Death of a Wish: la recensione

Abbatti le quattro Fedi del Sanctum, sconvolgendo il mondo intero...ma con uno stile inconfondibile!

Le altre componenti del titolo, sotto i profilo puramente legato alla struttura ludico-interattiva, sono costituiti da esplorazione ambientale e risoluzione di enigmi ad essa legati, ma non fraintendiamoci: parliamo di aspetti assolutamente secondari, praticamente di corollario alle fasi di combattimento che, al contrario, sono centrali e costituenti. Niente di particolarmente concreto, quindi, né integrato all’esperienza di gioco in maniera significativa, quanto piuttosto soltanto interlocutoria. Si tratta di intervalli inframmezzati tra un momento di lotta e l’altro, dove le fasi più difficoltose risultano semplicemente quelle cognitive: se infatti la direzione stilistica differenzia in maniera sostanziale l’opera da tante altre del panorama videoludico contemporaneo, allo stesso tempo è innegabile come essa stessa si riveli di base l’ostacolo principale alla risoluzione di questa fasi esplorative. Un punto onestamente dolente e in grado di lasciare più di una perplessità agli occhi, e nelle mani, del giocatore.

Lo stile visivo unico, quindi, si pone al contempo come elemento cardine distintivo e come ostacolo alla fruizione diretta e spensierata dal titolo. Il design scarabocchiato degli ambienti e dei personaggi contribuisce a creare un’atmosfera carica di personalità, fresca ed appagante sotto il profilo artistico, ma complicandone anche la lettura e l’interpretazione a schermo. Questo avviene al di là dei fattori puramente tecnici, che di per sé (tra colpo d’occhio bidimensionale, animazioni discrete, frame rate piuttosto fluido e risoluzione più che accettabile) risultano anche discreti. Ma è innegabile che l’esperienza interattiva ne risenta, vista la difficoltà interpretativa e il conseguente senso di spaesamento e confusione che a volte vi spingerà ad agire più per istinto che per pianificata abilità di lotta. Il mondo labirintico del gioco e il design scarabocchiato rendono difficile anche la navigazione di mappe difficili da leggere e aree che possono creare spaesamento, lungo il loro attraversamento. Al contrario di quella ottico-retinica, la componente sonora è invece priva di asperità, ponendosi anzi al centro del sistema di combattimento (visto quanto siano dipendenti dai segnali uditivi le schivate e altre meccaniche di gioco) in maniera semplicemente soddisfacente, coinvolgendo i fruitori ad ogni scontro/incontro.

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La recensione

7 Il voto

Death of a Wish presenta fasi d'azione e opzioni di personalizzazione del sistema di combattimento piuttosto interessanti e distintivi. I suoi scorci minimalisti dal tratto scarabocchiato poi completano gli elementi onirici della narrazione e le creature da incubo che affliggono il mondo di gioco in maniera egregia, seppur al contempo problematica. Croce e delizia dell'opera stessa, la sua estrema direzione artistica accompagnata da un discreto sistema di combattimento lo rendono senza dubbio intrigante, per gli appassionati degli action indie

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