C’era una volta l’Apocalisse, tematica tra le più abusate dell’intero panorama dell’intrattenimento: da quello letterario (basti pensare come tale argomento sia trattato persino nei primi libri mai prodotti da mano e mente umana, spesso sotto presunte ispirazioni divine) a quello cinematografico (in varie salse, tra cui quella prepotente e aliena di Indipendence Day), senza dimenticare ovviamente l’ambito videoludico. Eppure, l’enorme galassia di immaginazione che sovrasta incontrastata il fertile terreno di produzione del panorama indipendente odierno riesce ancora una volta a piantare il seme di un’interpretazione fresca e originale nelle gravide menti degli sviluppatori ed è così che qualcosa di talmente familiare da far temere una saturazione di stilemi e crismi riesce a stupire. Sì, perché pur coi suoi limiti e i suoi difetti, alcuni soggettivi ed altri piuttosto oggettivi, Caravan SandWitch ha senza dubbio un merito: la capacità di sorprendervi, indicandovi una strada, salvo poi prendervi per mano, percorrerla con voi e rivelarvi come spesso la realtà (di un mondo virtuale come questo), non sia ciò che sembra a un primo superficiale sguardo.
Il gioco analizzato oggi nella nostra recensione, infatti, ci mette nei panni di una giovane protagonista che, a causa di un cataclisma non meglio precisato che ha reso la vita sul pianeta complessa a sfidante, inizia la sua avventura a bordo di una stazione spaziale orbitante, popolata dagli esuli del danneggiato pianeta Terra. Un giorno, però, riceve un inaspettato e misterioso segnale di SOS dalla superficie del pianeta, proveniente dalla sorella, creduta morta anni addietro. Inizia così un lungo viaggio, tornando alle proprie origini alla ricerca della famiglia perduta. Ma è proprio qui che, improvvisamente, interviene l’elemento differenziatore: arrivati a terra, infatti, ecco che il giocatore viene accolto da un mondo sì fantascientifico, ma simile alla Provenza, disvelando progressivamente ambientazioni e, soprattutto, atmosfere più poetiche che inquietanti, lungo un canovaccio misterioso che si disvelerà passo dopo passo agli occhi del fruitore. Tramite gli spostamenti del vostro avatar attraverserete un ricco paesaggio nel vostro furgone personalizzabile, interagendo con vari abitanti del luogo e scoprendo i misteri di Cigalo. Ma la poetica delicata e soave del prodotto non si limita alla sua estetica: niente combattimento, niente game over, niente timer. In Caravan Sandwitch ci sarete solo voi, il vostro furgone e il mondo da scoprire ed esplorare.
Significa questo che il gioco è privo di giocabilità o mordente? No, per quanto vada ammesso un certo lassismo nella frenesia, nel ritmo e nell’adrenalina del lato puramente interattivo. Ma il titolo cerca in ogni caso di inserirvi in maniera convincente, sotto il profilo diegetico, in un contesto dove, equipaggiati con il van ma anche con diversi altri strumenti di ricerca, possiate muovermi alla ricerca della sorella scomparsa. Il mezzo di trasporto, come si può evincere anche dal titolo del progetto stesso, sarà al centro di diverse fasi: quelle di traversing della mappa, ma anche quella di personalizzazione dello stesso, spesso necessaria per consentirvi di scoprire nuovi passaggi e nuove rovine. Gli ambienti infatti non sono tutti uguali e, in alcuni casi, lo spostamento sarà più difficoltoso o, semplicemente, dovrà essere affrontato con approccio differenziati, aumentando il senso di immedesimazione nell’universo finzionale di Cigalo. Una porzione di pianeta che, attraverso i suoi paesaggi sempre e comunque piuttosto desolati, saprà suggerire l’impatto dell’uomo sull’ambiente e, conseguentemente, l’impatto dell’ambiente post-apocalittico sulla popolazione. Un altro pilastro del racconto, infatti, sono proprio i tanti personaggi con cui dovrete confrontarvi durante il vostro viaggio: dai Reinetos, un’antica specie aborigena, ai robot lasciati indietro dopo lo sfruttamento del pianeta, senza dimenticare ovviamente gli umani che rimasero sulla Terra dopo che tutti partirono per un altro pianeta. E chi sarà mai la misteriosa SandWitch, che dà il nome al gioco? L’aspetto anche in questo caso molto originale è che, contrariamente a quanto avviene in tantissimi videogiochi, tutti vivono pacificamente a Cigalo e si aiutano a vicenda in questo contesto ostile: il senso di inclusione è ben più che soggiacente, arrivando ad un livello di esplicitazione evidente nei dialoghi e nei rapporti che potrete tessere con gli svariati (e variegati) protagonisti, entrando realmente a far parte delle loro vite, offrendo il vostro aiuto. Il risultato migliore ottenuto dal team di sviluppo è infatti proprio quello legato a doppio filo con la rappresentazione a schermo della loro visione di un mondo in cui le diverse parti di una comunità possano aiutarsi a vicenda per superare le conseguenze ambientali del nostro mondo.
Il tutto risulta un po’ meno delicato per quanto concerne il versante puramente grafico e tecnico: l’aspetto che più di ogni altro balza all’occhio è quello stilistico, con una grazia non comune tanto nella definizione delle forme (al di là di alcuni limiti in ambito poligonale), quanto nell’utilizzo dei colori, nonché nell’enorme cura della poetica uditiva, sorretta da una colonna sonora assolutamente di elevata qualità artistica. Purtroppo però non possiamo non notare diverse incertezze nella fluidità dell’azione, un motore fisico incerto, compenetrazioni piuttosto evidenti e animazioni a tratti salterine (nel senso che per entrare in un dialogo interattivo con svariati elementi ambientali, dalle scale alle leve, il personaggio a volte balzerà dalla posizione corrente a quella che il titolo riconosce come corretta per poter eseguire l’azione, con un risultato piuttosto fastidioso e tendente a mortificare la sospensione dell’incredulità). Il gioco ne risente fino a un certo punto, non essendo né un platform dove la precisione dei movimenti è fondamentale per l’esecuzione delle azioni, né un action dove la reattività sarebbe un perno imprescindibile del progetto, ma la resa a tratti persino grezza di fin troppi momenti di programmazione e, conseguentemente, di interazione del fruitore col mondo di gioco per interposta persona-avatar finisce per ridimensionare l’altrimenti elevato apprezzamento verso questa opera così ispirata e poetica.
La recensione
Difficile non notare i più evidenti problemi tecnici presenti nella versione Switch, ma sotto e al di là di essi Caravan SandWitch si propone come un gioco di avventura piuttosto particolare e, possibilmente, da non perdere. Il mondo costruito è placido e affascinante, ma non per questo privo di intriganti ganci narrativi in grado di esaltare in maniera originale la tematica post-apocalittica. Poetica ed estetica si spalleggiano nel sostenere un loop di gioco interessante, grazie a dialoghi ed NPC, per quanto rapidamente ripetitivo.