Pasqua è alle porte, le grigliate di Pasquetta incombono (nuvola di Fantozzi permettendo), e nell’aria c’è quella strana voglia di evasione che solo le festività sanno portare. In un periodo così leggero cosa c’è di meglio di un videogioco che prende tutto con ironia, stile e una sana dose di demenzialità ben calibrata? È questo il mood di Sacre Bleu, oggetto di questa recensione: un platform surreale, carico di personalità, che mescola combattimenti serrati, un moschettiere wannabe armato fino ai denti e una narrativa sopra le righe. Il pensiero assolutamente fuori dagli schemi di Hildring Studio, team indipendente svedese, ha deciso di proporci uno di quei titoli carichi di personalità, che ti esplodono in mano (e negli occhi) e che, pur non essendo perfetti, si fanno ricordare per il loro stile, la loro sfacciataggine e il modo tutto loro di raccontare qualcosa di nuovo con strumenti vecchi, ma lucidati a dovere.
Il titolo, Sacre Bleu, è già una dichiarazione d’intenti. Sì, è un’esclamazione francese ormai caduta un po’ in disuso, tipo il nostro “Caspita!” o, volendo esagerare, “Perbacco!”. Ma nel contesto del gioco — dove nulla è preso troppo sul serio, e ogni cliché viene sbeffeggiato con un ghigno — assume una connotazione tutta sua. Sacre Bleu ci catapulta in una versione alternativa e steampunk della Francia del XVII secolo. Il protagonista è il Capitano dei Moschettieri, ingiustamente incarcerato nella Bastiglia. Con l’aiuto dell’inventrice Josephine e del suo blunderbuss a vapore, una sorta di archibugio dalle mille funzioni, il nostro eroe intraprende una fuga rocambolesca, affrontando aristocratici trasformati in zombie e svelando un complotto che minaccia l’intera nazione. Il gameplay si distingue per l’originale utilizzo del suddetto archibugio, che non solo serve a combattere, sparando una sorta di sbuffo potenziato, ma anche a spostarsi rapidamente attraverso i livelli grazie a un sistema di “bullet-time”. Questa meccanica permette di rallentare il tempo e lanciarsi in aria, creando sequenze di movimento fluide e spettacolari. Abbiamo la possibilità di usare tre “colpi” in sequenza, per raggiungere superfici altrimenti fuori portata, combinando appunto il rinculo del fucile e la possibilità di indirizzarlo con il bullet time. Il gioco offre una varietà di armi, ciascuna con caratteristiche uniche, che arricchiscono l’esperienza e stimolano la sperimentazione.
Ma veniamo al nocciolo: il gameplay. Sacre Bleu è un platform d’azione a scorrimento orizzontale che prende a piene mani dalla scuola Metroidvania, ma senza gli eccessi di backtracking. I livelli sono pensati per offrire sfide rapide e varie, e la difficoltà cresce in modo molto ben dosato. Come anticipato però, il fulcro sta nel sistema di armi, vero cuore pulsante del gioco. Il nostro moschettiere non combatte solo con l’archibugio di cui abbiamo detto, può utilizzare spade, pistole, bacchette magiche fino a lanciagranate a forma di baguette (sì, avete letto bene). Le armi non solo differenziano il combattimento, ma cambiano il modo in cui ci si muove e si interagisce con l’ambiente. Alcune permettono di aprire passaggi segreti, altre attivano meccanismi specifici o aiutano a risolvere piccoli enigmi ambientali. La gestione dell’equipaggiamento è snella ma mai banale. C’è un sistema di upgrade abbastanza semplice, che però richiede attenzione, perché scegliere l’arma giusta al momento giusto può fare la differenza tra la vita e la morte. Il gioco ti costringe a sperimentare, e lo fa con intelligenza, evitando di frustrarti. Il ritmo è serrato, i controlli sono precisi e reattivi, e ogni boss fight è una sfida nella sfida, anche a livello cerebrale.
Graficamente, Sacre Bleu è ricco di chicche e l’estetica si ispira a quella di un fumetto animato, con personaggi stilizzati, colori pastello mescolati a tinte cupe, e un’animazione che sembra uscita direttamente da un libro per bambini in acido. È volutamente caricaturale, sopra le righe. L’ironia permea ogni singolo pixel: dai nemici, che sembrano usciti da un carnevale gotico, fino ai menu e alle interfacce, tutto comunica personalità. Il gioco è pieno di piccole gag visive, citazioni pop e trovate che fanno sorridere anche nei momenti di difficoltà. Il che, in un platform d’azione, è un’arma segreta non da poco. I dialoghi, doppiati in inglese con un accento francese volutamente esagerato, aggiungono un ulteriore livello di ironia. Non è raro trovarsi a ridere semplicemente per come viene pronunciata una parola o per un’espressione assurda. In un panorama saturo di platform derivativi o troppo seriosi, il titolo di Hildring Studio si fa notare per carisma, freschezza e creatività. Non è un gioco perfetto: la durata complessiva potrebbe risultare un po’ breve, così come alcune sezioni più complesse possono apparire leggermente sbilanciate nella curva di difficoltà. Ma il pacchetto complessivo è coerente, divertente, sorprendente, e soprattutto diverso. E questo, nel 2025, vale oro.
La recensione
Un gioco che sa essere brillante, irriverente, tecnicamente solido e artisticamente ispirato. Una piccola perla indie che riesce a trasformare un’esclamazione francese antiquata in un grido di gioia videoludica. E sì, “Sacre Bleu!”, verrebbe proprio da esclamare quando si finisce l’ultimo livello. Ma stavolta con un sorriso.