Nonostante l’enorme peso commerciale da sempre rappresentato dalle console portatili di Nintendo nel panorama tanto giapponese quanto mondiale, c’è un genere videoludico che, negli anni d’oro di PlayStation Portable, ha trovato la sua strada primariamente sui device dei competitor a marchio Sony, tanto da resistere persino durante l’epoca del fallimentare successore ironicamente denominato Vita (che però ha segnato la “morte” commerciale di quel ramo societario per l’altro grande colosso del settore). Si tratta delle Visual Novel, racconti interattivi fortemente incentrati anche e soprattutto (se non addirittura soltanto) sull’intreccio narrativo, sulla cornice del racconto e sul canovaccio degli eventi, con poche o poco significative digressioni puramente interattive. Un genere che è stato ben rappresentato anche su piattaforme della casa di Kyoto, ma solitamente con declinazioni differenti, vuoi per stile grafico, per target demografico o per una maggior attenzione al lato anche ludico, basti pensare a progetti come Another Code e al suo modo di “giocare” con l’hardware stesso del Nintendo DS, piuttosto che ai forti elementi deduttivi delle fasi processuali di Phoenix Wright, senza dimenticare il lato puramente enigmistico del Professor Layton. Su altri lidi, invece, i crismi strategici della fioritura delle Visual Novel erano altri e tanti sono stati i brand e i team che hanno trovato un’ottima risposta anche commerciale, nonché critica, seguendo stilemi differenti: tanti dialoghi, atmosfere più adulte almeno all’apparenza, un maggior grado di tematiche violente, di tensioni sessuali e un grado di intervento del fruitore ridotto all’osso, magari lungo uno scheletro di selezione dialoghi capace, in ogni caso, di impattare lo svolgersi delle vicende narrate. E’ stato il caso della serie Danganronpa di Spike-Chunsoft (recentemente convertita allo stradominio di Switch in terra nipponica, come Master Detective Archives testimonia in maniera molto netta), piuttosto che dell’intera saga Science Adventure (Chaos;Head, Steins;Gate e così via) di cui oggi ci occupiamo, trattando l’ultimo episodio localizzato per il mercato occidentale: Anonyous:Code!
Sì perché ormai, grazie alla scomparsa del concorrente diretto e all’enorme (quasi monopolistico) successo di Switch nel mercato domestico del Sol Levante (accompagnato da un successo altrettanto eclatante anche qui da noi oltre oceano), moltissime di queste produzioni si sono ormai spostate in massa sull’hardware ibrido della casa di Kyoto. Tra queste, in buona sostanza l’intera saga è stata infatti trasportata nelle mani degli appassionati possessori di Switch nel corso degli ultimi anni, con diversi episodi di Steins;Gate, ma anche con le riedizioni in alta definizione del primo capitolo Chaos;Head Noah e del suo seguito diretto Chaos;Child con un doppio packaging capace, in un unico colpo da collezionisti, di catapultare un’intera potenziale fanbase al centro dell’universo diegetico e finzionale di queste visual novel a carattere fantascientifico. Se c’è infatti un tratto che accomuna tutti i racconti editi in tempi recenti sempre da Spike-Chunsoft è proprio quello di partire da contesti narrativi plausibili, a volte persino contemporanei, per poi elevarli a un livello di profondità inaspettato, in termini di ucronia o world building futuristico, sempre restando nell’ambito del verosimile: che siano poteri inaspettati o utilizzo di tecnologie avanzate o entrambe le cose, al centro delle produzioni di questa serie troviamo sempre un elemento comune: la complessa natura della psiche umana, nel suo rapporto con altre entità, tra le quali il tessuto stesso del reale, concetto spesso messo in discussione rispetto al valore del percepito individuale. Temi importanti, incasellati lungo uno scheletro narrativo fatto anche di atmosfere, registri linguistici o messe a video stilistiche crude, a tratti violente e disturbanti, a volte provocatorie ma sempre giustificate dall’ambientazione e dal contesto, senza apparire troppo fuori luogo, anche laddove il filtro censorio in alcuni frangenti (o in altri periodi storici) avrebbe potuto apporre il proprio veto. Insomma, nonostante un’estetica tendenzialmente “manga”, spesso e volentieri non si tratta affatto di giochi per tutti i palati.
Nel caso specifico di Anonymous;Code ci troviamo a vivere in una città orientale futuristica, dove moltissimi aspetti della società e della vita individuale sono pervasi, influenzati se non addirittura dipendenti dall’uso intensivo ed estensivo della tecnologia, tanto da poter affermare quanto l’elemento digitale abbia ormai in mano le chiavi dei cambiamenti antropologici di questo mondo. Sistemi connessi, impiantanti direttamente nella corteccia cerebrale, o su specifici e onnipresenti visori, tanto da proiettare sulla retina o davanti ai nostri occhi una versione della realtà filtrata dai diversi programmi di AR o VR attraverso i quali esperire qualsiasi momento di ogni giornata, per non parlare delle immancabili interfacce utente a sostegno di ogni possibile visione della presunta realtà. Sì perché il primo punto messo in discussione dalla continua sovrapposizione di strati e filtri applicati sopra al tessuto ambientale che circonda i protagonisti di questa avventura è proprio quello del “vero”, ormai diluito dalla pluralità di percezioni individuali o di massa penetrati all’interno di un’ormai vetusta idea di oggettività esteriore al sé collettivo. In questo contesto complicato e complesso, anche dal punto di vista ermeneutico, un’associazione in particolare sta sviluppando, a metà tra il comparto militare e quello governativo, una AI in grado di simulare tutto, nel senso più ampio e onnicomprensivo del termine: ogni essere vivente, ogni potenziali combinazione di possibilità, ogni evento, tanto da arrivare a prevedere il futuro. Un’arma terribile, se messa nelle mani sbagliate, come quelle dell’associazione occulta che, effettivamente, la ste realizzando. All’interno di questa situazione si inserisce la misteriosa figura di una giovane ragazza che, misteriosamente in fuga dalle grinfie di quelle stesse losche figure per non si sa quale motivo, finisce per imbattersi nel nostro protagonista: il nostro giovane eroe per caso, hacker di professione, si ritroverà subito invischiato in dinamiche molto pericolose, per affrontare le quali potrà però far conto su un particolare e sconosciuto (a lui stesso) potere. La capacità di SAVE-LOAD, che sostanzialmente gli consente di viaggiare a ritroso nel tempo fino a un determinato momento “salvato” nel menu della sua memoria (di gioco? o di vita?), da lui stesso…o dal giocatore, cioè da voi.