Nintendo Switch, produzioni indipendenti e puzzle game: un trittico che simboleggia un connubio sulla carta perfetto tra possibilità e accessibilità sia di sviluppo che di distribuzione, e modalità di fruizione per l’utente finale. Questa volta, ad avvantaggiarsi dell’opportunità è Tetragon, opera intrigante per dinamiche di gioco, pronta a farsi scoprire attraverso la nostra recensione.
La narrazione ci vede intenti a tagliare legna in una foresta, apparentemente normale, accompagnati dal nostro annoiato e distratto figliolo. Qualcosa di luminoso e magico lo attrae, allontanandolo dalle cure paterne, il che ovviamente mette in allarme il genitore stesso che, seguendone le tracce, giunge a un misterioso portale. Poche esitazioni, chiunque abbia della prole sa, che non c’è alcuna scelta da fare: il protagonista entra nel cubo dimensionale, nella speranza di recuperate il pargoletto. È così che ha inizio l’avventura di Tetragon, che per fortuna non ci vedrà meramente brandire la nostra accetta da tagliaboschi per falcidiare orde di nemici, bensì ci costringerà ad utilizzare un’arma ben più pericolosa: il nostro cervello.
Il titolo ci metterà infatti davanti a piccoli riquadri a ogni livello, ciascuno composto da svariati elementi tra i quali comparirà sempre, in un punto specifico della mappa, un portale da raggiungere, per passare all’area di gioco successiva. Il problema però sarà come raggiungerlo, vista la sua apparente inaccessibilità: il protagonista difatti non possiede particolari abilità fisiche e potrà muoversi, camminando, cadendo per brevi tratti o arrampicandosi su lievi dislivelli. Dalla sua, però, avrà due poteri fondamentali, legati alla capacità di variare e alterare le condizioni ambientali del mondo di gioco.
