Se c’è una nota positiva nell’odierna facilità di replicare sugli hardware contemporanei un’enorme varietà di produzioni, comprese ovviamente quelle meno esigenti dal punto di vista meramente tecnico come quelle del passato, è il recupero di tante produzioni che, nelle passate generazioni, per svariati motivi non è stato possibile esperire. Il tutto, per altro, facilitato non soltanto dal progresso tecnologico, ma anche dalla forte tendenza (vuoi di mercato, vuoi dei produttori, vuoi tutto sommato anche dei consumatori) a cedere alle tinte rosee della nostalgia, che finiscono sempre per patinare della magica aura malinconica del ricordo qualsiasi elemento vissuto nei “bei tempi andati”. Ed è così che, a volte persino troppo spesso, le case di sviluppo si rifugiano nelle ormai rodate strategie del remake, se non del puro remaster, attingendo a piene mani ad un portafoglio di asset bell’e pronto molto ampio e subito a disposizione. A volte solo per fare cassa, altre per rinfrescare la memoria del pubblico contemporaneo verso un brand in fase di rilancio, altre volte per soddisfare davvero il prurito di una nicchia, se non addirittura di un singolo capo sviluppatore particolarmente influente all’interno delle varie aziende. Quale sia il caso sotto cui catalogare il progetto analizzato oggi, qui sulle nostre pagine, non lo sappiamo: quello che sappiamo è che chi avesse apprezzato anni addietro il primo episodio di Rhapsody, può finalmente oggi mettere le mani sui due seguiti che, fino ad ora, non avevamo mai lasciato il mercato giapponese.
Il titolo pubblicato da Plaion Italia su Nintendo Switch passa sotto il nome di Rhapsody: Marl Kingdom Chronicles, in cui potrete scoprire l’armoniosa combinazione di storia e musica del seguito di Rhapsody: A Musical Adventure raccontato attraverso due accattivanti giochi di ruolo, proposti qui in un’unica soluzione. Questi episodi, come accennato poco fa, si fanno strada per la prima volta in occidente, portando con sé una grafica migliorata, musiche incantevoli (come da DNA del brand) e e nuovi e vecchi personaggi tutti da scoprire. Seguendo le orme di sua madre Cornet, la giovane Kururu intraprende un viaggio alla ricerca del proprio principe in Rhapsody II: Ballad of the Little Princess. Completo di più canzoni, un nuovo sistema di combattimento a turni e una storia nuova ma familiare, questo titolo è pronto a guidarvi lungo una specie di musical interattivo, a base delle classiche fasi (esplorazione e combattimento) di un tipico JRPG. In Rhapsody III: Memories of Marl Kingdom, una serie di affascinanti capitoli concludono le storie di Rhapsody e dei suoi personaggi, tirando le fila di un canovaccio che proprio in questo terzo e conclusivo episodio si destreggia tra i canoni del prequel e quelli del vero e proprio seguito. Potrete infatti immergervi negli eventi che si verificano prima, durante e dopo i precedenti titoli di Rhapsody, inclusa una commovente conclusione delle vidende legate al destino della madre di Cornet, Cherie. In questa ultima fatica, il sistema di battaglia è ancor più dinamico,grazie agli attacchi combinati dei personaggi e all’aggiunta di una telecamera 3D. In entrambi i casi, comunque, è l’aspetto canoro ad essere sotto i riflettori: si tratta infatti di una storia (anzi due, seppur intrisecamente legate tra loro) raccontate attraverso la musica.
Entrambi i giochi si presentano con un notevole carico di canzoni e una buona dose di ispirazione artistica ad accompagnare il versante sonoro, lungo un’avventura che, complice la raccolta qui operata (con saggezza) sotto il profilo commerciale, sarà in grado di intrattenere discretamente a lungo tutti coloro che sapranno farsi incantare proprio dalla componente fiabesca dei due titoli. Il sistema di combattimento di per sé, infatti, difficilmente potrà conquistare i palati più contemporanei, nonostante lo svecchiamento operato rispetto al primo esponente della serie (soprattutto nel terzo episodio contenuto in questa collection, grazie all’introduzione degli attacchi combinati e a una gestione dell’inquadratura più dinamica, per via della componente tridimensionale), risultando sì rinnovato e perfezionato, ma soltanto in relazione al precursore della serie e ormai non più particolarmente brillante all’interno del panorama di oggi. La trama, dal canto suo, ha questo particolare approccio da musical che, in qualche modo, sorregge un po’ il tutto, ponendosi come elemento distintivo e caratterizzante all’interno di un contesto forse ormai un po’ opaco. Gli amanti del franchise, in ogni caso, sapranno senza dubbio apprezzare la continuazione della storia, portata finalmente a compimento anche presso il nostro pubblico nostrano.
Anche il versante tecnico non riesce a stupire in senso pienamente positivo: vero è che il restyling rispetto agli originali è stato fatto per ottimizzare la visualizzazione sugli schermi odierni, in ambito di risoluzione, ma (forse nel rispetto del lavoro originario) il formato 4:3 lascia comunque un po’ spaesati, assieme ad animazioni, tempi di caricamento e frame rate che, semplicemente, appartengono ormai a un’altra epoca. La grafica è affascinante, grazie al suo look fiabesco, ma anche la direzione artistica e l’apprezzabile stile faticano da soli a sorreggere il giudizio sul versante grafico e tecnico di un’operazione nostalgica e poco più.
La recensione
Gli appassionati della saga originale potranno finalmente mettere le mani sui capitoli fino a ora inediti in occidente, ma per molti appassionati di RPG orientali è innegabile come nella libreria software di Switch ci siano proposte sia più contemporanee che maggiormente capaci di lasciare il segno