THE OUTER WORLD – Benvenuti a un nuovo appuntamento dedicato alla nostra rubrica intitolata “The Outer World”, una finestra nuova per Switchitalia, con vista sui mondi videoludici che si espandono fuori dalle consuete e familiari mura dell’universo Nintendo. Se volete più dettagli sulla nostra iniziativa, vi rimandiamo all’articolo introduttivo con cui ve la presentiamo, sospinti dalla curiosità esplorativa tipica degli amanti dei videogiochi. Oggi è il turno di uno dei simboli più potenti del genre picchiaduro: stringete i guantoni, che inizia il torneo!
Ci sono titoli che affondano le proprie radici in maniera così antica e ficcante nel passato di questa industria da essere ormai parte fondante della storia del settore, pilastri forse dimenticati dalle generazioni più giovani, ma imprescindibili per le fondamenta stesse su cui l’intrattenimento videoluduco tutto si poggia, con il peso delle sue promesse e delle sue aspettative. Uno slancio contemporaneo verso il futuro, che non sarebbe possibile senza il ricordo di ciò che è stato e che ha formato e forgiato la passione di milioni, tra appassionati consumatori e infervorati programmatori. Già per sé il genere dei picchiaduro è uno di quelli che hanno introdotto e allargato il medium a una fascia di pubblico davvero vasta, grazie all’enorme successo che la struttura accessibile ma combattiva era capace di offrire in quello che, a conti fatti, era davvero il suo habitat più idoneo e naturale: quello delle sale giochi arcade, dove con pochi spiccioli era possibile tanto ripercorrere i brevi archi narrativi dei proprio personaggi preferiti, che sfidarsi testa a testa con altri giocatori, altrettanto appassionati e altrettanto onnipresenti, pronti a passare intere giornate tra cabinati e luci al neon; tra pulsantiere e leve; tra fumo (eh sì, cari miei: all’epoca non esistevano i sani divieti di oggi!) e oscurità, imparando mosse su mosse, allenando i riflessi e cercando di imprimere il proprio nome nella classifica dei migliori lottatori di questo o quel determinato gioco. Una struttura ludica davvero perfetta per quel tipo di fruizione, ma che fu in grado di gestire al meglio anche l’epocale passaggio al salotto di casa, grazie sempre a ottime conversioni (soprattutto a seconda delle console e dei team di sviluppo, ovviamente) in grado di mantenere saldo il divertimento al contempo immediato ma da padroneggiare che lo pose al centro di tanti scontri in locale, nelle sue impersonificazioni bidimensionali, ma poi anche con l’introduzione della tecnica poligonale. Tanto che i ricordi personali del sottoscritto in merito al brand oggi analizzato si legano indissolubilmente proprio a questo contesto e, in particolare, al lancio di una periferica: correva l’anno 1998 quando Sony introdusse sul mercato il famoso DualShock, promuovendone le diverse funzioni (di controllo e di feedback tattile) tra gli altri anche (o soprattutto, almeno nella mia ristretta cerchia di amici) con Tekken 3. Mai prima di allora menar cazzotti era stato così emozionante ed immersivo!
Sin da quei primi passi (o meglio: calci) il franchise di Bandai-Namco conosciuto nel mondo come Tekken (letteralmente: pugno d’acciaio) cercò di imprimersi (e anche grazie al connubio con la potente casa di sviluppo hardware giapponese, senza dubbio ci riuscì) come il picchiaduro tamarro, moderno e senza fronzoli, fatto di rapide combo in successione portate sul ring da personaggi estremi e sopra le righe, carichi di tessuto narrativo quanto di fasce muscolari, e tutto questo alone non lo ha mai abbandonato, anzi. Lungo tanti episodi e diversi anni i toni sono persino saliti, da faide familiari violente l’escalation ha coinvolto demoni, antichi artefatti, tecnologie futuristiche e una vera e propria guerra mondiale che però, nel pieno rispetto dallo spirito combattivo alla base del brand, devono risolversi per volere degli stessi despoti che le hanno generate, in duelli d’onore 1 contro 1. A livello di racconto, questo ultimo episodio in ordine cronologico appena distribuito in esclusiva per le console di ultima generazione riprende la storia dopo la cruenta battaglia che ha portato alla sconfitta di Heihachi Mishima, concentrandosi su una nuova rivalità tra padre e figlio con la missione di Kazuya Mishima per il dominio del mondo che vedrà la fiera opposizione del protagonista Jin Kazama. Cruciale nell’odierna proposta risulta infatti la Modalità Storia (intitolata “The Dark Awakens”), tramite cui sarà possibile immergersi completamente nelle atmosfere surreali (così seriose da risultare a tratti divertenti) della saga della famiglia Mishima, lungo un’esperienza di gioco senza interruzioni con transizioni continue da una situazione all’altra, da una location all’altra, così da seguire l’evoluzione del racconto. Sullo stesso solco di tradizione spinta ancor più agli eccessi si muove poi anche il versante della pura giocabilità, con Tekken 8 che si conferma essere picchiaduro senza dubbio accessibile, grazie all’esecuzione di svariate mosse tramite la semplice pressione di pochi tasti in sequenza diretta, pur introducendo le dinamiche di attivazione dei diversi livelli di pericolosità d’offesa grazie ai tasti dorsali, una volta raggiunti determinati valori di potenziamento. Il risultato è un titolo frenetico, ma non semplicistico, visto che sarà importante memorizzare il move set dei propri lottatori prediletti, per capirne la concatenazione delle animazioni di attacco o schivata, al fine di reagire tempestivamente ai tanti stimoli offerti nello scontro diretto faccia a faccia con l’avversario. Ottimo da questo punto di vista il lavoro svolto per limare il più possibile il tempo di latenza, ma anche per differenziare le idle dei movimenti di ciascuno dei protagonisti, piuttosto diversi tra loro (tra agilità, reattività e potenza), pad alla mano.