Una delle particolarità pensate dagli sviluppatori è quella legata alla pluralità di personaggi interpretabili da parte del giocatore, in maniera anche alternata e senza vincoli di sorta, in modo da poter esperire l’arco dell’avventura anche nei panni di diversi protagonisti. Sette ero con sette stili di combattimento unici e differenziati: ciascun giocatore potrà scegliere tra un gruppo eterogeneo di personaggi come il Vagabondo (tendenzialmente dotato di caratteristiche a tutto tondo), l’Arciere (specializzato invece negli attacchi a lungo raggio) o il Guerriero (caratterizzato invece dal forte impatto dei suoi colpi) per scoprire quali abilità si adattano al proprio stile di gioco o ai diversi livelli dell’Abisso da affrontare, abbracciando nuovi ruoli e acquisendo nuove abilità man mano che ogni livello verrà superato, guadagnando punti esperienza. Il tutto facendo sempre poi riferimento all’HUB centrale cui fare ritorno per investire le risorse recuperate, rifocillarsi per risanare le barre di energia, cambiare personaggio o equipaggiamento: un vero e proprio piccolo villaggio ai confini del mondo, ai piedi del rifugio della Principessa, dove sarà possibile anche interagire coi vari protagonisti, ciascuno assegnato a mansioni specifiche all’interno di questa micro-comunità. Si potranno infatti trovare nuove ricette e materiali, visitando i negozi dei vari compagni di esperienza, ciascuno specializzato in un lavoro unico. Dall’alchimista al fabbro al cuoco, ogni eroe porta infatti con sé qualcosa di unico e diverso. Al lato esplorativo, coinvolgente grazie alla frenesia e alla diversificazione dei suoi combattimenti ma anche alla struttura sempre nuova che vi troverete davanti a ogni viaggio, si affiancano quindi questi momenti di gestione molto più rilassanti e, in qualche modo, strategici: due facce della stessa medaglia, ovviamente, visto che tornare dai dungeon con i tesori più rari vi consentirà di ottenere migliorie notevoli alle vostre statistiche di gioco che, a loro volta, renderanno affrontabili pericoli sempre maggiori e, pertanto, bottini sempre più potenti.
Riallacciandoci al primo capitolo di questa recensione, anticipiamo già che Silent Hope non è un titolo che sfrutta al massimo la potenza di calcolo computazionale a disposizione dell’hardware di Nintendo, ma si pone più che altro come la prosecuzione, in alta definizione e arricchito di svariati effetti, di quelle produzioni che fino a qualche anno fa erano tipiche del Nintendo 3DS: modelli poligonali semplificati dall’approccio estetico super deformed, superfici piuttosto piatte e non particolarmente all’avanguardia in termini di varietà di texture ed effetti, inquadratura isometrica in grado di alleggerire la lettura di dettagli effettivamente assenti finiscono per presentare un colpo d’occhio non di prim’ordine ma comunque pulito e interessante, nonché fruibile grazie alla discreta fluidità dell’esperienza di gioco e alla limitatezza (numerica e in termini di durata) della maggior parte dei tempi di caricamento. L’estetica è a tratti persino vibrante e in grado di trasmettere quella sensazione di fiabesca malinconia, con la sua triste principessa, il regno incantato e gli eroi di tutti i giorni pronti a ergersi paladini di una giustizia quasi dimenticata.
La recensione
Degno erede dei giochi di ruolo action tanto apprezzati su 3DS, con uno stile fiabesco piuttosto apprezzabile e una resa tecnica discreta, seppur nei limiti di un approccio non particolarmente ambizioso, Silent Hope non passa inosservato nell'attuale panorama di produzioni fantasy presenti su Switch, grazie a una giocabilità profonda e variegata, legata a doppio filo al presupposto narrativo che fa da sfondo alle vicende raccontate.
