Il remake analizzato qui oggi ripropone la trama classica del titolo originale: la storia ci mette nei panni dell’eroe (o dell’eroina) destinato a fermare il malvagio Demone che sta minacciando l’integrità stessa del creato, in un viaggio che diventa tanto una prova di forza quanto di maturità. A differenza di tanti JRPG moderni, che tendono a complicare le trame con intrighi complessi, Dragon Quest III si distingue per una narrativa lineare e simbolica, che riflette il percorso del protagonista e dei suoi alleati come una rappresentazione della crescita personale. Gli eventi, le città e i personaggi secondari incarnano lezioni di vita e valori, dai temi dell’amicizia alla determinazione contro l’avversità. Uno degli elementi più significativi resta la possibilità di formare una squadra personalizzata, un’innovazione che nel remake acquista nuova vita, consentendo di affezionarsi a ciascun personaggio e alle sue abilità, scelte e ruolo specifico. Con il suo tono epico per quanto semplice, Dragon Quest III Remake riesce a portare avanti una narrazione senza tempo, che non ha bisogno di complessità moderne per toccare corde profonde, e si conferma come un’esperienza che celebra i valori intramontabili della serie. Maggiori sono invece le novità introdotte sul versante della pura giocabilità, rispetto alla versione di tanti anni addietro. Da un lato, è stata introdotta una nuova classe, quella del Monster Wrangler: si tratta di un ruolo misto di supporto, capace di colpire più nemici con un singolo attacco e di fornire cure e aiuto al gruppo; dall’altro lato, nelle versioni precedenti del gioco personaggi come il Guerriero e il Combattente non avevano accesso a incantesimi e potevano solo utilizzare attacchi normali, mentre ora possono sfruttare abilità non magiche, chiamate Abilities, durante i combattimenti. In aggiunta, tanto quanti i personaggi, anche i mostri potranno utilizzare queste particolari mosse speciali, rendendo alcuni nemici e boss più spaventosi, poiché avranno un set di azioni più variegato di cui dovrete tenere conto durante gli scontri. Accanto a tutto questo troviamo inoltre altri due campi in cui il team ha deciso di investire le proprie risorse per aumentare l’appeal del prodotto: i contenuti inediti si diversificano tra episodi nuovi, principalmente focalizzati su Ortega (il padre del vostro avatar) come protagonista, e nuovi mostri (da incontrare, sfidare e magari catturare durante le vostre scorribande) tutti da scoprire; le migliorie di QoL sono infine numerose, tanto da meritare un’approfondita riflessione a parte. Innanzitutto i diversi equipaggiamenti verranno mostrati durante le fasi di battaglia in-game; in secondo luogo sarà possibile gestire la velocità delle azioni dei combattimenti; in terza analisi ci preme evidenziare come tanto gli HP quanto gli MP verranno rigenerati al massimo del loro potenziale ogni qual volta i personaggi aumenteranno di livello. Nel loro insieme, tutte queste migliorie vanno a snellire ed alleggerire una struttura di fruizione che, per alcuni, potrebbe altrimenti risultare persino troppo classica.
Mirabolante il comparto tecnico, supportato tanto dall’ottima direzione artistica dell’HD-2D, quanto dalle sue apparentemente più nascoste capacità prettamente tecniche, senza dimenticare l’ottima qualità del materiale originario, sostenuto dalla capacità visionaria di un grande maestro come Toriyama. Non dobbiamo infatti dimenticare quanto buona parte del fascino delle opere di Dragon Quest derivino proprio dalla sua capacità di immaginare scenari e creature a metà tra il fantasy e il fumettoso, con uno stile inconfondibile ricco di carisma e personalità. Su questa base vanno però oggi ad innestarsi come detto diversi elementi aggiuntivi che testimoniano, tra le altre cose, come lo strumento inaugurato ormai anni addietro da Square-Enix con Octopath Traveler sia ormai arrivato ad un livello di comprensione e maturità internamente al team davvero di ottimo livello: la ormai consueta alternanza tra elementi in alta definizione e pixel art tocca infatti vette di dettaglio forse mai raggiunte prima, andando per altro a bilanciare in maniera ottimale aspetti che precedentemente a volte risultavano scarsamente allineati: quello che emerge, infatti, è il livello di organicità e coerenza di ogni singolo aspetto visivo, sapientemente tarato grazie alla conoscenza ormai assodata di ogni potenziale esprimibile dallo strumento dell’HD-2D. Curate le animazioni; spettacolari gli effetti di superficie; non eccessivi quelli di illuminazione e rifrazione, capaci di impreziosire al contrario scenari e colpi d’occhio d’insieme; davvero notevole il livello di dettagli di determinate ambientazioni. L’effetto finale è quello di un respiro ampio ed epico, degno dell’avventura (classica, va ricordato) che il canovaccio si impegna a portare avanti, passo dopo passo. Sempre altrettanto leggendarie anche le tracce che compongono l’ottima colonna sonora, a completamento di un quadro progettuale promosso a pieni voti e, per la natura stessa del titolo sempre e comunque fortemente indirizzata verso la crescita costante dei valori di combattimento dei personaggi, assolutamente perfetto per la natura ibrida dell’hardware di Nintendo. Anche grazie alla gradita introduzione di una funzione di autosalvataggio che, accompagnata alla capacità di stand-by di Switch, rende fruibilissimo il titolo indipendentemente dalla molteplici situazioni di user experience attraverso le quali deciderete di affrontarlo.
La recensione
Un'avventura senza ombra di dubbio estremamente classica, che però proprio nella riproposizione di una cornice narrativa tradizionale, accompagnata da lievi ammorbidimenti delle possibilità di interazione ludica, trova i suoi punti di forza. Lo sposalizio con l'HD-2D è simbolico ed iconografico di come certi valori, se correttamente sorretti da una ventata di modernità atta non a trasfigurare, bensì ad evolvere, possano rappresentare ancora oggi un punto di eccellenza dell'offerta contemporanea