Desolatium: la recensione

Orrore, orrore: Lovecraft prende vita in una pellicola underground sulle vostre Switch!

Purtroppo quella che è una splendida atmosfera lovecraftiana viene fin troppo spesso rallentata o sospesa da alcuni inciampi più strutturali che tecnici, dettati da un certo grado di ingenuità programmatica o dall’assenza di una copiosa fase di testing, prima di arrivare alla versione finale e al rilascio del software sul mercato. Elemento piuttosto deludente, se si pensa che il gioco è anche passato, attraverso il rilascio su Steam del suo prologo, da una esplicita fase di early access mascherato. Arrivando su Switch, però, permangono elementi ottusi come la totale mancanza di una chiara mappa delle aree di gioco che, se da un lato aumenta il senso di immersione e spaesamento, dall’altro finisce per frustrare la pazienza del giocatore, anche e soprattutto a fronte di una lettura complicata e difficile del posizionamento dell’avatar rispetto al contesto. Entrando in un’area sulla quale si affacciano più porte, corrispondenti ad altrettanti potenziali percorsi, non sempre il punto di vista della nostra telecamera risulterà chiaro, rispetto ai punti cardinali dell’ambiente circostante, lasciando spesso il dubbio sul fatto che tale inquadratura stia seguendo la tradizionale filosofia delle telecamere fisse (come in un vecchio Resident Evil, però in prima persona) piuttosto che il dinamismo relativo di un vero e proprio avatar controllato direttamente dal fruitore. L’impossibilità di spostarsi negli scenari, se non ruotando il proprio punto di vista sulla stanza, va ovviamente ad aumentare il senso di straniamento, rendendo inutilmente labirintica l’esperienza di gioco, quantomeno in alcuni degli scenari proposti dal team di sviluppo.

Dal punto di vista tecnico, il primo elemento che balza all’occhio è questa particolare soluzione visiva legata a uno speciale filtro che tramuta le location e svariati elementi ambientali in poster di film dell’orrore del passato, con contrapposizioni di palette cromatiche particolari, tono su tono; ombre scure e pesanti; appiattimento della percezione visiva; loghi e sovraimpressioni fuori scala e dai font particolari; elementi di accompagnamento grafico splatter e così via, quasi fossimo davanti alla locandina di una pellicola retrò di Dario Argento o dei grandi maestri del cinema horror che l’hanno anticipato nei lustri precedenti. Questo avviene oltre che nelle fasi di dialogo, anche e soprattutto in tutti i cambi di scena, quando il giocatore è sostanzialmente spinto a guardarsi attorno a 360°, salvo poi assistere a un cambio di scena gestito con dissolvenza in nero (una delle tante tecniche di rappresentazione visiva tipiche del mezzo comunicativo dei fratelli Lumiére) che riporta sullo schermo le stesse ambientazioni, questa volta raffigurate con una grafica ottico-retinica che, proprio a spezzare con l’interpretazione pittorica della scena che l’ha preceduta, tente a un realismo spinto. E anche su Switch, nonostante una potenza di calcolo evidentemente minore rispetto ad altre piattaforme, il dettaglio e la pulizia dell’immagine riescono nel loro intento di guidare il fruitore lungo un percorso di esplorazione preciso e certosino, sfruttando ambienti piccoli e sostanzialmente statici, dove la forza computazionale è poco impegnata nella mole poligonale o nella gestione di un frame rate spinto, appannaggio della risoluzione. Peccato che persistano tempi di caricamento troppo presenti, anche se non particolarmente lunghi, nonché quel senso di confusione e spaesamento precedentemente descritto, così diffuso da inficiare a tratti le sessioni di gioco più lunghe.

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La recensione

6.5 Il voto

A volte il lavoro del recensore non è semplicissimo, perché scindere gli oggettivi pregi e difetti di un'opera dalle sensazioni personali vissute giocandolo non è così facile. Nel caso di Desolatium, molti sono i difetti strutturali nella concezione dell'architettura dell'opera, che potrebbero inficiarne la fruizione, ma tutti coloro che si dichiarano appassionati di una certa deriva B-movie dell'universo narrativo lovecraftiano non dovrebbero farselo sfuggire.

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