Il nuovo capitolo si muove lungo il solco tracciato dai predecessori, mettendovi nei panni di un sub (altamente personalizzabile, progredendo passo passo lungo la scoperta di sempre più elementi costumizzabili, quantomeno per quello che riguarda colori e particolari della vostra attrezzatura per immersioni), pronto a gettarsi nelle profondità oceaniche armato di scanner e mappa GPS: una volta circondati dall’acqua, potrete muoversi liberamente nuotando guardandovi intorno, finendo per incontrare tantissime specie marine diverse (fino a 500 attualmente disponibili nel gioco per Switch), esplorando le aree della regione specifica e cercando di carpirne i segreti più nascosti. Rispetto al passato, però, alcuni elementi strutturali sembrano effettivamente aver intercettato alcune tra le più contemporanee tendenze del settore videoudico, a discapito di altre; nel dettaglio, possiamo dire che sembra essere venuta a mancare la cornice narrativa che, seppur in maniera piuttosto blanda, il team aveva comunque innestato all’interno del percorso di fruizione degli episodi per Wii, sostituita in questo caso invece da un approccio più legato ad elementi aggiornabili progressivamente. In Luminous, infatti, ogni immersione vi vedrà alle prese con nuove aree generate randomicamente, in maniera procedurale dall’intelligenza artificiale del gioco, andando in qualche modo a perdere quel senso di progressione che era invece più presente in passato; il vantaggio è quello ricavato da una costante sensazione di avventura e scoperta, vista proprio l’imprevedibilità del contenuto nascosto sotto il livello del mare, con anche l’intenzione ufficiale e già confermata (il primo “evento”episodio” è previsto già per settimana prossima) di presentare ai giocatori anche tutta una serie di eventi “live” in continuo aggiornamento: ciascuna di queste stagioni sarà un’occasione per incontrare creature difficili da trovare durante le normali immersioni, proponendo per un periodo limitato la possibilità di affrontarne di speciali, durante le quali sarà possibile incontrare un’ampia varietà di vita marina, inclusi insoliti banchi di pesci e pesci enormi altrimenti non identificabili. Il secondo elemento cardine poi dell’esperienza ideata dal team in occasione di questo nuovo e inedito capitolo è quello legato al multiplayer online: partecipando alle escursioni organizzate da altre persone o realizzandone di proprie, infatti, sarà possibile immergersi nelle profondità oceaniche assieme a un elevato numero di altri giocatori sparsi per il mondo, collaborando alla scoperta e all’identificazione di tante specie marine, ottenendo i dati di tutte le razze incontrate dal gruppo di sommozzatori, pur non avendole realizzate in prima persona. Un aspetto da non sottovalutare, visto che alcuni snodi narrativi saranno legati al raggiungimento di determinati traguardi che, sfruttando la forza derivante dal numero, saranno più facilmente realizzabili partecipando anche ad alcune di queste avventure in compagnia. Peccato per l’assenza di opzioni di gioco in locale, anche considerando la quasi totale assenza di comunicazione con gli altri sommozzatori, al di fuori di indicazioni e gesti. La partecipazione al versante multiplayer, purtroppo, sembra in qualche modo fin troppo incoraggiata però dai vincoli della struttura del titolo in questione, proprio perché altrimenti affrontando le immersioni soltanto in single player, dobbiamo ammettere che l’elemento ripetitività e noia potrebbe manifestarsi prima del raggiungimento di quegli obiettivi (come ad esempio un numero minimo di specie o razze scansionate durante le nuotate in profondità) capaci di aggiungere importanti variazioni sul tema, una volta raggiunti (come lo sblocco di nuove aree, apparecchiatura, possibilità di incontri altrimenti preclusi e via discorrendo). Un difetto, considerando come invece l’introduzione progressiva di questi nuovi elementi sia poi in grado di restituire quel picco di curiosità alla base del gioco, non privo di incontri emozionanti e mozzafiato, tra giganti del mare o…creature del passato.
Se alcune scelte in termini di game design non convincono appieno, lo stesso si può poi dire anche in merito al comparto puramente tecnico. Il titolo opta, ragionevolmente, per un approccio visivo ottico-retinico, tramite una rappresentazione tendente al realismo grafico, sia per quanto riguarda proporzioni ed effetti materici, che per quanto concerne filtri e texture: il risultato però non solo presenta un livello chiaramente vincolato ai limiti di puro calcolo computazionale dettati dall’hardware di riferimento (ovviamente ad oggi poco avvezzo a soddisfare l’occhio sotto questo punto di vista), ma probabilmente soffre anche di un budget o di una expertise del team entrambi piuttosto limitati. Sempre sulla stessa Nintendo Switch, infatti, si sono a tratti visti risultati migliori, seppur gli esempi di realismo siano numericamente inferiori alle interpretazioni stilistiche più cartoonesche tipiche dei team interni di Kyoto. Effetti di luce, rifrazione e quelli particellari non riescono a dare vita in maniera netta e convincente agli ambienti sottomarini, nonostante la loro naturale semplicità, finendo per risultare semplicistici, più che minimalisti. Anche i modelli poligonali delle varie creature marine, nonché alcune animazioni non ci sembrano all’altezza delle migliori produzioni presenti sulla console. Nel complesso, le ambientazioni riescono in più di un’occasione a risultare evocative, ma più grazie al contesto che alla sua messa a schermo.
La recensione
Alcune scelte strutturali finiscono per indebolire la cornice narrativa di questo terzo episodio della rilassante serie di Arika pubblicata da Nintendo, pur inserendo elementi interessanti legati al multiplayer e agli eventi aggiornabili. Sorretto da un comparto tecnico non completamente all'altezza delle possibilità di calcolo di Nintendo Switch, l'opera incuriosisce, ma finisce per non convincere fino in fondo.