Bloodless: la recensione

Azione, avventura e combattimento a base di contromosse non letali: ecco come aiuterete la ronin Tomoe ad affrontare i fantasmi del suo passato e a mettere fine alla violenza dello shogun Akechi.

Antico Giappone feudale; giocabilità sfidante “alla souls-like”; pixel art dall’effetto retrò: vero è che per alcuni questi elementi si stiano ormai mescolando con fin troppa frequenza, finendo per essere a rischio saturazione o bulimia stilistica e di genere, ma è altrettanto innegabile quanto al contrario la commistione di siffatti crismi rappresenti un’attrattiva davvero potente per i polpastrelli curiosi di noi, grandi appassionati del medium videoludico. Come approcciarsi, dunque, a un titolo indie che si propone in questa chiave, avendo come pilastri il trittico di elementi sopra descritto? Come sempre: carichi della giusta dose di curiosità, privi di preconcetti e pronti a farci stupire! Bloodless è qui per voi, recensito dalla nostra redazione per guidarvi verso il prossimo potenziale acquisto!

Il gioco, come detto, vi trascina all’interno di un contesto narrativo di stampo orientale, con un twist di inaspettata modernità: l’avatar sarà infatti sostanzialmente una sorta di guerriero a metà tra il ninja e il samurai, ma di sesso eccezionalmente femminile; lungo un racconto a tratti anche emozionante, scopriremo come, sebbene agli occhi della sua gente Tomoe sia una codarda e una disertrice, la ronin protagonista sia in realtà tormentata da conflitti interiori piuttosto profondi, per risolvere i quali decide di tornare nel suo vecchio territorio dopo aver assistito all’inaudito bagno di sangue causato dalla spada dei suoi invasori, sperando di instillare fiducia e coraggio nel cuore della sua gente. Solo così la sua terra natìa potrà combattere i violenti metodi del potere politico che la soggioga. In questa cornice, ci troveremo a scorrazzare per ambientazioni molto ispirate, tra esplorazioni della natura sacra di quelle regioni e la scoperta delle malridotte aree di Bakugawa, dove la popolazione vive schiacciata dal regime militare corrotto e violento, isolata dal resto del mondo e distrutta dalle nefandezze delle guerre passate.

Dal punto di vista prettamente ludico, invece, avrete davanti un titolo molto action a scorrimento isometrico, dove il fulcro del tutto risiede nel titolo stesso dell’opera: il vostro personaggio, infatti, pur essendo un grande guerriero si è votato alla strada della non-violenza e, pertanto, il sistema di combattimento prenderà vita attraverso mosse di lotte uniche ma non letali. Tomoe ha infatti giurato di non distruggere altre vite, limitandosi a disarmare i nemici: questo pretesto narrativo si traduce in un sistema di interazione fortemente basato sui riflessi e sul corretto tempismo di esecuzione delle vostre azioni, usando una combinazione di contromosse e di attacchi ki per disarmare e sconfiggere i guerrieri dello shogun nemico. La particolarità risiede quindi nell’imparare i pattern di attacco avversario, differenti per ogni tipologia di soldato, al fine di prevenire il loro affondo, rispondendo nel momento corretto al fine di evitare il danno subito, privando i nemici delle loro armi. Alcuni di essi scapperanno immediatamente, altri proveranno a infliggervi ancora un affondo prima di fuggire, chiedendo sempre al giocatore un alto livello di attenzione, fintanto che lo schermo non sarà sgombro di avversari, consentendovi di riprendere la libera esplorazione delle aree circostanti, magari alla ricerca di foglie di tè con cui ristorarvi a un falò, recuperando le energie. Il gioco ha un ritmo molto immediato e frenetico, ma allo stesso tempo si rivela capace di un inaspettato livello di profondità e personalizzazione: recuperando infatti esperienza e manufatti, potrete creare il vostro stile di combattimento fondendo le speciali tecniche ki, che consentono combinazioni uniche, con potenziamenti derivanti da stemmi e infusi a base di erbe disponibili in tutta Bakugawa.

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Dal punto di vista tecnico, il gioco sceglie una rappresentazione visiva retrò, rimandando all’epoca degli 8 o dei 16-bit, governando un insieme di stilemi forse ormai persino eccessivamente presenti sul mercato con una discreta direzione artistica, che si muove soprattutto lungo l’asse della pianificazione cromatica. Scenari spesso estremamente bui ed oscuri fanno emergere gli elementi più pregni di rilevanza comunicativa e interattiva espressi in una forte tonalità primaria (come il rosso, ad esempio, che dalle fonte luminose di fiamme e candele andrà ad illuminare anche le aree circostanti), spesso diversificata a seconda delle regioni e dei momenti. Per il resto, i personaggi che si fronteggiano in combattimento possiedono animazioni ben curate, grazie alle quali è anche possibile decifrare il pattern di attacco di ciascuna tipologia di nemico, così come un po’ tutto il gioco riesce a risultare fluido e ben calibrato anche sotto il versante della reattività degli input, fondamentali in questo tipo di produzione. L’accompagnamento sonoro purtroppo pecca invece un po’ di banalità, senza riuscire a risaltare nel contesto della narrazione o durante le fasi interattive, mentre per fortuna i tempi di caricamento non incidono in maniera negativa, nemmeno per la fruizione in modalità portatile. Nel suo insieme, il gioco ha valori di produzione contenuti, ma ben bilanciati per quello che era il respiro del progetto nella mente dei suoi sviluppatori.

La recensione

7 Il voto

Setting forse fin troppo sfruttato in ambito videoludico, ma sempre affascinante; gameplay rapido ma non superficiale, anzi piuttosto profondo; direzione stilistica non originalissima, ma curata. Il quadro complessivo è quello di un titolo più che discreto, a patto di appassionarsi all'immediatezza di una giocabilità senza fronzoli.

Valutazione

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