Cosa ancora meno convincente, poi, è il lato puramente ludico e interattivo, ridotto all’osso e troppo spesso estremamente semplificato. L’esplorazione è forse la parte più riuscita, potendo vivere ambientazioni solitamente più ampie, ma meno dettagliate, da vicino, con dovizia di particolari ed elementi curiosi e interessanti per gli appassionati della serie. Discreti anche alcuni dialoghi tra e con i Pokémon (ovviamente gestiti attraverso la traduzione simultanea del nostro fidato compagno di viaggio), a volte in grado di svelare particolari dinamiche di interazione tra la fauna locale e i pensieri soggiacenti questi mostriciattoli rispetto ai noi umani. Nel momento in cui si passa alla fase investigativa, la ricerca di dettagli o elementi fuori posto non segue alcuna struttura punitiva, pertanto basterà persino procedere a tentoni, per trovare l’elemento in grado di attivare il passaggio logico successivo e venire trasportati alla prossima fase di gioco. Il processo deduttivo poi è sostanzialmente spesso affidato al flusso di pensiero di Pikachu stesso, nel suo batti e ribatti con il protagonista umano, senza lasciare grandi spazi di manovra a un fruitore che finisce a tratti per essere mero spettatore. Il team di sviluppo prova a rinfrescare e variegare un po’ il ritmo di gioco attraverso l’introduzione di tanti piccoli mini giochi o, più propriamente, quick time event legati a specifiche azioni contestuali (come l’arrampicarsi senza cadere sul tronco di un albero, premendo il tasto corretto al momento giusto, evitando così una brusca caduta al nostro avatar, per farlo arrivare a destinazione e far iniziare il dialogo successivo), ma il risultato è altrettanto privo di mordente. Un peccato, quindi, che sulla discreta base del presupposto narrativo, con alle spalle un world building così ricco e affascinante, non ci sia spinti un po’ più in là con la realizzazione di dinamiche ludiche e interattive un filo più profonde.
Sotto il profilo puramente tecnico il gioco propone una struttura piuttosto semplice, seppur curata e capace di offrire un colpo d’occhio colorato e spensierato come le atmosfere della narrazione. Le inquadrature finiscono per risultare un po’ claustrofobiche, a esser sinceri, mettendo a schermo scenari limitati nello spazio e vincolati dall’impossibilità quasi onnipresente di gestire liberamente la telecamera, denunciando una sensazione di estrema limitatezza del budget e di ambizione del respiro complessivo dell’opera, imprigionata in livelli simil-bidimensionali a scorrimento laterale. Una sensazione onestamente molto meno convincente rispetto a quella presentata, solo pochi mesi fa, da un altro Detective, sempre in esclusiva per Switch (quel Master Archive di Spike-Chunsoft che, senza dubbio, ha avuto il merito di trasportare il concetto di visual novel investigativa su dinamiche molto più contemporanee, in termini di esplorazione di un mondo di gioco più ampio, variegato e vivo). A tutto questo si accompagna poi un sistema di illuminazione sostanzialmente inesistente, che finisce per appiattire l’insieme della messa in scena in maniera quasi bizzarra, anche e soprattutto perché tende a sminuire il lavoro invece discreto operato nei confronti dei modelli poligonali (forse non tanto delle ambientazioni, comunque mai insufficienti, quanto per quello che concerne i diversi personaggi, umani e mostruosi, che incontrerete lungo il vostro cammino. Anche le animazioni reggono il gioco in maniera più che dignitosa, mentre il frame rate o, in ogni caso, fluidità e velocità delle azioni avrebbero potuto essere gestite meglio, considerando l’estrema linearità del plot e degli avvenimenti. Un aspetto invece ben gestito sono i tempi di caricamento e il sistema di salvataggio, pensato ad hoc anche per una fruizione in modalità portatile.
La recensione
Apprezzabile per il cambio di ritmo e contesto rispetto ai soliti spin-off della serie, il prodotto qui esaminato soffre principalmente di due aspetti poco convincenti: da un lato, l'estrema semplicità non tanto del comparto grafico, quanto delle dinamiche di gioco, sia per quel che concerne il livello di difficoltà che per la struttura stessa degli elementi interattivi; dall'altro di un mancato supporto in termini di cross-medialità, lasciando un po' spaesato il fruitore rispetto all'universo diegetico di riferimento.