The Beast Inside: la recensione

Boston, 1979. Adam, cripto-analista della CIA, lascia la città per spostarsi in campagna con sua moglie Emma. Ma scopriranno che quest’area non è affatto il posto tranquillo che credevano...

The Beast Inside nasce dall’ambizione del team polacco Illusion Ray Studio, un gruppo relativamente piccolo che si è fatto notare inizialmente per la qualità tecnica delle loro produzioni, pur operando con budget contenuti. Il gioco, finanziato in parte attraverso una campagna Kickstarter di successo, rappresenta un esempio di come i progetti indipendenti possano provare a cimentarsi anche in operazioni non necessariamente indirizzate al genere metroidvania o alla pixel art, provando a competere anche in ambiti diversi, più ampi e moderni, pur non raggiungendo sul piano tecnico e narrativo con produzioni di più alto profilo. La sua appartenenza al filone indie non deve infatti ingannare: il team ha saputo sfruttare la propria esperienza, non solo tecnologica (tra il fotogrammetrico e il motion capture), per offrire un’esperienza immersiva, arricchita da ambientazioni dettagliate e atmosfere opprimenti. Sul piano commerciale e creativo, The Beast Inside si inserisce nel crescente trend dei survival horror a metà strada tra il classico racconto gotico e il thriller psicologico contemporaneo, puntando a un pubblico appassionato di storie dense e ben costruite, con un sapore ovviamente da “tripla I” più che da AAA.

The Beast Inside si colloca quindi nel genere del survival horror, ma ne esplora i confini con una fusione di thriller psicologico e avventura narrativa. Ciò che lo distingue è la sua capacità di bilanciare elementi tradizionali, come l’esplorazione e la tensione costante, con un approccio narrativo innovativo. Il gioco intreccia due storie separate nel tempo: quella di Adam, un crittografo della CIA durante la Guerra Fredda, e di Nicolas, un uomo del XIX secolo tormentato da un oscuro passato. Questo dualismo non solo definisce il ritmo del gioco, alternando momenti di puro orrore a sequenze più investigative, ma crea anche un intreccio di atmosfere contrastanti. L’ambientazione gotica delle vicende di Nicolas si riflette in tonalità oscure e in un senso di oppressione, mentre il mondo di Adam richiama il thriller spionistico con toni paranoici e un’attenzione al dettaglio storico. La narrazione non è solo il motore dell’esperienza, ma anche il cuore dell’atmosfera: attraverso il diario di Nicolas, i confini tra passato e presente si dissolvono, creando un crescendo di tensione e orrore che guida il giocatore verso un climax inquietante. Questo approccio rafforza l’identità del gioco, che punta meno sull’azione e più sull’immersione narrativa, rendendolo un’espressione unica del genere.

Le dinamiche di The Beast Inside sono un amalgama di esplorazione, risoluzione di enigmi e momenti di tensione pura che definiscono il gameplay. Il gioco si sviluppa attraverso una struttura a capitoli che alterna le prospettive dei due protagonisti, offrendo varietà nel ritmo e nello stile delle sezioni. L’esplorazione è centrale: il giocatore si muove in ambienti ricchi di dettagli, che vanno da una magione inquietante a boschi nebbiosi, con l’obiettivo di raccogliere indizi e oggetti utili per avanzare nella storia. I puzzle sono progettati per integrare perfettamente narrazione e giocabilità, spesso basandosi su codici cifrati o meccaniche logiche che riflettono la professione di Adam come crittografo. A questi elementi si affiancano sequenze di azione e sopravvivenza che mantengono alta la tensione, anche se il combattimento non è il focus principale. Nei panni di Nicolas, ad esempio, ci si trova spesso disarmati, costretti a fuggire o a nascondersi da entità sovrannaturali, rafforzando il senso di vulnerabilità. Adam, al contrario, dispone di un’arma, ma il suo utilizzo è limitato a momenti chiave, sottolineando la precarietà di ogni confronto. Questa alternanza tra momenti di calma riflessiva e improvvise esplosioni di terrore crea un equilibrio che tiene il giocatore costantemente sulle spine, elevando l’esperienza al di sopra della semplice sequenza di jumpscare.

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La conversione di The Beast Inside su Nintendo Switch rivela alcune limitazioni che penalizzano l’esperienza complessiva. Nonostante gli sforzi degli sviluppatori per adattare un titolo visivamente ambizioso a un hardware meno potente, il risultato lascia a desiderare in diversi aspetti. Le texture appaiono notevolmente semplificate, con superfici spesso piatte e prive del dettaglio che caratterizzava le versioni su altre piattaforme. Anche l’illuminazione dinamica, cruciale per creare l’atmosfera cupa del gioco, è stata ridotta, risultando in ambientazioni meno immersive. Il frame rate si attesta sui 30 fps ma soffre di cali evidenti durante le scene più dettagliate o movimentate, compromettendo la fluidità del gameplay. In modalità docked, la risoluzione svela ulteriormente le limitazioni grafiche, rendendo alcuni dettagli poco definiti e sacrificando parte dell’impatto visivo originale. I tempi di caricamento, seppur non eccessivamente lunghi, interrompono a tratti il ritmo narrativo, un problema accentuato dalla natura episodica del gioco. Sul fronte sonoro, pur mantenendo un buon design audio, la compressione dei file è percepibile, con effetti che perdono in chiarezza rispetto ad altre versioni. La versione Switch, pur giocabile, risulta compromessa, non riuscendo a catturare pienamente l’atmosfera e la qualità tecnica dell’opera originale.

La recensione

6.5 Il voto

The Beast Inside è un’esperienza intrigante che, pur mostrando ambizione narrativa e una buona fusione di generi, non riesce a brillare pienamente nella sua versione per Nintendo Switch. La storia, forte di una doppia prospettiva e di atmosfere suggestive, rappresenta il cuore pulsante del gioco, offrendo momenti di tensione e mistero ben costruiti. Tuttavia, le limitazioni tecniche della conversione su Switch penalizzano un titolo che, nelle sue versioni originali, puntava molto sull’impatto visivo e sulla fluidità dell’esperienza. I cali di frame rate, le texture poco definite e un’illuminazione semplificata smorzano l’immersione, rendendo questa edizione un compromesso accettabile ma non all’altezza delle aspettative. In definitiva, The Beast Inside su Switch merita attenzione da parte di chi cerca una trama ricca e un’atmosfera cupa, ma soffre nel confronto con le sue controparti più performanti. Un titolo da valutare con riserva.

Valutazione

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