Esistono titoli che, seppur privi di grandi valori di produzione o di quel particolare alone di aspettative delle grandi uscite, riescono a inserirsi (per casualità o sapienza) in un determinato contesto storico, sfruttando l’allineamento di diversi fattori per legarsi indissolubilmente al ricordo di un momento o di un contesto, ricavandone un’esposizione a volte persino inaspettata. Una situazione che avviene spesso, ma che non è scontata, per i titoli di lancio, grazie alla penuria di concorrenza ma a volte anche grazie alla, in quel caso assolutamente volontaria e pianificata, nonché progettuale, risonanza con alcune delle caratteristiche chiave dell’hardware di riferimento, tantopiù nel momento in cui la macchina si distingue sul mercato in funzione di elementi specifici, differenzianti rispetto alla concorrenza e, pertanto, ancora non sfruttati né dimostrati agli occhi del consumatore tramite quell’elemento che sostanzia ogni console: il software. Perché, a conti fatti, senza i giochi, non avremmo in mano nient’altro che muti marchingegni di ferro e silicone.
Tra le console che più di ogni altra riuscirono nell’intento di incuriosire l’utenza ancor prima del lancio, grazie a peculiarità e caratteristiche del tutto inusuali, ricordiamo senza ombra di dubbio il connubio di enorme successo per la casa di Kyoto rappresentato dal binomio Nintendo DS e Wii, entrambe nate dall’estrema (in tutti i sensi) fantasia del compianto Satoru Iwata. E furono molti i titoli che, proprio grazie alle funzioni del doppio schermo, del touch screen, del puntatore, dei sensori di movimento…riuscirono a centrare il momento ideale di immissione sul mercato proprio in scia allo scalpore suscitato da questa sferzata di innovazione made in Japan, così dirompente da imporsi con forza in tutti i principali mercati videoludici mondiali, riscuotendo quelli che, fino all’arrivo dell’attuale e ibrida Switch, sono stati i migliori risultati di vendite in ambito portatile e home targati Nintendo. Tra le varie serie che rientrano in questa particolare e fortunata (anche per noi fruitori, in primis) casistica rientra a pieno titolo Another Code.
La saga in questione nacque grazie all’allora prolifica collaborazione tra gli sviluppatori di Cing (autori tra gli altri anche di Hotel Dusk) e Nintendo, che vide nella placida avventura grafica un viatico perfetto per comunicare tutte le caratteristiche di interfaccia del rivoluzionario DS: il primo capitolo della serie, infatti, venne lanciato nel primissimo periodo di vita della console a due schermi e, tramite un approccio più dinamico del solito al genere visual novel, fu in grado di far intuire tutte le potenzialità del nuovo hardware. Gestione comoda e immediata dell’inventario nello schermo sottostante, riservando a quello superiore, più grande e definito, il compito di mettere a schermo le fasi di esplorazione e dialogo in tempo reale, ma non solo: enigmi basati sulla possibilità di rotazione in senso verticale e/o orizzontale della console, possibilità di interagire tramite il tocco per risolvere i rompicapo e persino una bizzarra elucubrazione dei programmatori, per trovare la cui soluzione eravate costretti a chiudere il device, facendo combaciare i due schermi per apporre una sorta di timbro necessario per proseguire lungo l’avventura. Il tutto sorretto per altro da un ritmo senza dubbio lento, ma da un’atmosfera malinconica e da personaggi nostalgici, capaci di conquistare l’attenzione e il cuore dei lettori-giocatori, desiderosi di scoprire tutti i segreti che si celano dietro le disavventure familiari della giovane Ashley. Il secondo capitolo venne invece lanciato qualche anno dopo, un po’ a sorpresa per Nintendo Wii, variando necessariamente non solo l’impalcatura grafica, ma anche l’incidenza di enigmi a risoluzione fantasiosa e vertendo maggiormente su dialoghi e trama, per un lascito meno incisivo del predecessore, ma capace comunque di continuare l’arco narrativo dei protagonisti principali in maniera interessante, per gli amanti del genere e del brand. Da allora, silenzio radio tanto sul franchise specifico che, in maniera quasi assoluta, anche sul genere da parte della casa di Kyoto, che proprio su Switch ha però riportato l’attenzione verso questo genere di produzioni: da un lato un nuovo progetto in collaborazione con Koei-Tecmo sotto il nome di Buddy Mission – BOND, purtroppo per ora ancora relegato al solo mercato giapponese, dall’altro il recupero di Famicom: Detective Club, con una raccolta di remake presi addirittura dai fasti del NES e lanciati oggi, in chiave riammodernata. Stupisce, quindi, ma non più di tanto che per inaugurare il 2024 Nintendo scelga proprio di ripartire con la duologia di Another Code, tirata a lucido per la console ibrida contemporanea della casa di Kyoto.