’adrenalina di sistemi di combattimento puramente hack&slash, senza disdegnare gestione molto RPG della crescita dei personaggi tramite albero delle abilità ramificato a discrezione dell’utente. C’è chi storce il naso, facendo prevalere un approccio purista, ma anche chi, invece, si trova a proprio agio specificamente a fronte di questa continua alternanza di fasi di gioco, capaci senza dubbio di variare ritmo e atmosfera. E’ questo il caso di Lost Epic, ultima avventura indie pubblicata proprio in questi giorni sull’eShop di Nintendo Switch.
Il gioco qui preso in esame è sviluppato e distribuito da Oneoreight, già conosciuto su Switch grazie alla discreta ricezione vista per la loro precedente fatica: Earth Wars. Un titolo per molti versi simile a quello valutato oggi, in termini di struttura ludica, ma molto lontano invece per quel che concerne il world building e, conseguentemente, le atmosfere e la direzione artistica. Nel precedente action, infatti, ci trovavamo in un mondo diventato ricettacolo di organismi ostili chiamati E.B.E., che nessun’arma è in grado di fermare: l’umanità sembra destinata ad assistere impotente alla propria distruzione, ma ovviamente c’è ancora un’ultima speranza: un’armatura biologica che fonde il tessuto corporeo degli E.B.E. con il metallo. Tocca agli Special Enhanced A.N.T.I., truppe che indossano questa speciale armatura, affrontare gli E.B.E. in combattimenti hack&slash senza pietà, dove sulla scia delle sue prime vittorie, l’umanità ha dato vita a controffensive su larga scala, puntando tutto sugli Special Enhanced A.N.T.I., ovviamente impersonati dal fruitore. Ambienti oscuri e disperati, tanto nero e grigio a farla da padrone, per un colpo d’occhio che richiama le ambientazioni del fumetto BLAME! e un feeling di gioco immediato, ma non per questo superficiale o scontato. Livello di sfida più che discreto, immerso nell’adrenalina di tanti combattimenti piuttosto variegati, seppur accessibili. Cosa cambia e cosa invece resta invariato in Lost Epic, identificando un possibile marchio di fabbrica per questo relativamente giovane team indipendente?
Lost Epic propone un deciso cambio di atmosfera, legata a un universo diegetico completamente nuovo e diverso rispetto al primo titolo sviluppato dal team: trattasi infatti di un gioco di ruolo ambientato in un contesto narrativo prettamente fantasy, incentrato sulla lotta tra gli uomini e gli dèi. Le divinità conosciute dagli esseri umani, purtroppo, sono da tempo scomparse, lasciando invece spazio a essere sovrannaturali dagli immensi poteri, e ai loro adepti. Creature fatate, ostili ai pochi umani sopravvissuti, che hanno preso il controllo di questo mondo, infestandolo con i loro poteri malvagi e corrotti. Solo poche antiche vestigia degli antichi dèi sono rimaste, sparse per il mondo, graziando con la loro benedizione quelle anime erranti che, sospinte da equipaggiamenti divini e poteri inimmaginabili, si ergono a ultimi baluardi davanti allo spauracchio dell’estinzione. Ecco così che il giocatore vestirà i panni di uno di questi cavalieri (potendo personalizzare il proprio avatar, secondo un discreto e variegato gruppetto di opzioni, tanto estetiche quanto legate a caratteristiche e armamentario iniziale), per iniziare l’epopea che lo porterà ad esplorare questo mondo fantastico, attraversandone le diverse regioni alla scoperta dei santuari dedicati a ciascuno dei sei nuovi dèi che lo governano. Un viaggio irto di pericoli, fatto di percorsi complessi e popolati da creature ostili, con l’unico obiettivo di purificare ciascuna regione dall’influenza malvagia della specifica divinità, in modo da liberare gradualmente il pianeta, restituendolo nelle mani di un’umanità altrimenti destinata a sparire per sempre. L’incipit è in qualche modo simile a Earth Wars, ponendo il giocatore al centro di una situazione drammaticamente problematica, ergendolo a unico eroe, ultima speranza per l’umanità intera di ricacciare l’avanzata di una nuova razza di esseri viventi, tornando a far prosperare i suoi simili; ma al di là di questo, il setting risulta completamente diverso, governato da atmosfere fantasy e colori molto più vivi, vivaci e variegati, inserendoci sin da subito in un contesto narrativo con elementi soggiacenti che ritornano, ma dipinti da una mano e visti attraverso uno sguardo più etero e fatato.