Red Dead Redemption: la recensione

Per un pugno di...JoyCon, il Far West non è mai stato così bello, brutto e cattivo

Le dinamiche ludiche del titolo sposano da vicino la struttura open world a missioni tipica dei Grand Theft Auto, trasportandole però all’interno del mondo western tipico delle produzioni cinematografiche accompagnate dalle meravigliose note di Sergio Leone: l’ambiente di gioco è piuttosto ampio, se pensiamo a quando il titolo originario è stato proposto, e liberamente esplorabile, tanto a piedi quanto a cavallo. Le missioni sono intercettabili dialogando con i diversi personaggi, giocanti o non giocanti, sparsi per l’ampia mappa di gioco e ovviamente suddivise tra principali e secondarie, distinte soprattutto dalla capacità o meno di sciogliere uno degli snodi narrativi cardine dell’opera, spingendo avanti il macro arco del canovaccio e aprendoci le possibilità interattive della fase successiva del racconto, sostanzialmente introducendo un nuovo capitolo della storia. Uno degli aspetti più riusciti, marchio di fabbrica del team di sviluppo, è quello di mantenere sempre alto il livello qualitativo dell’intrattenimento offerto anche dagli obiettivi minori del gioco, offrendo una discreta varietà e una buona dose di curiosità nel seguire le vicende personali di tanti comprimari che rendono il mondo di gioco vivo e verosimile. Un senso di realismo sorretto per altro da altri due aspetti di differenziazione rispetto a GTA, legando ovviamente all’ambientazione, arricchita di diversi connotati tanto geografici quanto storici: l’equipaggiamento è calato nella realtà dell’epoca, con revolver e fucili a farla da padrone durante la (tante) sparatorie, così come gli scenari risultano immersivi, grazie alla proposta di spostamenti più lenti e in qualche modo panoramici, rispetto alla frenesia cittadina dell’altro famoso franchise made in Rockstar. Da qui ne deriva una giocabilità in qualche modo più lenta, ma non per questo noiosa, anzi: il ritmo più compassato è proprio l’elemento distintivo di un mondo antico, nel quale è più facile calarsi e del quale è più semplice sentirsi parte, anche grazie a questi stratagemmi finemente programmati dal team di sviluppo. Ma non temete: il ritmo di gioco sa impennarsi improvvisamente, nel momento in cui la tensione tra i personaggi sale, pronta a scoppiare come una pentola di fagioli al più piccolo sgarro, alla più velata minaccia, al più irrispettoso affronto: i caratteri dei protagonisti sono infatti rudi, spigolosi e profondamente machisti, come ci si aspetterebbe giustamente da fuorilegge e criminali, da cowboy e sceriffi in questo mondo di frontiera. Toni e linguaggio, atmosfere e messe in scena, azioni e reazioni sono fortemente improntate alla violenza selvaggia di quei tempi, quantomeno quella proposta anche dall’immaginario collettivo delle pellicole cinematografiche, tra bazaar pronti a trasformarsi in campi di battaglia e duelli all’ultima pallottola; assalti alla diligenza e spedizioni punitive; roghi e violenze capaci di sbocciare ad ogni angolo di sentiero sterrato, come e più della vegetazione stessa di queste lande desolate.

Dal punto di vista tecnico, il team di conversione (contrariamente a quanto avvenuto per la raccolta dei tre Grand Theft Auto) ha fatto davvero un bel lavoro. Se paragonato alle versioni per PlayStation 3 (l’originale) e per PlayStation 4 (uscita oggi assieme a questa per Switch) la versione per console ibrida si posiziona sostanzialmente a metà, tendendo più verso le migliorie della versione PlayStation 4 che verso l’originale. I tempi di caricamento riescono addirittura in alcuni casi a essere più veloci in questa edizione, caricando determinate aree in meno della metà del tempo rispetto all’originale; il frame rate è sempre stabile sui 30fps, garantendo un’esperienza persino leggermente più fluida che su PS4, nettamente più stabile rispetto all’originale; il pacchetto di texture e ombre si comporta molto bene, soprattutto in versione docked, così come vegetazione e illuminazione staccano in maniera netta il titolo originario, apparendo molto più ricche e variegate anche in modalità portatile. Anche il pop-in, forse l’effetto visivo più fastidioso della versione PlayStation 3, è stato notevolmente ridotto, così come nuovi sono i filtri anti-aliasing capaci di gestire un’ottima pulizia dell’immagine (visualizzata a 720p/1080p nativi a seconda della modalità d’uso). Quello che sostanzialmente resta invariato rispetto all’epoca sono i modelli poligonali e le loro animazioni, ad oggi effettivamente non più all’avanguardia, ma senza dubbio notevoli per l’epoca e, pertanto, capaci di reggere in maniera discreta ancora oggi, sull’hardware ibrido della casa di Kyoto, con un comparto visivo complessivo davvero di buon livello. L’unico neo a livello di programmazione è la mancata implementazione dei giroscopi e dei sensori di movimento, per ottimizzare la mira durante le fasi di sparo. Ottima come sempre anche la componente audio, tra doppiaggio e splendida colonna sonora. Quello che infatti troppo spesso passa inosservato del brand Rockstar è la direzione artistica, soverchiata dai traguardi puramente tecnici e tecnologici di open-world precursori a livello di genere e mezzo di intrattenimento: se, infatti, gli stilemi sono quelli di una riproduzione ottico-retinica della realtà, gli scorci, l’uso dei colori e le scelte registiche evidenziano anche una grande attenzione alla componente puramente estetica dell’opera.

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La recensione

9 Il voto

Un capolavoro resta spesso senza tempo, capace di travalicare i confini della propria epoca per mantenere intatti i propri valori, ludici e stilistici. Non è sempre così, come la trilogia di GTA dello stesso publisher ci ha dimostrato mesi addietro, ed è per questo che il lavoro svolto in questa occasione merita invece un plauso: la versione Switch di Red Dead Redemption non solo mantiene le caratteristiche principali del gioco, proponendole a un nuovo pubblico e a una nuova metodologia di fruizione, ma ne migliora addirittura alcune componenti puramente tecniche, rendendola semplicemente imperdibile per tutti gli appassionati.

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