DREAMERS: A Nostalgic Adventure: la recensione

Imbarcati in un'avventura nostalgica con tre personaggi unici in questo italianissimo e colorato videogioco dal forte impatto stilistico

Già, perché non tutti troveranno nel titolo il giusto gancio per proseguire a esplorare e risolvere le diverse missioni poste sul vostro cammino, al fine di raggiungere la conclusione del racconto. Il ritmo di gioco, infatti, è davvero molto lento, a tratti persino affaticato, anche per la mancanza di mordente di troppe fetch-quest, missioni primarie o secondarie che finiscono per ripetersi lungo lo stesso asse, incapaci di cambiare ritmo e varietà di gioco e interazione in maniera frizzante, adrenalinica o convincente. Il tono onirico dell’avventura è ben presentato, a livello grafico e sonoro, anche grazie alla buona direzione artistica che caratterizza gli ambienti fantasiosi, i comportamenti spesso indolenti dei personaggi, la delicata illuminazione nonché i contenuti e le problematiche ovattate, salvo che nei rari ma intriganti momenti di twist che rimandano anche alle distorsioni da incubo dei sonni più agitati, ma finisce per non riuscire a convincere fino in fondo sul versante dell’interazione, elemento cardine nella produzione di un videogame. Né il traversing, afflitto per altro anche da performance non eccelse, né l’introduzione (assente) di nuovi elementi di puro ludus si presentano agli occhi, ma soprattutto alle mani, degli appassionati fruitore per elevare il progetto al di sopra di una stiracchiata sufficienza, sprecando l’ispirazione poetica che lo permea in uno scheletro di giocabilità così esile, da risultare quasi assente e, pertanto, incapace di sorreggere l’opera nella sua interezza.

Se da un certo punto di vista toni e ritmi sono capaci di realizzare la visione dei programmatori, stupisce invece un po’ l’approccio grafico, poiché piuttosto inusuale e non immediatamente riconducibile a uno di quei filoni anni ’90 che sembrano costituire il mandato dell’opera. Il tutto, infatti, è sorretto da uno slancio più originale, il che in realtà non può che influire positivamente sul giudizio complessivo. Se proprio dobbiamo ripescare dalla memoria una qualche sorta di ispirazione, il tecnosauro dietro alla tastiera che è in me si è subito ricordato di una produzione di super nicchia targata SEGA per il primo portatile a Due Schermi di Nintendo, quel DS portatore di così tanti filoni di innovazione da non riuscire più nemmeno a ricordare quali: trattasi di Project Rub, una delle tante collezioni di mini giochi che caratterizzarono i primi tempi di immissione sul mercato di quella console così particolare, quasi che gli stessi team di sviluppo non sapessero bene nemmeno quali fossero tutte le diverse opzioni di interfaccia possibili su un gioiellino così fuori dai consueti schemi di gioco. Una raccolta con alcuni spunti anche piuttosto divertenti, ma che fu capace di balzare all’occhio dei consumatori, distratti e casuali o meno che fossero, grazie a una particolarissima direzione artistica, con avatar “a sagoma”, privi di volto, intellegibili grazie alla netta separazione delle parti consentita da accostamenti di colori netti, privi di ombre o sfumature di sorta, con un effetto finale chiaramente pop art. Ecco, Dreamers in qualche modo lo richiama, pur inserendo questo toon shading così spinto in un contesto ludico molto più ampio e maturo, come quello di una sorta di adventure, senza per altro incappare in gravi rallentamenti o altri problemi di sorta. Nel complesso, quindi, fa piacere vedere qualcosa di nuovo e caratteristico, senza doverlo per forza confinare in cornici ludiche più limitate.

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La recensione

6 Il voto

Buona direzione artistica, sia sul fronte visivo che sonoro; un ritmo blando perché volontariamente pacato; atmosfere rilassanti, improvvisamente pizzicate da misteriosi colpi di scena non cancellano però la sensazione di un gioco davvero poco giocabile, pur rispettando i limiti di genere imposti dalla scelta di produzione.

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