Oddworld: Soulstorm Oddtimized Edition: la recensione

Abe è tornato, e con lui la speranza di libertà per il popolo Mudokon!

Abe, la goffa ma coraggiosa mascotte umanoide creata dagli Oddworld Inhabitants, torna su Nintendo Switch, insieme a qualche migliaio di amici, nell’attesissimo Oddworld: Soulstorm Oddtimized Edition, versione ottimizzata e più ricca del medesimo titolo già lanciato in multipiattaforma circa un anno fa. Inutile dire che si tratta di un ritorno a dir poco gradito per chi già su PS1 si dilettava a salvare i Mudokon, mansueti e schiavizzati lavoratori umanoidi delle Rupture Farms, dalle grinfie dei loro terribili carcerieri. Questo capitolo è a tutti gli effetti un reboot del bellissimo Abe’s Exoddus e sequel di New ‘n’ Tasty (a sua volta reboot di Abe’s Oddissey). Fatta questa breve premessa sulla genesi di Soulstorm lanciamoci con Abe verso un’epica avventura per rompere una volta per tutte le catene che tengono imprigionati i poveri Mudokon.  

Le avventure di Abe si sono sempre contraddistinte per uno spiccato senso dell’umorismo, pur nella drammaticità degli eventi vissuti dai Mudokon, e Soulstorm non si discosta da ciò. Oddworld Inhabitants punta il dito sull’ironia della condizione umana. Schiavo delle grandi corporation, semplice ingranaggio della macchina aziendale che viene macinato a morte, fino a farne letteralmente carne da macello utilizzata in un non meglio definito composto della Rupture Farms. Graficamente tutto rende alla perfezione questo sottile confine tra ironia e drammaticità, dalle truculente morti al modo di muoversi dei personaggi. Abe cerca di salvare tutti i suoi simili, passando nel corso dell’avventura da Signor Nessuno a eroe capace di scatenare una rivoluzione e di ispirare i suoi simili ad alzare la testa una volta per tutte. A dir la verità in Soulstorm Abe è già un punto di riferimento per i suoi compagni, dato che nel precedente capitolo aveva già ispirato una sommossa che tuttavia non era riuscita completamente a debellare l’impero Glukkon, tornato assetato di vendetta e voglioso di riprendersi i propri schiavi. In questo senso è profetica la visione di uno sciamano che nelle primissime battute del gioco indicherà ad Abe la via per diventare un vero capo popolo.

Le meccaniche di gioco sono esattamente quelle del gioco originale, ritroveremo quindi la possibilità di possedere gli Slig tramite il canto, di rotolare, nasconderci, attirare i nemici allo scoperto chiamandoli o tirandogli un sasso, bruciare alcune sezioni di gioco e poi spegnerle con un gavettone (purtroppo a quanto pare Abe non può più scoreggiare, cosa che avveniva in Exodus e Oddissey). Quanto sopra a livello di gameplay apre già un ampissimo ventaglio di possibilità al giocatore che potrà scegliere l’approccio preferito, evitando lo scontro in puro stile stealth piuttosto che trasformarsi in un killer senza pietà possedendo gli Slig, lanciandoli all’’attacco dei propri simili per poi eliminarli nel più truculento dei modi (bruciati vivi, macinati, lasciati cadere in un dirupo e tanto altro).

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