Reynatis: la recensione

Magia e caos si scontrano tra le strade di Tokyo

Pur alternandosi a diversi momenti di dialogo e narrazione, inframmezzati da brevi intermezzi di personalizzazione delle statistiche e delle caratteristiche dei vostri guerrieri tramite ritrovamento, acquisto o selezione di elementi legati ad abilità o equipaggiamenti, il vero fulcro del gioco si struttura nelle fasi di lotta continua tra l’avatar da voi selezionato e i numerosi nemici che si pareranno dinnanzi a voi. Il sistema di combattimento è piuttosto simile indipendentemente da quale degli svariati personaggi giocabili vi troverete ad usare, ma riesce in ogni caso ad offrire alcune lievi ma interessanti variazioni sul tema, innestate sempre e comunque su un corpo centrale originale e fresco, grazie alla sua adrenalinica frenesia, per quanto inizialmente piuttosto ostico e confusionario. Il gioco è definibile come un action puro, anche a fronte della crescita delle vostre abilità ottenibile tramite l’accumulo dei punti esperienza, della gestione di una sorta di party, della costumizzazione delle skill riservate a ciascun guerriero: controllando il mago selezionato (potendo in alcuni momento anche passare in tempo reale nei panni del suo alleato del momento, a patto di possedere abbastanza punti energia per operare il cambiamento) dovrete affrontare avversari che, tendenzialmente, cercheranno di attaccarvi tanto da lontano quanto da distanza ravvicinata, cercando di schivare le loro mosse per poi contrattaccare attraverso le vostre abilità di offesa attiva. La particolarità del tutto risiede nel fatto che, per colpire gli avversari, dovrete passare di fase (togliendovi il cappuccio che vi impedisce di esprimere il vostro mana in senso attivo) rispetto allo status di partenza che vi vede, al contrario, capaci di anticipare le mosse altrui, attraverso uno slow-motion automatico che rallenta il tempo di spostamento dei colpi altrui, consentendovi di agire in fase di schivata. Se eseguita con il tempismo corretto, questa mossa di evasione non solo eviterà di subire danni, ma vi consentirà anche di assorbire potere magico dai mostri, ricaricando la barra di energia indispensabile per attaccare a vostra volta. Una volta attivata la fase d’attacco, potrete poi sfruttare mosse base o speciali, consumando in maniera progressiva tale riserva di mana, terminata la quale dovrete o attendere, cercando di evitare gli attacchi nemici, o cercare di eseguire le schivate perfette sopra descritte. Quello che ne deriva è un sistema di lotta inizialmente poco intuitivo, ma progressivamente sempre più soddisfacente, grazie alla necessità di continuare a dosare i livelli dei vostri colpi, per gestire al meglio la barra di magia, alternando la fase attiva con quella di difesa per cercare di eseguire evasioni tempestive, così da poter contrattaccare al più presto e in maniera efficace.

Pur non riuscendo ad offrire un battle system articolato e profondo come quello di un Bayonetta di Platinum Games, né una gestione approfondita di legami e ambientazioni come avviene nei Persona di Atlus, Reynatis riesce ad intrigare JoyCon alla mano grazie alla freschezza del suo approccio e all’inaspettata profondità del suo canovaccio, eppure gli manca qualcosa per affermarsi in maniera solida e definitiva nel panorama degli action-rpg di stampo giapponese. Presumibilmente le principali mancanze sono tutte giustificabili da badget di sviluppo indubbiamente modesti, come è lecito aspettarsi da una casa medio-piccola del Sol Levante, principalmente focalizzata sui risultati finanziari del mercato domestico, eppure alcune cose avrebbero potuto senza dubbio essere gestite in maniera differente, quantomeno sul versante strutturare e tecnico. Innanzitutto, dobbiamo anticipare come la splendida resa ambientale di questa Tokyo pseudo-futuristica sia azzoppata dalla limitatezza delle dimensioni di ciascuna area, con tempi di caricamento che spezzano troppo frequentemente il ritmo anche soltanto dopo pochi metri percorsi tra i vicoli di Shibuya: non siamo fan a prescindere degli open world, però nel 2024 fa un po’ specie vedere arene così piccole, onestamente. Allo stesso tempo, è oggettivamente fastidioso il posizionamento standard scelto per la telecamera, troppo bassa per poter avere una visuale ottimale dell’area di combattimento e dei nemici durante le fasi di battaglia, spingendovi a modificarne l’inclinazione con la levetta analogica destra persino durante la concitazione dello scontro. In ultima analisi il frame rate, per quanto non diventi mai elemento di disturbo per la fruizione dell’opera, certamente non risulta fluido e costante come un titolo di questa impostazione adrenalinica meriterebbe. Accanto a tutto questo, però, ci sono anche svariate note positive: innanzitutto, la qualità dell’immagine è davvero nitida ed elevata, presentando un colpo d’occhio quasi sorprendente per un titolo modesto come le opere di FuRyu; un risultato presumibilmente ottenuto a discapito della performance, come detto, ma nondimeno affascinante, anche grazie all’ottima direzione artistica che sorregge tutta l’opera, dal character design ispirato alla gestione intrigante di fonti luminose, effetti visivi e di quasi tutto quello che si muove a schermo. Reattivi i controlli, rapidi i tempi di caricamento (per quanto troppo frequenti), ben fatto il doppiaggio (giapponese), così come la localizzazione (in inglese), per un’opera che riesce anche ad offrire un discreto accompagnamento musicale, tanto per le moderne strade di questa Tokyo maledetta, quanto nelle fiabesche ambientazione che si nascondono tra le pieghe di una realtà digitale davvero pulsante.

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La recensione

7 Il voto

L'ultima fatica di FuRyu conferma il solito mix di elementi accattivanti e altri meno convincenti, perlopiù a causa di evidenti limiti di budget. Per andare incontro a queste problematiche, endemiche della struttura stessa del team, gli sviluppatori hanno optato per alcune scelte di estrema semplificazione strutturale che, come risvolto positivo, sanno garantire un colpo d'occhio notevole e un senso di frenesia e freschezza a tutta l'opera, promossa anche se non a pieno voti.

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