Diversi anni fa Nintendo stupì il mondo presentando la rivoluzione (nome in codice Revolution) della sua ultima console: quel Wii che segnò un cambiamento epocale, tanto da essere riconosciuto ancora oggi in maniera divisiva, come tutti i prodotti in grado di cambiare i paradigmi di un’industria. Un nuovo modo di concepite l’intrattenimento elettronico da salotto, con un posizionamento nuovo tanto dal punto di vista tecnologico quanto comunicativo, grazie al sistema di interfaccia tramite sensori di movimento, mai visto prima di allora in un prodotto di massa e capace di conquistarsi il trono di home console più venduta di sempre, in casa Nintendo. Almeno fino all’arrivo della Switch, ovviamente! Un hardware particolare, la cui capacità di incidere sul destino del settore è forse più comprensibile oggi, ad anni di distanza: sia perché il tempo ha messo giudizio anche nelle persone più reazionarie, che rifiutarono l’intuizione geniale proposta dal compianto Iwata, sia perché proprio gli appassionati più interessati al versante tecnologico si sono innamorati dei prodotti basati sul concetto di realtà virtuale. Ma cosa c’entra il Wii con HTC-Vive, PSVR o Oculus rift? Più di quel che si pensi, senza ombra di dubbio.
Se in molti ricordano la console come un hardware ancora in bassa definizione, nel momento in cui l’industria fece il balzo tecnologico verso le risoluzioni HD; se per gli affezionati di lunga data il Wii è stato il prodotto che ha spostato l’attenzione da loro verso i parenti poco avvezzi alle avventure di Samus Aran e interessati solo a far finta di essere sulla pista da bowling; se in tanti rimpiangono ancora come quel grosso tasto A al centro del telecomando abbia rimpiazzato le complesse combinazione di tasti (mezzaluna avanti, X + B) per eseguire le mosse dei picchiaduro…beh, quella stessa industria che all’epoca guardò con un sorriso di commiserazione le bizzarre caratteristiche di questo visionario prodotto ad oggi ha fatto proprie diversi di quei crismi, proprio nel segmento più di nicchia, dedicato paradossalmente agli appassionati più tecnocrati del settore. Parliamo dell’ambito di sviluppo dedicato alla Realtà Virtuale. Questi due ambiti apparentemente molto diversi e lontani tra loro, in realtà presentano diversi punti di contatto, nei quali la console Nintendo ha agito da precursore, sia concettuale che tecnologico, per altri attori del mercato (compresa la concorrente diretta Sony, come ampiamento visto con il Move alla base del sistema di controllo del PSVR). Da un lato, infatti, il pregio strutturalmente più forte del Wii è stata la forte spinta verso l’abbattimento delle barriere percettive tra il fruitore e il mondo digitale, ricercando un’aderenza cognitiva tra quanto rappresentato a schermo e quanto interpretato dal corpo del giocatore; per farlo, l’idea ha preso corpo attraverso un accessorio di interfaccia e controllo rappresentato dal famoso Wiimote, accompagnato per altro da suo fratello Nunchak: un sistema di interazione a mani separate, capace di leggere i liberi movimenti nello spazio reale, in un contesto dove l’ambiente reale veniva poi riprodotto all’interno dell’universo virtuale dove operava l’avatar del fruitore stesso. Chiunque oggi abbia già assaporato o si sia anche solo interessato a visori VR come quello HTC, quello di Facebook o ancora quello di Sony per PlayStation saprà quanta di questa filosofia sia stata infusa proprio in questa (per ora) nicchia del mercato, alla disperata ricerca dell’assottigliamento della barriera percettiva tra reale e simulato, con sistemi di controllo fortemente mutuati dal Wiimote, tra sensori di movimento, giroscopi, conformazione free hand e tutto quel senso di libertà e immersione che ne consegue. Difficile forse da pronosticare più di una dozzina di anni fa, ma proprio il concetto di prodotto allargato di Iwata è stato in grado di gettare le basi per la nicchia più pionieristica dell’industria dei videogame odierna.
Interessante allora vedere oggi come alcuni progetti inizialmente pensati per gli odierni visori di Realtà Virtuale approdino anche su Nintendo Switch, una console che ha ereditato senza dubbio parte di quella filosofia di superamento delle barriere iniziata dal Wii: da un lato mantenendo nei JoyCon l’afflato di libertà del sistema di controllo (sommato per altro alle potenzialità del touch screen dell’altro grande pilastro della rivoluzione Nintendo, il DS che accompagnò gli esordi sempre di Iwata a capo dell’azienda) e dall’altro spostando il concetto di abbattimento dei vincoli di fruizione in una direzione strategica atta a superare la separazione tra mondo portatile e casalingo. Tra questi titoli troviamo anche Jurassic World: Aftermath Collection, appena rilasciato sul Nintendo eShop. Il titolo è stato inizialmente rilasciato su piattaforme di realtà virtuale, sottoforma di un gioco di base, accompagnato poi da un corposo pacchetto di espansione (Parte 1 e Parte 2) a comporre un’unica avventura in salsa giurassica e arriva oggi su Switch come raccolta. Dopo un incidente aereo che vi farà precipitare sulla famosa Isla Nublar in seguoito agli eventi che hanno fatto precipitare nel caos il parco a tema Jurassic World , i giocatori si troveranno intrappolati nel complesso di ricerca abbandonato che era stato realizzato sul posto. L’obiettivo iniziale della spedizione era quello di recuperare importanti informazioni contenute in documenti secretati, ma tutto è andato terribilmente storto sin da subito. Per sopravvivere, dovrete esplorare e risolvere puzzle ambientali, cercando di tenervi nascosti e muovervi con estrema furtività, visto che il laboratorio è infestato da diversi dinosauri feroci, tra cui Pteranodonti affamati, temibili Velociraptor e il terrificante T. Rex! Un’ambientazione e un contesto senza dubbio intriganti ma al contempo spaventosi!