Tomb Raider I-II-III Remastered: la recensione

Una delle icone più grandi della storia dei videogame ritorna, con le sue prime scorribande tirate a lucido per il pubblico contemporaneo: siete pronti all'avventura, quella vera?

Difficile parlare del mondo dei videogame che tanto amiamo senza citare Lara Croft: vero e proprio simbolo del medium di intrattenimento digitale, forse un po’ appannato nell’odierno panorama dell’industria, ma assolutamente centrale sotto tantissimi punti di vista nel periodo legato alle sue origini, che vengono oggi riprese con rispetto ma anche con forza in questo nuovo progetto esaminato qui oggi, sulle nostre pagine. In fondo si tratta di uno dei primi personaggi in grado di trasportare la forza iconica delle mascotte, che fino ad allora avevano caratterizzato in maniera forte l’identificazione di brand e marchi in questo ambito presso i bacini d’utenza più ampi e coinvolti degli appassionati, in un contesto di verosimiglianza, realismo, maturità estetico-espressiva nonché…nell’universo della rappresentazione ed esplorazione dinamica poligonale; in fondo, parliamo di uno dei primi personaggi centrali di sesso femminile dotati di tratti caratteriali e di abilità fortemente improntate all’indipendenza, alla proattività tanto intellettuale quanto fisica, capace di affermarsi con carisma in un mondo fino ad allora popolato prevalentemente da figure maschili; in fondo, siamo davanti a uno dei primi franchise a compiere il salto verso la cinematografia coinvolgendo elevati valori di produzione e un cast di tutto rispetto, con Angelina Jolie a vestire i panni (fino a quel momento solo virtuali) di Lara Croft, la nuova icona simbolo del videogame di epoca moderna. Un successo che all’epoca fu davvero planetario, con una grande cassa mediatica e un riscontro commerciale particolarmente forti nel vecchio continente e nel Bel Paese, anche grazie all’innegabile connubio tra il nuovo cavallo di Troia a marchio Sony e il nuovo modo di concepire l’intrattenimento interattivo rappresentato dall’opera originaria di Crystal Dynamic: Tomb Raider e PlayStation, uniti nella proposta di un nuovo modo di videogiocare, non più solo per bambini, ma finalmente maturo abbastanza da coinvolgere fasce di età (prevalentemente maschili) più adolescenziali se non addirittura adulte, aprendo le porte a una vera e propria rivoluzione che seppe dare più ampio respiro all’industria nel suo complesso.

Tomb Raider fu uno dei capisaldi attorno a cui ruotò l’offerta di Sony, da sempre fortemente intrisa di collaborazioni endemiche con le più svariate terze parti anche occidentali, nel proporre la prima macchina per videogiochi basata sugli allora strabilianti supporti audiovisivi noti come CD (compact disc), in grado di includere al loro interno anche scene animate e tracce audio di grande impatto cinematografico, nonché una discreta capacità di calcolo computazionale per proporre con convinzione il passaggio dal 2D al 3D, inteso come visualizzazione grafica a schermo ma, con titoli fortemente esplorativi come appunto quelli di Lara Croft, anche sotto il punto di vista delle possibilità esperienziali interattive. Insomma, con il suo approccio stilistico, la sua struttura avventurosa, la sua protagonista femminile fortemente emancipata e gli ammiccamenti alle icone di celluloide come Indiana Jones infarcite di mistero, sparatorie, pericoli e disavventure forse non realistiche, ma in molti casi verosimili l’opera di Crystal Dynamic (sviluppata oggi da Aspyr in chiave rimasterizzata) era davvero perfetta per promuovere una nuova epoca per i videogame, per quanto prevalentemente fuori dai confini di Nintendo. Ed è innegabile come alcuni tra i migliori ricordi di noi appassionati di lunga data siano indissolubilmente legati a doppio filo con i rompicapo acrobatici di Lara e le atmosfere cupe, adulte e minacciose delle sue avventure di allora. Nostalgia canaglia? Sì, soprattutto in operazione come questa che andiamo ad analizzare.

Prima di analizzare però le specificità dell’odierno sviluppo di Aspyr facciamo un passo indietro: che cos’è Tomb Raider? In pratica è l’icona del genere adventure game, concepito però ovviamente attraverso i canoni strutturali e gli stilemi di quasi trent’anni fa, il che implica che lo svolgimento dell’esperienza di gioco sia profondamente diversa, ad esempio, da quello che in molti utenti più giovani concepiscono come l’odierna incarnazione del medesimo filone (l’Uncharted di Naughty Dog). I titoli con protagonista l’eroina al femminile ancora oggi così famosa, infatti, presentavano sì ambientazioni e atmosfere da archeologi-soldati, a metà tra un mistico realismo e un soprannaturale verosimile, con tanto di combattimenti e sparatorie contro lupi e tigri, ma anche antiche creature semi-divine, ma sostenute sempre e comunque da lunghi e complessi momenti di esplorazione ambientale a ostacoli. Ostacoli veri e reali, tanto legati alle capacità di esecuzione dell’utente, quanto alla sua abilità nella risoluzione di enigmi: i percorsi da superare erano finemente studiati in termini di level design, creando situazioni complicate o complesse, prima di tutto da decifrare, per poi mettersi alla prova con salti precisi al millimetro, scalate mozzafiato e interazioni con elementi ambientali apparentemente irraggiungibili, ma necessari per aprire varchi, scoprire passaggi nascosti e poter così proseguire lungo l’avventura. Il ritmo di gioco era lento e compassato, ma sempre intrigante per le vostre meningi prima, e adrenalinico per la tensione nella realizzazione di pericolose acrobazie poi, nonché inframmezzato dai picchi di frenesia garantiti dagli scontri a fuoco con bestie pericolose e nemici agguerriti. Insomma, un compendio di game design davvero coi fiocchi!

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