Se si pensa a Square-Enix di solito il primo pensiero va a Final Fantasy, il secondo a Dragon Quest e il terzo, quantomeno per chi è cresciuto a pane e videogame nel corso degli ultimi tre lustri, a Tomb Raider (nonostante l’accordo per la cessione di Crystal Dynamic sia ormai definitivo, allontanando la casa giapponese dalle prossime dis-avventure della razziatrice di tombe più famosa del mondo). In tutti e tre i casi, trattasi di esperienze prevalentemente single player (nonostante il prodotto di maggior successo per il brand di Final Fantasy negli ultimi anni sia stato un MMORPG), indirizzate a un pubblico forse non necessariamente adulto, ma di certo appassionato del mezzo di intrattenimento digitale, disposto e anzi attratto dalla promessa di potersi immergere in mondi ampi e complessi per svariate ore, seguendo un filone a tratti più narrativo che ludico, secondo canoni di approccio lontani dalle fruizioni più occasionali e mordi&fuggi che ormai caratterizzano invece gran parte dell’offerta contemporanea, soprattutto so device non dedicati. Eppure, eccoci qui a recensire Powerwash Simulator, sviluppato sì da FutureLab, ma in collaborazione proprio con Square-Enix, che oltre alla necessaria spinta promozionale e pubblicitaria, sembra aver affidato al talentuoso e inusuale gruppo di programmatori un discreto budget, nonché accordi di cessione di licenza piuttosto inusuali. Ma andiamo con ordine, a scoprire le curiose particolarità che si nascondono dentro questo bizzarro ma divertente prodotto.
Uno dei generi che, nel corso degli ultimi anni, hanno trovato sempre più riscontro commerciali sono quelli denominati “simulatori”; vere e proprie “vertical slice” della vita reale, che simulano contesti, attrezzi e situazioni di particolari lavori, consentendoci di provare con curiosità e, perché no, passione ed interesse le dinamiche di mestieri diversi dal nostro, dalla comodità della nostra poltrona di casa. Tra simulatori di guida di camion su percorsi ghiacciati; simulatori di trattore, per arare i campi; simulatori di pilota di caccia, ma anche di treni metropolitani, dall’America al Giappone, passando per la nostra cara vecchia Europa ciascuno ha le proprie ambizioni digitali e, ammettiamolo: ce n’è ormai davvero per tutti i gusti. Ma il progetto qui esaminato è davvero particolare, anche tra le bizzarrie di intrattenimento digitali appena citate: sì perché se da un certo punto di vista potevamo immaginarci l’esistenza di diversi videogiocatori ammaliati dagli splendidi paesaggi esplorabili in Flight Simulator; se potevamo credere alla passione per la vita bucolica delle campagne contadine; se potevamo persino dedurre dal successo di svariati programmi televisivi a stelle e strisce che per molti possa risultare intrigante la faticosa vita dei camionisti, tanto più se alla prese con condizioni climatiche avverse…beh, prima di posare lo sguardo su Powerwash Simulator non avremmo mai potuto intuire quanto addictive potesse diventare per così tanti videogiocatori sparsi per il globo…impugnare una idropulitrice. Eppure, eccoci qui.
Nel gioco vivrete le quotidiane (si fa per dire, viste le continue sorprese che vi aspettano, progredendo nel gioco) di un pulitore che, pompa d’acqua alla mano, dovrà prendersi cura di svariate missioni, tutte sempre finalizzate alla completa pulizia di un ambiente, di un mezzo di trasporto o di altre specifiche richieste e necessità del cliente di turno. Seguendo una struttura a missioni, giustamente non sostenuta da una vera e propria ossatura narrativa quanto piuttosto dalla ordinaria sequela di mail e comunicazioni tramite device mobili che caratterizzano così tanto le normali vite di ciascuno di noi, dovremo di volta in volta appropinquarci alla nuova location per combattere lo sporco più resistente, a suon di spruzzi. Una volta iniziata l’avventura, una interfaccia utente molto chiara, anche se fin troppo semplicistica, ci consentirà di compiere diverse azioni, utilizzando l’equipaggiamento a nostra disposizione: potremo cambiare diversi ugelli, per ottenere spruzzi di diversa portata, entità, ampiezza, forza o precisione; potremo saltare o salire su apposite scalette per raggiungere i punti più alti (come il tetto del furgoncino della nostra stessa azienda, tanto per cominciare!), piuttosto che metterci in ginocchio o acquattarci per strisciare a contatto col pavimento, il tutto per raggiungere i punti più bassi contro cui indirizzare il nostro flusso d’acqua. Per capire lo stato di avanzamento della nostra opera, potremo avvalerci tanto della progressione percentuale che evidenzia quanto ancora ci manchi da ripulire, piuttosto che un tasto che evidenzierà facendoli lampeggiare per qualche istante le aree ancora sporche, così da aiutarci nella lettura dell’oggetto da tirare a lucido. La giocabilità di base che compone quindi la struttura ludica di questa particolare esperienza è piuttosto semplice e basilare, ma stranamente anche discretamente appagante: il senso di progressione all’interno di ciascuna specifica missione è trasmesso in maniera immediata ma soddisfacente ed efficace, attribuendo sia una variazione cromatica alle aree lucidate, che accompagnando con un trillo e uno scintillio temporanei il completamento di ogni specifica parte dell’oggetto stesso, dandovi un senso di compiutezza sorprendente, visti i presupposti semplicistici del progetto.