BAKERU: la recensione

L'Oracolo Saitaro sta sconquassando l'intero Giappone: vesti i trasformisti panni di Bakeru viaggiando belle 47 prefetture del Paese per liberarlo dalla morsa deli spiriti maligni!

C’è da sottolineare, inoltre, come per l’uscita occidentale (rimandata di svariati mesi rispetto a quella domestica), ulteriori funzionalità siano state aggiunte alla versione finale del prodotto commercializzato qui da noi: parliamo esempio di un paio di nuovi attacchi (quello Uragano e quello Trottola), nonché di un nemico aggiuntivo come il Boss Lanterna, senza dubbio più che apprezzabili. In particolare, il numero di azioni d’attacco praticabili si rivela davvero intrigante, all’interno della versione occidentale, offrendovi spesso la possibilità di adattare sì il ritmo di gioco al contesto ambientale, ma anche di sbizzarrirvi trovando la versione di Bakeru che più si adatta ai vostri gusti e al vostro divertimento, un po’ come avviene in molti dei titoli di Kirby (non a caso tra i brand già trattati da questo stesso team di sviluppo), senza dimenticare i già citati boss di livello: in queste fasi il titolo spesso entra in una determinata modalità di battaglia dove le dinamiche sono diversificate tra loro, per quanto relativamente ben definite, chiedendovi di schivare e attaccare secondo precisi schemi, basati sullo studio del pattern di attacco avversario e ipotizzando le (semplici, va detto) tattiche di controffensiva. In questi momenti di scontro con i super cattivi del quadro specifico, quindi, spesso e volentieri si esce dalla cornice platform adventure, entrando volendo in schemi più assimilabili ai titoli action puri, ottenendo un buon bilanciamento della varietà di interazioni richiesta al fruitore e allontanando lo spettro della ripetitività. Il risultato complessivo è quello di un prodotto forse a tratti un po’ blando, per il livello di sfida sempre molto accessibile, per il ritmo di esplorazione privo di picchi adrenalinici particolari o per la mancanza di qualsiasi tipo di specifica abilità d’esecuzione da parte del giocatore, ma allo stesso tempo fluido e divertente come pochi titoli oggigiorno riescono ad essere: esplorare questi ambienti senza l’assillo della costante spinta all’open world, districarsi tra le diverse azioni a nostra disposizione alternandoci tra obbligo e libera scelta, entrare in combattimento immediato con i tanti nemici sparsi per i quadri per poi affrontare enormi e potenti boss di fine livello attraverso dinamiche di confronto strutturare in maniera classica ma sempre piuttosto varia è davvero un rilassante piacere per gli appassionati di lunga data.

Se a livello ludico, quindi, troviamo una impostazione classica ma divertente, fatta di un approccio forse a tratti fin troppo semplice ma sorretta da trovate in grado di aumentarne l’interesse e garantirne varietà e freschezza, anche sul versante tecnico si alternano giudizi più positivi ad altri più critici. Nell’insieme, chiariamolo subito, il gioco si muove su valori di produzione lontani dai progetti finanziati direttamente da Nintendo, ma reggendone il confronto in maniera più che dignitosa. Il quadro grafico, infatti, è senza dubbio semplice ma non per questo poco curato o incapace di catturare l’occhio e l’attenzione del giocatore: la riproduzione è schermo è quella di un Giappone feudale fiabesco, fatto di forme non complesse, colori sgargianti e proporzioni a tratti persino buffe ma mai ridicole, riportando alla mente una certa direzione artistica comune ad alcune produzioni d’intrattenimento degli anni a cavallo tra gli ’80 e i ’90 (viene in mente ad esempio Yattaman), risultando al contempo simpatico, ma senza scadere nell’incapacità di coinvolgere il fruitore all’interno del mondo di gioco. Le animazioni del protagonista sono davvero numericamente ampie e piuttosto ben concatenate tra loro, nonostante appunto il lavoro per rappresentare in maniera interattiva un così ampio numero di possibilità di gioco. Texture e mole poligonale non sono di altissimo livello, ma riescono in ogni caso a non sfigurare, coadiuvati soprattutto dall’ottima scelta stilistica messa in atto tramite la palette di colori, sempre a metà tra l’approccio sgargiante di un cartone animato giapponese e quello più delicato e pastello di molte stampe e pitture tipiche dell’arte orientale di quell’epoca. Il difetto più grande, a fronte di tempi di caricamento occasionalmente forse fin troppo invasivi, lo si riscontra in termini di frame rate: osservando da vicino e provando con mano il gioco non si può non notare quanto gli sviluppatori abbiano preferito favorire la risoluzione dell’immagine a schermo (davvero limpida e pulita) rispetto alla fluidità dell’azione, mai del tutto bloccata su livelli solidi di resa visiva, per quanto mai in grado di rovinare l’esperienza di gioco. Forse proprio il mancato sostengo di un team esperto come quelli che spesso affiancano Good Feel nello sviluppo di IP Nintendo è il tassello mancante, a livello tecnico, per trovare il giusto equilibrio tra grafica e performance, anche se nell’insieme il gioco risulta senza ombra di dubbio più che godibile.

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La recensione

7.5 Il voto

Il ritorno di dinamiche di gioco classiche e ormai per alcuni desuete strappa ben più di un sorriso agli appassionati di vecchia data che in BAKERU ritrovano lo spensierato divertimento di un buon platform adventure dalle tinte action, che poggia il suoi valori più forti sulla soddisfacente leggerezza di un Giappone feudale cartoon tutto da vivere.

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