Paradise Killer: la recensione

Un’isola fuori dalla realtà. Una civiltà umana senza redini che anela a riportare in vita delle divinità aliene. Un assassinio a porte chiuse...ho attirato la vostra curiosità?

Un aspetto non da poco, in quello che, ridotto all’osso, potrebbe essere descritto come un titolo investigativo, con una impostazione profondamente da visual novel, in cui è possibile spostarsi in prima persona lungo questi ambienti mozzafiato e interagire tanto con elementi ambientali quanto con personaggi giocanti-non-giocanti. Attraverso l’analisi degli oggetti e soprattutto tramite l’interazione con gli altri protagonisti potremo sbloccare profili dei personaggi sempre più dettagliati e mettere in correlazione tra loro diversi componenti di questo universo finzionale, spesso in maniera totalmente libera, se non persino arbitraria. Una volta ricreato uno scenario possibile o, quantomeno, plausibile, dovremo poi portare il caso in tribunale dove il nostro filo logico, le nostre ricostruzioni, le nostre accuse e i nostri sospetti saranno il fulcro di un dibattito mai banale e spesso davvero spiazzante. L’obiettivo non è quello di dimostrare una verità, ma di convincere il giudice del nostro punto di vista, indipendentemente dal fatto che esso sia necessariamente il più giusto o corretto in senso assoluto ed astratto. Anche perché Paradise è un’isola che vive sulle illusioni, ma anche sul loro potere di plasmare la realtà, nonché sul concetto di eterno ritorno e di continua ripetizione dell’assoluto e del particolare, secondo variazioni lievi ma significative a ogni reincarnazione. In sostanza: in Paradise Killer non esiste necessariamente giusto e sbagliato, pertanto nemmeno il concetto di game over riesce a fare realmente presa all’interno delle dinamiche ludiche di quest’opera assolutamente unica.

La componente visiva è tutto, in quest’opera, ma sarebbe riduttivo parlarne in termini puramente tecnici. gli ambienti non sono vastissimi, ma tridimensionali ed esplorabili; i modelli poligonali minimalisti ma curati; texture, luci, colori ed effetti tanto di illuminazione quanto di rifrazione risultano di buon livello, ma è lo stile a permeare con sapienza e sublime direzione artistica ogni singolo elemento, legandolo in maniera inaspettata, originale, non banale e, soprattutto, viva a tutto il resto. Il gioco ha un carattere e una personalità spiazzanti, di difficile comprensione profonda eppure in grado di ammaliare l’attenzione del fruitore sin dai primissimi passi, grazie anche a una componente sonora incredibilmente artistica. Tanto la splendida colonna sonora quanto i pochi ma finemente gestiti effetti audio (comprese le voci dei doppiatori dei personaggi al centro della intricata e complessa vicenda) offrono un senso di immersione che raggiunge livelli di rapimento difficilmente replicabili. Un mix tra Le Bizzarre Avventure di JoJo e il già citato Killer 7 che non vi lascerà più andare, restando con voi anche molto tempo dopo aver spento la console di gioco.

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La recensione

8.5 Il voto

Spiegare Paradise Killer è difficile, se non impossibile: mai come in questo caso ogni singolo elemento compartecipa alla formazione organica e coerente, seppur straniante, di un tutto che è più della somma delle singole componenti, in un viaggio psichedelico al centro di un'isola che, in fondo, è l'anima di ciascuno di noi, con tutte le sue contraddizioni.

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