Eccoci di nuovo qui, sulle pagine delle recensioni di Switchitalia, a tessere le lodi dell’enorme libertà creativa presente su eShop; ormai lo sapete: tra l’abbattimento dei costi di sviluppo garantito dai tool di middleware e dalla scalabilità dei motori su numerosi hardware anche diversi tra loro; accessibilità a un vasto pubblico a prezzi contenuti grazie all’enorme cassa di risonanza resa possibile dall’invasività nella vita di chiunque da parte dei social media e, infine, l’azzeramento delle barriere d’ingresso al mercato vero e proprio grazie alla diffusione degli store digitali, sono tantissimi i team creativi (di differente forma, dimensione, formazione culturale, provenienza geografica…) in grado di creare e vendere le proprie visioni videoludiche, per il sollazzo di noi appassionati. Cosa dire, infatti, di un prodotto come Void Bastards? E del fatto che sia già stato in grado, nel giro di pochi anni, di dare vita a un seguito possibilmente ancor più riuscito? Ecco cosa c’è da dire…allacciatevi le cinture, si parte con la nostra recensione di Wild Bastards!
Quello analizzato qui oggi sulle nostre pagine è il seguito, se non diretto quantomeno spirituale, di Void Bastards: uno sparatutto in prima persona di ambientazione fantascientifica con elementi di gioco roguelike sviluppato da Blue Manchu e pubblicato da Humble Bundle nell’ormai lontano 2020, anche su Nintendo Switch, riscontrando un più che discreto successo sul mercato e presso la critica. I criteri su cui poggiava quel progetto ruotavano attorno alla sopravvivenza dei membri del vostro team, nella pericolosa Nebulosa Spaziale, tra missioni sparse su diverse navi spaziali, a bordo delle quali affrontare cruenti scontri a fuoco atti al recupero di rare e fondamentali risorse materiali. All’interno di questa cornice, i crismi capaci di raccogliere il feedback più convinto erano la direzione artistica fumettosa, l’umorismo oscuro ma anche il gameplay accattivante, da “una partita ancora e poi basta”, in grado di ammaliare il giocatore grazie alla commistione tra un canovaccio narrativo prestabilito (che vede il personaggio principale vestire i panni di uno dei tanti prigionieri a bordo di una nave da carico arenata, la cui intelligenza artificiale deve fare affidamento sul suo carico umano per ottenere carburante per il salto finale verso la propria destinazione finale, e mappe e arene generate proceduralmente, in cui il giocatore entra in altre navi, combatte i nemici e recupera materiali per riparare il proprio mezzo di trasporto senziente. Fedele alla sua stessa natura roguelike, a fronte di un gameover il personaggio verrà sostituito da un altro prigioniero “reidratato”, per riprendere il corso degli eventi più o meno da dove si erano interrotti impersonando l’avatar precedente, mantenendo ad esempio i potenziamenti di armi e gadget, nonché i progressi negli obiettivi, pur perdendo del tutto invece altri benefit, come tutte le munizioni, il carburante e il cibo messo da parte fino a quel fatal momento. L’amalgama era sorprendentemente ben equilibrata, con una discreta cura delle fasi in prima persona capaci di alternarsi con il giusto ritmo ai momenti più gestionali, creando un loop di gioco senza dubbio sfidante, ma mai frustrante e generalmente in grado di soddisfare e divertire, anche grazie allo stile, tanto estetico quanto narrativo.
