Layers of Fear 2: la recensione

Dai labirinti della mente a quelli di un transatlantico degli anni '30: sveliamo la caduta nel baratro della follia di un attore di Hollywood in questo controverso walking simulator.

Layers of Fear 2 è il seguito del controverso Layers of Fear: Legacy uscito per Switch nel 2018. Il primo capitolo della serie, infatti, è stato tanto acclamato per l’ottima atmosfera quanto criticato per alcune pecche riguardanti il gameplay. Bloober Team, studio indipendente polacco piuttosto specializzato in horror psicologici (autori anche di The Medium, riuscito titolo pubblicato per Xbox Series X), ci riprova e cerca di alzare l’asticella, vediamo se con successo.

Layers of Fear 2 è un horror psicologico in prima persona nel quale gli elementi spaventosi non sono tanto da cercarsi in mostri, mutanti o simili bensì nei meandri di una mente alla deriva ed in preda alle peggiori paranoie. Laddove il primo episodio, infatti, ci ha narrato la storia di un pittore sull’orlo della follia, questo secondo capitolo ci mette nei panni di un attore di successo nella Hollywood dei primi del ‘900. James, questo il nome del personaggio, viene convinto dal proprio agente, nonostante qualche titubanza causata da traumi infantili che scopriremo nel corso dell’avventura, ad accettare il ruolo di protagonista per un film da girarsi a bordo del fastoso transatlantico Icarus, una sorta di riproduzione del tristemente famoso Titanic. La storia è suddivisa in 5 capitoli, o meglio atti, in grado di condurci ad uno dei 3 finali alternativi in circa 4 ore di gioco. Al termine di ogni atto ci ritroveremo nella nostra cabina, che assume il ruolo di quartier generale, a raccogliere le idee e gli oggetti scoperti nel corso dell’esplorazione (come, ad esempio, locandine di vecchi film, diapositive, oggetti di scena). Anche in questo caso il viaggio che effettueremo sarà non tanto e non solo tra i claustrofobici corridoi del transatlantico, ma soprattutto nell’altrettanto intricata mente del protagonista.

A livello di gameplay vero e proprio è innegabile che il titolo in sé non offra molto di più che esplorazione, apertura di porte, lettura di alcuni documenti e risoluzione di qualche semplice enigma. Se uniamo questo aspetto al fatto che l’esplorazione stessa è abbastanza lineare e non offre poi molte deviazioni rispetto al percorso scriptato può sorgere il legittimo sospetto di trovarsi di fronte ad un gioco alla lunga ripetitivo. Chi ha amato oppure odiato il primo Layers of Fear ritroverà quindi grossomodo gli stessi pregi e difetti che avevano così fortemente diviso critica e giocatori. Troppo spesso ci troveremo ad attraversare lunghi corridoi pieni di porte chiuse, senza nulla con cui poter interagire, e di essere praticamente guidati per mano verso l’unica interazione possibile, aspetto che alla lunga finisce un po’ per annullare la percezione e la piacevolezza della fase esplorativa.

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