L’atmosfera generale, complice anche un certo numero di jump-scare audio ben posizionati, riesce a tenerci sempre sulle spine, sempre consapevoli del fatto che quando la tensione cala è il momento di avere veramente paura. Graficamente la resa poligonale delle ambientazioni e dei personaggi è gradevole, con quel vago senso retrò che fa molto horror citazionista, non solo Resident Evil ma anche qualcosa di Dead Space o Alien Isolation. Lo stesso dicasi per le movenze di Reyes, un po’ legnose a dire il vero soprattutto nei cambi di direzione repentini, aspetto che soffriremo un po’ in combattimento, come vedremo tra poco. A completare il quadro di un prodotto ben confezionato dal punto di vista estetico e dell’atmosfera generale contribuisce un’ottima regia di stampo chiaramente cinematografico, come facilmente riscontrabile sin dalle primissime battute di gioco ma anche dalle frequenti cut scene cinematiche. Lo stesso dicasi per i dialoghi, volutamente e forzatamente in stile “action movie”, tuttavia quasi sempre centrati. Qualche tentennamento di troppo invece questo survival horror made in Italy lo presenta nelle fasi di combattimento, un aspetto che in parte Daymare si trascina dal capitolo precedente. La legnosità dei movimenti del nostro character, soprattutto nei momenti di massima frenesia con più nemici a schermo, talvolta è fin troppo evidente. Capiterà nel corso dell’avventura di avere ben chiara la percezione di un nemico in arrivo alle nostre spalle ma di poter far poco o nulla proprio per il problema sopra evidenziato. I nostri nemici avranno come loro prima forma di attacco non tanto dei colpi ben assestati quanto una serie di prese in grado di assorbire la nostra forza vitale. In questi casi il gioco attiva dei mini quick time event che metteranno a dura prova la nostra reattività per non farci soccombere.
Aldilà delle fasi di combattimento saremo spesso chiamati in causa per mettere in funzione la nostra materia grigia tramite dei puzzle ambientali ben architettati e piuttosto vari. Dovremo talvolta hackerare dei sistemi informatici, ripristinare la giusta temperatura di una caldaia o bypassare un sistema elettrico, fino alla semplice ricerca di una password lasciata incustodita sulla scrivania da qualche ignaro scienziato. Una bella introduzione rispetto al predecessore è costituita dal Frost Grip, un’arma che diventa ben presto fondamentale per bloccare le orde di posseduti ma anche per risolvere i puzzle ambientali. Con questo fucile, in grado di sparare un getto gelido, potremo infatti bloccare per qualche momento i nemici ma anche spegnere incendi o ripristinare passaggi altrimenti inaccessibili. Congelare un nemico si rivelerà piuttosto soddisfacente e gratificante nel momento in cui finiremo per sferrare un colpo alla statua di ghiaccio appena congelata, che esploderà immediatamente in mille pezzi.
La recensione
Un survival horror tutto italiano che (giustamente) non nasconde i suoi riferimenti. Il gioco che abbiamo provato tuttavia non si limita a fare il "compitino", bensì dimostra di aver imparato bene la lezione e di riuscirne a fare una buona interpretazione. Dal punto di vista estetico è ben realizzato, supportato da una regia cinematografica impattante e credibile. Peccato per qualche imprecisione del battle system, in particolare una certa legnosità nei movimenti del personaggio sopratutto nei momenti di maggior confusione. Difetti che tuttavia non inficiano più di tanto un'esperienza di gioco accattivante ed in grado di tenerci sulle spine fino alla fine.