Shiren The Wanderer: The Mistery Dungeon of the Serpentcoil Island: la recensione

Torna l'avventura senza pietà di uno degli antesignani del genere rogue-like, questa volta arduo ma contemporaneo, nei gusti e nelle dinamiche: siete pronti ad affrontare i labirinti dell'isola demoniaca?

L’aspetto più riuscito del tutto, però, risiede in quelle forse piccole, ma in realtà significative aggiunte che potremmo definire sotto l’ombrello generale di Quality of Life (QoL), aspetto fondamentale per trasportare le dinamiche sempre sfidanti di questa tipologia di gioco (a dir poco inventata proprio da questo brand) verso un contesto di fruizione più moderno, contemporaneo e accessibile. La modalità di visualizzazione live, ad esempio, è nettamente migliorata rispetto al passato e strizza l’occhio in maniera del tutto esplicita verso quell’ormai diffusissimo processo di condivisione online tramite social media che, a conti fatti, si può anche rivelare fondamentale per il passaparola alla base del successo di tante operazione di oggi. Questo aspetto in pratica consiste nel presentare in modo chiaro le informazioni statistiche del gioco, come i dati dei personaggi e l’inventario, su un unico schermo durante le fasi stesse di gioco, rivelandosi un modo perfetto per semplificare a livello comunicativo la fruizione del titolo in streaming. I giocatori possono vedere dettagli come le rune su armi e scudi e gli oggetti conservati nei vasi, avendo comunque sempre la possibilità di scegliere tra due opzioni di schermata quella che meglio si adatta alle esigenze di ciascuno: una visualizzazione standard che mostra tutte le informazioni essenziali e una visualizzazione semplificata, più leggera e leggibile. D’altro canto non possiamo non citare anche le modalità di Salvataggio e altri elementi sempre legati all’interazione online: se un giocatore crolla nel bel mezzo della sua avventura nel dungeon, può chiedere aiuto ad altri giocatori per rimetterlo in carreggiata. In caso di successo, i giocatori salvati possono riprendere da dove avevano interrotto senza perdere alcun progresso. Il salvataggio può essere utilizzato anche durante l’esplorazione dei dungeon nella storia, facilitando in qualche modo la progressione lungo l’avventura principale. Il tutto senza contare poi il Gioco in Parallelo, con una sorta di online asincrono o contemporaneo, a seconda del vostro modo preferito di affrontare i dungeon, con l’aiuto (diretto o indiretto, live o in differita) da parte anche di altri avventurieri, appassionati come voi delle vicende di Shiren. Tante piccole trovate aggiunte a questo nuovo e inedito capitolo di un franchise che resta assolutamente fedele a sé stesso, ma allo stesso tempo cerca, e riesce, a riammodernarsi negli spigoli più rudi, abbracciando in maniera intelligente e non banale le nuove possibilità (di sharing, di cooperazione, di condivisione) offerte dalle moderne tecnologie, nonché dalle modalità di fruizione più contemporanee.

Questo percorso capace contemporaneamente di restare vicino alle radici del brand, ma di avvicinarlo ad un pubblico più moderno si ritrova anche sotto il versante tecnico e grafico nel suo insieme. Il titolo resta la produzione di un team di lavoro dalla dimensione medio-piccola, se confrontata con i grandi budget dei maggiori publisher del settore, ma non per questo si adagia sugli allori. Resta l’inquadratura isometrica, quasi a volo d’uccello, per fornire uno sguardo d’insieme ampio su vaste zone di gioco, perdendo conseguentemente e in maniera furba anche quella estenuante ricerca per il dettaglio (tanto poligonale quanto legato agli effetti di superficie) dei giochi più moderni e tecnicamente avanzati. Al contempo causa ed effetto di queste scelte di impostazione risultano poi i personaggi, tanto quelli positivi e legati alle gesta dell’avventuriero, quanto quelli avversari, di sembianze mostruose e intenti ostili: proporzioni sostanzialmente deformed, con teste particolarmente grandi rispetto ai corpi e una qual certa semplificazione di snodi e articolazioni accompagnano un quadro d’insieme che si mantiene però lontano dalle derive dolciastre del kawaii, restando invece piuttosto serioso anche nelle scelte della palette di colori, grazie a una direzione artistica che si accompagna coerentemente con il versante stilistico; il risultato finale è piacevole all’occhio nella sua curata semplicità, anche grazie alla volontà di non perdere il particolare, spesso invece messo in risalto da un buon lavoro di character design, ma anche da certe ricercatezze nella resa materica delle texture ambientali (l’effetto legno delle costruzioni, l’incandescenza delle aree caratterizzate dalla calda presenza della lava, certi effetti di rifrazione della luce a seconda delle superfici e via discorrendo. Forse un po’ troppo legnose e a scatti le animazioni, tanto dei movimenti quanto delle azioni di attacco e difesa, anche es è palese come l’accelerazione di queste componenti sia dettata anche dalle necessità di fruizione imposte dalla tipologia di gioco, fatta di micro-turni in rapida successione per evitare l’effetto noia altrimenti dietro l’angolo: i tempi di attesa, infatti, sono ridotti all’osso in questo capitolo, tanto nei momenti di esplorazione e combattimento, quanto (per fortuna degli amanti della modalità on-the-go garantita dalla natura ibrida dell’hardware di Nintendo) nelle fasi di caricamento. Insomma, pur nei limiti dei valori di produzione possibili per la natura relativamente ambiziosa del progetto, The Mistery Dungeon of the Serpentcoil Island risulta gradevole anche dal punto di vista tecnico.

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La recensione

8 Il voto

Arduo ma più moderno del solito; complesso ed ermetico, ma capace di concedere un pizzico di QOL sparsi qua e là, lungo una struttura al contempo classica e fedele a sé stessa, ma non troppo da risultare arretrata. Valori di produzione sufficienti sorreggono una esperienza di gioco non per tutti, ma decisamente raffinata come ci si aspetterebbe da un titolo sì di nicchia, ma al passo coi tempi.

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