L’orrore. L’orrore…come diceva il Colonnello Kurtz di Apocalypse Now, nella pellicola fortemente influenzata dagli scritti di Conrad in Cuore di Tenebra, fa parte di noi, della nostra stessa natura umana, pur avendo sin dall’antichità cercato di esorcizzarlo attraverso la proiezione esternalizzata su feticci di vario genere o natura, o attraverso la codifica di incantesimi e rituali, quasi per allontanarla da sé. Un comportamento profondamente legato alla nostra stessa antropologia, poiché l’allontanamento dal sé consente di visualizzare al meglio le nostre pulsioni e paure più recondite, osservandole meglio al di fuori del subconscio, in modo da riuscire, in qualche modo, a superarle. Una dinamica psichica, tanto quanto sociale, se consideriamo come possa essere ritrovata alla base delle origini anche delle più grandi ed importanti religioni contemporanee, senza necessariamente affondare le radici della ricerca in tempi lontani dai nostri, seppur certe derive grottesche siano forse ormai più un retaggio del passato che una forma attiva di interazione di gruppo. Tutto questo per dire però che non è un caso che tracce di questo filone orrorifico si trovino nella cultura e nelle usanze o tradizioni di tantissimi territori e popoli differenti, alcuni più conosciuti di altri poiché rappresentati spesso e sovente anche attraverso l’arte…dell’intrattenimento. Che ormai, ai giorni nostri, prende sempre più forma e corpo tramite il medium interattivo dei videogiochi. Ed è così che, ad esempio, sappiamo tutto dei miti norreni grazie agli ultimi episodi di God of War, o che tutti conoscono almeno i più famosi Yokai giapponesi, protagonisti di tantissime serie provenienti dal Sol Levante. Senza contare l’onnipresente zombi, ovviamente, di cinematografici (ma non solo) natali. Eppure il mondo è così ampio e vario che, approcciandoci al nuovo titolo qui recensito, riesce a presentarci ancora curiose novità da indagare: questa volta in merito al folklore indonesiano.
DreadOut 2 è il seguito diretto ed ufficiale del primo episodio della serie, piuttosto popolare nella sua terra di origine e rilasciato nell’ormai lontano 2014: dopo dieci anni di attesa, il secondo capitolo approda oggi anche su Nintendo Switch, portando con sé il suo carico di terrore videoludico, affondando i denti virtuali nei racconti e nelle credenze popolari più diffuse in quell’area geografica, per quanto riguarda il mondo degli spiriti. Nei panni di una giovane ragazza liceale (secondo i più diffusi cliché anche giapponesi, a dirla tutta) vi ritroverete infatti immersi in situazioni in cui creature del fantastico normalmente relegate ai racconti di paura scambiati davanti al fuoco di un falò, o facenti parte del tessuto della tradizione orale con cui i nonni sono soliti spaventare i nipoti per convincerli ad andare a letto, possono da un momento all’altro prendere vita e infestare luoghi e persone con la loro presenza maligna, invadendo il nostro mondo reale. Il tutto, per altro, a causa di un’incauta decisione presa proprio dalla protagonista nel corso del precedente capitolo, e che è destinata a portare conseguenze nefaste sulla città e sulla comunità che la popola. Irresponsabili rituali presi alla leggera dai suoi compagni, rovi di invidia e vendetta covati da chi la accusa della morte degli amici, vittime della disavventura narrata nel primo episodio, getteranno altra benzina sul fuoco che anima i mostri del folklore locale, ormai liberati sul nostro piano di realtà e pronti a prendere di mira il vostro avatar e chiunque le stia accanto. Ed ecco così che le aule della scuola e i vicoli del centro abitato non saranno più luoghi sicuri, infestati da presenze demoniache visibili soltanto agli occhi del vostro personaggio, che nella più classica alternanza tra fasi di esplorazione, risoluzione di enigmi e momenti di terrificante confronto con gli abomini, dovrà fare del suo meglio per sopravvivere. Ardua missione affidata in particolare al suo cellulare.