Chi ha vissuto, come ovviamente il nostro sito d’origine (il mai troppo compianto Wiitalia!) il periodo (d’oro, possiamo dirlo?!) della console Nintendo nota con il nome in codice di Revolution, con la sua strategia di mercato blue ocean, la sua rinuncia alla “master race” grafica e i suoi indimenticabili slanci creativi legati alle tantissime novità (tecnologiche, ergonomiche e di interfaccia utente) del telecomando più famoso di sempre, non può non ricordare con affetto e nostalgia i primi passi di Suda51 nel mondo degli appassionati della casa di Kyoto. Parliamo di un autore assolutamente sopra le righe che, con il suo team di sviluppo Grassoppher, aveva deciso di portare sull’hardware più casual e familiare di sempre un’opera punk e violenta come No More Heroes, sfruttando per altro le caratteristiche particolari del controller, come i sensori di movimento e lo speaker, per aumentare a dismisura il senso di immedesimazione di un’avventura completamente fuori di testa. Sangue, sesso, parolacce e decapitazioni sostenute da un livello di stile impareggiabile e da una impalcatura nerd assolutamente di qualità furono in grado di rapire i cuori di tanti giocatori di vecchia data, spaesati dall’attività fisica di Wii Fit e dalla materia grigia richiesta da un Big Brain Academy, entrando per sempre nell’immaginario collettivo degli appassionati della Grande N. Un amore che è poi continuato nel corso degli anni, tra alti e bassi, picchi e baratri, avventure e disavventure, arrivando fino al terzo capitolo della saga, esclusiva temporale guarda caso pensata per Switch. Eppure, complici diversi publisher e un andamento quantomeno altalenante delle (s)fortune delle varie console della casa di Kyoto, le strade del creativo e del suo pubblico si sono anche separate (fin troppo spesso!), ma come sempre i soldi risolvono tutto ed è così che, grazie all’enorme richiamo commerciale del device ibrido contemporaneo, stanno arrivando (per quanto con colpevole ritardo) sostanzialmente tutti i progetti di Suda51 che, in origine, avevano visto la luce presso altri lidi. A fine ottobre sarà il turno di Shadow of the Damned, mentre oggi parliamo di Lollipop Chainsaw!
Il gioco in questione venne infatti rilasciato originariamente per le allora uniche due console HD presenti sul mercato, a marchio Microsoft e Sony, lasciando a bocca asciutta i possessori di Nintendo Wii. La protagonista era una giovane (sostanzialmente appena maggiorenne!) cheerleader che, spinta da una forte tradizione familiare piuttosto bizzarra, di secondo lavoro faceva l’ammazza-zombie. Sì, perché quello presentato dal team di sviluppo era un mondo bizzarro: del tutto identico al nostro, contemporaneo, ma infestato da mostri e non-morti, contro cui proprio la cerchia parentale della ragazza era solita scontarsi, a suon di incantesimi e…armi, di varia foggia e natura. Proprio nel giorno del diciottesimo compleanno di Juliet, purtroppo, una vera e propria invasione mette a repentaglio l’intera città, a partire dall’Università frequentata dal personaggio femminile principale e…dal suo ragazzo, ora in pericolo di vita. La prima missione di salvataggio non va esattamente a buon fine e, già alla fine del primo capitolo, il povero sventurato Nick si ritrova decapitato…ma ancora vivo e in grado di sproloquiare: un modo piuttosto strano di incitare la sua ragazza al massacro di zombie! Ma, in fondo, piuttosto simpatico ed efficace. Come si può evincere già dall’incipit narrativo, la cornice del racconto è tanto fuori di testa quanto ci si aspetterebbe da questo tipo di produzione, sorretta da elementi altrettanto sopra le righe anche per quanto riguarda stile e giocabilità.
Il gioco infatti è un action tridimensionale in cui potrete muovere liberamente il vostro avatar all’interno di alcuni quadri non particolarmente ampi né interattivi, concentrandovi prevalentemente sul combattimento tra la giovane cheerdleader e orde di mostri scatenati, non sempre lenti e prevedibili come nella miglior tradizione cinematografica horror, bensì in grado di attaccarvi in svariati modi e da molteplici direzioni: l’equilibrio resta sempre infatti basato sulla vostra capacità di offesa, estremamente più elevata rispetto a quella di un singolo zombie, contrastata dalla superiorità numerica netta rappresentata dall’orda nemica. Non esattamente un “1 vs 100” come nella serie Warriors di Koei-Tecmo, ma senza dubbio nemmeno il delicato e raffinato rapporto di forza che soggiace ai titoli d’azione più rinomati, siano essi un Bayonetta o un Devil May Cry: d’altronde la cura e l’eleganza non sono mai stati marchi di fabbrica del game designer o del suo team di programmazione, però dobbiamo riconoscere che il prodotto qui analizzato appare fin troppo grezzo e rozzo sotto diversi punti di vista. Il sistema di combattimento è infatti piuttosto basilare, al punto da risultare presto anche ripetitivo e poco accattivante, nonostante i tentativi del team di ravvivarlo. Occasionalmente, infatti, potrete alternare ai vostri attacchi, alti-bassi-forti-medi che siano, anche minigiochi o QTE che, almeno sulla carta, dovrebbero variare il ritmo di gioco e rinfrescare un po’ l’avventura ma che, in fin dei conti, risultano aggiunte marginali se non addirittura a tratti forzate. Come forzate appaiono anche alcune transizioni situazionali, tra movimenti di camera tagliati con l’accetta e privi di qualsiasi velleità registica o spostamenti ambientali poco comprensibili o giustificabili del personaggio nei momenti di passaggio tra una scena e l’altra. Il risultato finale, tanto giocando quanto osservando lo svolgimento delle scene che compongono il canovaccio del racconto, è proprio quello di un’opera approssimativa, fatto salvo per alcuni passaggi effettivamente riusciti nel suscitare un’ironia eccessiva nei toni ma sufficiente nell’efficacia, strappando più di un sorriso al giocatore.