Il portafoglio prodotti della libreria software potenziale in mano a Nintendo è davvero ampio e variegato: complice l’anzianità di servizio della casa di Kyoto, sul mercato ormai da tantissimi anni, ma anche e soprattutto una gestione dei propri asset aziendali semplicemente da manuale d’industria, con proprietà intellettuali in grado di restare rilevanti, se non addirittura proprio sulla cresta dell’onda, per intere decadi grazie a una sapiente amministrazione tanto della qualità, quanto del corretto dosaggio presso il mercato e il pubblico di massa. Il risultato è che, ancora oggi (o meglio: soprattutto oggi, grazie all’intuizione ibrida di far confluire tutti gli sforzi creativi verso un unico hardware, andando a massimizzare i risultati degli sforzi software verso un lido condiviso) le frecce all’arco di Nintendo sono non soltanto moltissime, ma anche piuttosto variegate. Sintomo, questo, di una continua spinta creativa che ha sì consolidato marchio e nomi presso gli acquirenti grazie a una continua iterazione dei proprio brand, ma allo stesso tempo ha consentito la nascita di nuovi filoni di sperimentazione ludica e stilistica come forse mai nessuna altra azienda del settore ha saputo fare prima e, chissà, saprà mai fare anche in futuro. Ed ecco così che, accanto ai capisaldi di Zelda e Mario, si muovono e ruotano come in una galassia anche tanti altri progetti, di caratura e scopo diversi, lungo tutto il ciclo di vita della console. Se, infatti, al lancio la casa di produzione si presentò anche con il simpatico e stravagante 1, 2 Switch! è altrettanto vero che non stupisce e, anzi, rincuora vedere verso la fine del progetto dell’attuale console arrivare sugli scaffali anche un nuovo episodio di WarioWare.
Serie ormai tanto familiare nel suo incedere, capitolo dopo capitolo, quanto anticonvenzionale nella struttura e nei toni, ha già visto la luce su Switch nel 2021 con Get It Together, accolto di buon grado ma forse privo di quegli slanci di pura follia che avevano ad esempio caratterizzato l’episodio Touched per Nintendo DS, per citare forse il capitolo più diffuso e conosciuto quantomeno in epoca moderna. Ripensando anche alle bizzarre pensate realizzate per i comandi motori del Wii con WarioWare Smooth Moves ad alcuni era rimasto un po’ l’amaro in bocca, ma per fortuna arriva oggi Move It! vero e proprio seguito del capitolo per la prima console con giroscopi pensata anni addietro da Nintendo stessa, incentrato in maniera molto evidente proprio sulle funzionalità uniche dei JoyCon, con tutto l’annesso e connesso bagaglio di critiche aprioristiche degli appassionati duri&puri dei capitoli “a bottoni” del Game Boy Advance, ma anche con il suo carico di ubriaca prossemica per tutti gli altri. Sì perché per quanto i due giochi per Switch siano entrambi raccolte di microgiochi dalla durata di pochi secondi, pensati prevalentemente per mettere alla prova i vostri riflessi, tanto quanto il vostro pensiero laterale, è altrettanto evidente come, da tradizione Nintendo, le due opere differiscano per svariati motivi l’una dall’altra.
Il primo grande elemento di differenziazione come detto è quello legato all’uso intensivo, anzi centrale e obbligatorio, dei sensori di movimento, che avvicinano tanto l’esperienza di gioco a quella del capitolo per Wii e, sotto un certo punto di vista, alle bizzarrie di interfaccia di quello per DS: per giocare dovrete concretamente mettervi…in moto, non necessariamente stando in piedi o piegandovi davvero sulle ginocchia come richiesto dal titolo (che conserva senza dubbio quella sottotraccia sadica che tanto caratterizza le avventura dell’odioso Wario sostanzialmente da sempre) ma sicuramente scuotendovi dal classico torpore da divano, tanto caro a una certa nicchia di appassionati di videogame. Impugnate le periferiche ecco che sarete chiamati a un insolito doppio impegno, motorio e cognitivo, lungo tantissime tipologie diverse di micro attività che metteranno alla prova tanto la vostra rapidità di interpretazione del contesto, quanto la vostra velocità di esecuzione, con una sorta di doppio riflesso: quello di comprensione delle indicazioni, secondo un’operazione di sintesi intuitiva, e quello della declinazione prossemica del gesto, traducendo in movimento il comando da eseguire. L’esiguo lasso di tempo che il gioco tradizionalmente lascia al fruitore per recepire l’ordine, interpretarlo e tradurlo in interazione opera qui una pressione psicologica significativa che, unita al contesto demenziale della narrazione, dello stile e dell’atmosfera del progetto di Nintendo, finiscono per produrre una sorta di comica isteria nel giocatore. E ovviamente in tutti quelli che lo accompagnano lungo queste montagne russe di risate, errori e ironia videoludica.