Dal punto di vista della struttura ludica, Loop8 è un’opera ambiziosa, ricca e variegata, ma che probabilmente non ha speso abbastanza tempo davanti allo specchio per capire veramente la propria essenza, prima di essere commercializzata. Il gioco, infatti, appare come una commistione tra visual novel e JRPG, dove sarà possibile esplorare alcuni scenari, muovendosi liberamente per le strade della città-fortezza, baluardo dell’umanità, incontrare diversi personaggi e scambiare con loro cruciali dialoghi, necessari per approfondire la conoscenza di questo universo finzionale ma anche e soprattutto per poter proseguire lungo l’avventura, nonché scontrarsi con nemici ed avversari da affrontare tramite un sistema di combattimento a turni tipico delle produzioni orientaleggianti come questa. Il problema principale, però, risiede nel fatto che nessuno dei tre elementi distintivi che, uniti, compongono l’opera risulta del tutto convincente né perfettamente amalgamato con gli altri, finendo per mostrare il fianco tanto per difetti e mancanze proprie, rispetto a tanti altri esponenti dello specifico genere di riferimento, quanto all’interconnessione e alla capacità di legarsi in maniera fluida e spontanea alle altre fasi di gioco. L’esplorazione infatti risulta piuttosto frammentaria, senza dubbio lontana dal piacere del traversing offerto ormai al giorno d’oggi non necessariamente o soltanto nelle più imponenti produzioni open world, ma anche semplicemente in quei giochi di ruolo capaci comunque di offrire un hub vivibile tramite i movimenti del proprio avatar; la componente di visual novel risulta priva di grandi guizzi di originalità proprio nella sceneggiatura dei dialoghi, finendo presto per appesantire il ritmo di gioco, pur insistendo sull’interessante aspetto di approfondimento delle relazioni tra protagonisti; le fasi di lotta ricalcano i cliché di genere senza presentare alcun particolare twist e finendo per non brillare per bilanciamento tra strategia e azione, privandoci del gusto di scoprire utilizzi e tattiche particolari. Insomma, purtroppo nel cercare di fare tutto, il titolo pecca nel non riuscire a eccellere in nulla.
Il lato però più deludente di tutta l’opera è senz’altro quello tecnico. Il gioco presenta infatti un livello di performance assolutamente insufficiente, nonostante quello che è messo a schermo non risulti né eccessivamente ampio, né particolarmente complesso, facendo quindi sorgere ben più di qualche semplice dubbio in merito al processo di ottimizzazione riservato in fase di testing e chiusura del progetto. Le ambientazioni e i modelli poligonali non sono infatti all’avanguardia, ma riescono comunque a difendersi e, grazie a qualche ispirazione e determinati scorci particolarmente riusciti, a insinuare nel giocatore un senso di apprezzamento, ma si muovo a scatti, al rallentatore e finiscono addirittura per provocare sensibili fastidi a livello percettivo. E tutto questo avviene sostanzialmente in quasi tutte le fasi di gioco, tranne ovviamente che nei momenti statici di dialogo, dove comunque la latenza degli input, la lentezza degli output e i tempi di caricamento affliggono comunque l’intera esperienza di gioco. Una direzione artistica comunque sufficiente non basta, quindi, per tenere il prodotto al di sopra della sufficienza.
La recensione
Tante idee originali, spunti intriganti e un discreto mix di elementi non riescono ad amalgamarsi in un gameplay soddisfacente, complice un canovaccio incapace di decollare e un comparto tecnico davvero problematico.
