Metro Quester: la recensione

Un gioco di ruolo di esplorazione di dungeon basato in un mondo futuristico post-apocalittico creato dall'artista manga Kazushi Hagiwara

Il canovaccio vi spingerà ad esplorare i sotterranei desolati di TOKYO utilizzando la funziona di mappatura automatica, piuttosto ben fatta anche se lontana, vuoi pure per differenze strutturali dell’hardware, dalla funzionalità della serie Etrian di Atlus. All’interno del dungeon la varietà ambientale non spicca, ma sarà comunque interessante muoversi alla ricerca dei punti di interesse ed interazione, come i muri fragili, i nidi di creature ostili, i luoghi con cibo e risorse, nonché le vere e proprie cripte, in attesa degli avventurieri più coraggiosi. Intrigante il sistema di raccolta di elementi, come il “Carburante Purificante” per l’azione e il più classico “Cibo” per sopravvivere, raccoglibili durante il girovagare tra nuove basi e alleati, puntando alla parte più profonda del labirinto. In diversi momenti, inoltre, vi ritroverete faccia a faccia con l’ostile fauna di queste ambientazioni post-moderne ed è qui che entra in scena l’anima “Hack & Slash” dell’opera: il dungeon è infatti ricco di avversari ma allo stesso tempo pieno di opportunità per acquisire un’ampia varietà di attrezzature. A volte esse cadranno dai nemici sconfitti o possono essere trovati nelle casseforti. Il tutto senza contare le preziose attrezzature rare. Starà poi al singolo avventuriero decidere se utilizzare queste risorse per sfidare nemici formidabili, modificarle e rafforzarle o smontarle per ottenere ulteriori risorse: senza dubbio l’oculata gestione del proprio armamentario si rivelerà piuttosto fondamentale, per riuscire ad addentrarsi sempre più in profondità negli abissi del gioco. Anche perché gli scontri, articolati in battaglie a turni, non sono sempre gentili, con il fruitore superficiale. Il sistema di combattimento permette di selezionare fino a tre comandi purché i Punti Azione (AP) lo consentano, tuttavia, poiché anche i nemici eseguono più azioni in un turno, si tratta di un sistema di battaglie a strati in cui un turno può sovrapporsi a molti altri. Valutando attentamente l’ordine di turno previsto visualizzato nella schermata di battaglia e i valori di Odio che aumentano le probabilità di essere presi di mira dai nemici, è possibile pianificare combinazioni di abilità mirate, per colpire al meglio i nemici da affrontare. Un controllo efficace dell’odio si rivelerà indispensabile per gestire in modo efficiente i comandi di battaglia e raggiungere la vittoria.

Difficile giudicare il versante tecnico di questo progetto, poiché per scelta strutturale ci troviamo davanti a un titolo fatto quasi soltanto da menu e illustrazioni statiche, con le fasi di gioco vero e proprio relegate a una visualizzazione letteralmente da PC anni ’80: senza dubbio l’appeal è limitato, probabilmente ai nostalgici amanti dei vecchi tempi andati, se non fosse per l’ottima mano di Kazushi Hagiwara (original concept artist e character designer dell’intera opera, famoso per lavori del calibro niente meno che di “Bastard!! The Dark God of Destruction”): i suoi ritratti riescono anche in un contesto visivamente così statico a donare uno slancio di personalità e carattere al world bulding, altrimenti senza dubbio soffocato da una cornice grafica retrò assolutamente minimalista. Il gioco in ogni caso funziona, anche se è palese come il budget sia molto limitato e il respiro decisamente coi piedi per terra, ma non per questo l’opera non deve essere snobbata.

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La recensione

6 Il voto

Di certo l'ambizione non era quella di rivoluzionare il genere, né di proporre un progetto irresistibile per valori di produzione o elementi distintivi, ma è indubbio che il fascino retrò dell'opera sia semplice, diretto e sincero, come una lettera d'amore per gli appassionati del genere

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