Nel vasto panorama videoludico, il genere dei puzzle game ha sempre rappresentato una nicchia capace di ritagliarsi una fetta di pubblico fedele e appassionato, affascinato da dinamiche cerebrali, design minimale e gameplay spesso semplice ma raffinato. Titoli come Tetris, Lemmings, Professor Layton e The Witness hanno dimostrato come il piacere della risoluzione di enigmi possa essere tanto coinvolgente quanto l’azione frenetica di un FPS o l’immedesimazione di un GDR. L’apice della diffusione dei puzzle game si è avuto probabilmente durante l’era Nintendo DS, quando l’interfaccia touch e il doppio schermo resero più naturale che mai l’interazione con enigmi di ogni genere. Con l’avvento del mobile, il genere ha trovato nuova linfa, per poi essere parzialmente rilanciato su Nintendo Switch, una console che, grazie alla sua natura ibrida, è tornata a sposare perfettamente quelle esperienze brevi, tattili, riflessive e gratificanti che tanto bene funzionano anche lontano dallo schermo TV.
Il progetto Hook nasce dalla mente del game designer Maciej Targoni, sviluppatore indipendente polacco noto per il suo approccio minimale e cerebrale al puzzle design. Il primo capitolo della serie fu originariamente pubblicato su PC e dispositivi mobile nel 2015, riscuotendo immediatamente consensi grazie alla sua struttura elegante, alla semplicità solo apparente e all’esperienza zen che riusciva a offrire senza alcun tutorial invasivo o spiegazione verbosa. La community e la critica elogiarono la pulizia dell’interfaccia, la chiarezza del linguaggio ludico e l’intelligenza nella progressione degli enigmi, mentre il mercato premiò con vendite più che soddisfacenti per una produzione a basso budget. Il seguito, Hook 2, è arrivato nel 2023, espandendo e raffinando il concept iniziale. Ora, con l’arrivo della Hook Collection su Nintendo Switch, entrambi i capitoli approdano su una console da salotto, con l’intento di riproporre l’esperienza rilassante e gratificante che li ha resi popolari anche presso una nuova fascia di utenza.
Hook è un puzzle game minimalista che si distingue per la sua straordinaria capacità di comunicare le regole del gioco attraverso il design stesso, senza testi né tutorial. L’obiettivo principale è quello di disinnescare un sistema di ganci e linee interconnesse rimuovendoli in un ordine preciso, evitando che si incastrino o si blocchino a vicenda. Ogni livello è un piccolo circuito meccanico da decifrare, con componenti che si attivano tramite pulsanti, leve o rotori, il cui funzionamento va intuito osservando attentamente le connessioni visive e sperimentando in sicurezza. La complessità cresce con eleganza: dai primi enigmi risolvibili in pochi secondi, si passa via via a strutture più intricate, con ramificazioni e interazioni multiple che richiedono attenzione e pianificazione. Eppure, anche nei momenti più avanzati, Hook rimane sempre accessibile e privo di frustrazione, grazie a una UI estremamente pulita, comandi reattivi e la possibilità di ragionare senza pressione. Il risultato è un’esperienza meditativa, quasi zen, in cui la risoluzione dei puzzle regala una profonda soddisfazione, trasformando l’interattività in una forma di rilassante introspezione logica.
In un panorama visivo sempre più affollato di dettagli iperrealistici e overload sensoriali, Hook si distingue per una direzione artistica super minimalista, che abbraccia l’essenzialità come cifra stilistica e ludica. Nessuna texture complessa, nessuna animazione superflua, nessun suono invadente: tutto è ridotto all’osso, al servizio della funzionalità e della chiarezza. Linee nere su sfondo bianco (o viceversa), meccanismi geometrici astratti, movimenti fluidi e silenziosi sono gli unici strumenti attraverso cui il gioco comunica con il giocatore. E funziona magnificamente. Questo approccio, apparentemente “freddo”, si rivela invece estremamente intuitivo e immersivo, perché permette di concentrarsi completamente sulla logica sottesa agli enigmi senza distrazioni. Hook non ha bisogno di effetti visivi spettacolari per catturare l’attenzione: lo fa attraverso un linguaggio visivo coerente, in cui ogni elemento a schermo ha un senso e una funzione. Tecnicamente, è quasi ingiudicabile nel senso tradizionale del termine: non punta su risoluzione o performance complesse, ma raggiunge la perfezione funzionale nel contesto in cui si colloca. Uno stile che non solo si sposa perfettamente con il gameplay, ma lo eleva a forma d’arte interattiva.
La recensione
Hook Collection è un’esperienza raffinata e cerebrale, capace di affascinare grazie al suo stile minimale e all’efficacia delle sue meccaniche. La varietà degli enigmi tiene viva la curiosità, anche se un certo grado di ripetitività e qualche picco di difficoltà mal bilanciato possono incrinare il ritmo. Nel complesso, resta un puzzle game di alto profilo, essenziale ma ispirato.