Wild Bastards arriva direttamente dal medesimo team di veterani dietro Void Bastards e Card Hunter, riportandoci in atmosfere fantascientifiche simili, vestendo ancora una volta i panni di svariati personaggi strampalati pronti a viaggiare tra le stelle per i propri personalissimi interessi. Questa volta, infatti, potrete gestire una squadra di ben 13 fuorilegge da reclutare progressivamente lungo l’avventura, ognuno dei quali in grado di offrire alla causa le proprie armi, poteri speciali specifici e un dedicato albero di crescita dei parametri di combattimento. Già qui notiamo la prima variazione sul tema, quindi, che consente agli sceneggiatori di approfondire maggiormente il carattere e il background dei vari protagonisti, per quanto poi una volta scesi sul campo di battaglia le differenze che li caratterizzano finiscano per non essere messe poi così in risalto. Il gioco, infatti, ancora una volta si alterna tra fasi gestionali e di spostamento sulla mappa e momenti di puro combattimento, ma questa volta il tutto subisce un ulteriore, leggero cambiamento: non dovrete più spostarvi di nave in nave ma, a bordo del vostro vascello intergalattico, scendere sulla superficie di diversi pianeti, per affrontare le sfide che essi vi pareranno dinnanzi. Sul suolo planetario, combatterete ancora una volta in scontri strutturati in prima persona, per razziare il bottino e recuperare risorse e pezzi coi quali potenziare i tuoi guerrieri e raggiungere sempre nuovi avamposti spaziali. Anche se il primo dei vostri obiettivi sarà quello di rimettere insieme la banda, così da allargare le vostre opzioni di scelta: per affrontare infatti ogni arena, potrete selezionare soltanto due dei membri del party, per poi alternarli in tempo reale durante gli scontri. Questo sempre che l’atterraggio non presenti problemi: una volta scesi sul corpo galattico, infatti, vi troverete davanti una sorta di mappa da gioco in scatola, sulla quale selezionare ogni mossa in maniera cauta e pianificata al fine di recuperare il compagno disperso, piuttosto che raccattare alcune ricchezze perdute o, ovviamente, entrare nei diversi villaggi per scatenare l’inferno in vere e proprie battaglie. Dovrete quindi vagare per i settori galattici e i pianeti generati proceduralmente con parametri variabili come gravità, caratteristiche del terreno, condizioni meteorologiche e altro ancora, sempre da tenere sottocchio, per poi procedere con le fasi strategiche e, infine, con quelle sparatutto in prima persona. Un’alternanza complessa, dobbiamo dire, che non riesce ad offrire sempre la giusta profondità in ogni circostanza, contrariamente a quanto avveniva nel precedente capitolo. Il mordente si è parzialmente perso, lungo queste infinite scorribande spaziali!
Il titolo si comporta discretamente bene, sul versante puramente tecnico, tanto grazie al peso messo dal team sul lato stilistico, quanto per la struttura comunque semplice e volontariamente limitata dell’impalcatura ludica del progetto. Nell’alternanza delle diverse fasi, infatti, passiamo da una visualizzazione isometrica dall’alto di schermate semi-statiche (portate alla vita dall’ottimo utilizzo della stilizzazione delle forme e dall’uso dei colori cangianti e fluorescenti) a quelle in prima persona per gli scontri a fuoco, ambientate sempre in micro-arene di dimensioni ridotte e condite da elementi interattivi limitati. Queste limitatezze auto-imposte facilitano una resa ottimale in termini di qualità dell’immagine e di fluidità del giocato, presumibilmente aiutando anche i tempi di caricamento che, infatti, risultano assolutamente idonei e indicati anche per una fruizione on-the-go del prodotto, pienamente godibile anche in modalità portatile. L’aspetto sonoro alterna invece una resa discreta degli effetti ambientali a una colonna sonora poco incisiva, risultando presto dimenticabile. Al contrario, come detto, della sublime direzione artistica a livello visivo che, unitamente all’ironia per lo più riuscita dei dialoghi, si confermano essere i due capisaldi su cui poggia l’intera saga.
La recensione
Degno erede del già valido Void Bastards, il nuovo capitolo si arricchisce di un world building più curato e affascinante, di una maggior cura per l'interfaccia grafica e le sessioni di movimento lungo le diverse mappe, perdendo forse un po' di smalto durante le sparatorie in prima persona. Senza dimenticare le vagonate di stile che lo accompagnano!