Red Dead Redemption: la recensione

Per un pugno di...JoyCon, il Far West non è mai stato così bello, brutto e cattivo

CI sono case di sviluppo che hanno ormai raggiunto la nomea di colossi, e giustamente aggiungiamo noi. Gruppi di programmazione e pubblicazione capaci di generare veri e propri fenomeni di massa all’interno del panorama videoludico mondiale, tanto da concentrare tutti gli sforzi dei propri tantissimi sviluppatori solamente su uno o due brand, con uscite dilazionate da intervalli anche pluriennali ma poi capaci, in fase di lancio, di concentrare attorno a sé l’attenzione mediatica di tutto il sistema, realizzando cifre esorbitanti e attirando i riflettori di ogni singolo componente del circo videoludico: stampa specializzata, pubblico di massa, premi della critica. Una sorta di buco nero commerciale, simile all’epicentro di un terremoto economico finanziario per l’intera industria. E poco importa se, forse, gli appassionati Nintendo sono abituati a vedere la propria software house preferita, come attore protagonista di questi lanci epocali: la verità è che esistono anche altri conglomerati in linea con l’uscita di un nuovo Mario, anche se numericamente meno frequenti, ma in realtà in grado poi di generare volumi assai più ampi con il singolo episodio. Forse proprio a causa della presenza ingombrante della casa di Kyoto, nel corso dei decenni quasi tutti questi team hanno trovato fortuna prevalentemente su altri lidi, come nel caso di Rockstar: un vero gigante generatore di record, con il suo Grand Theft Auto (fatichiamo a immaginare l’impatto che il lancio del 6° episodio potrà avere, dopo tanti anni di attesa e numeri così ampi raggiunti dal suo predecessore, nel corso del tempo e grazie al continuo supporto che l’ha visto approdare su così tante piattaforme), ma anche con un altro grande franchise. Quel Red Dead Redemption che ha saputo trasportare con maestria le dinamiche dell’open world violento (marchio di fabbrica) anche nello scenario cinematografico del Far West. Se GTAV ha superato addirittura i 180 milioni di pezzi venduti nel mondo, il secondo episodio dell’epopea di John Marston ha comunque superato le 50 milioni di copie, facendo impallidire il 90% delle produzione videoludiche a livello mondiale e storico. Un tipo di produzione che per toni e impostazione è sempre stato vissuto come antitetico, rispetto agli hardware a marchio Nintendo, ma che alla fine a ceduto alle lusinghe dell’altrettanto enorme successo di Switch, in grado di ricevere nel corso di pochi mesi sia la conversione della trilogia di Grand Theft Auto (recensita per voi sulle pagine del nostro sito), che il primo capitolo di Read Dead Redemption, di cui ci occupiamo oggi con grande rispetto, molto interesse e un pizzico di curiosità.

Prima di addentrarci nei dettagli della conversione per la console ibrida preferita dal nostro pubblico, un piccolo ripasso per capire meglio la portata dell’opera: il titolo è stato originariamente lanciato nel 2010, accaparrandosi numerosi premi come “Game of the Year” (agli allora Spike Video Game Awards, per esempio, fece incetta di riconoscimenti anche come Miglior Colonna Sonora e come Miglior DLC con l’Undead Nightmare offerto anche nell’odierna versione Switch), arrivando a oltre 170 riconoscimenti e a una media voto su Metacritic pari a 95/100. Vendette subito 5 milioni di copie, diventando il gioco più venduto dell’anno, superando i 12 milioni l’anno dopo per poi arrivare a oltre 16 nel corso del 2020. Insomma, si tratta davvero di un prodotto epocale sotto tutti i punti di vista, sia commerciale che artistico, essendo stato capace di raccogliere attorno a sé il plauso tanto della critica quanto del mercato di massa, ergendosi ai tempi come uno dei simboli più riusciti proprio anche in contrapposizione a quelle che erano le dinamiche più ludiche e spensierate dell’altro grande fenomeno di quegli anni: il Nintendo Wii coi suoi telecomandi e il suo pubblico più casuale, meno avvezzo o interessato alla grafica foto realistica e alla narrazione cinematografica nei proprio videogame. Il binomio “PS360”, infatti, si muoveva su binari differenti per quanto concerne l’approccio tecnologico, insistendo con forza sulla componente “HD” dell’alta definizione, anticipando e spingendo l’implementazione nelle case di quelli che all’epoca erano i primi schermi veramente ad alta definizione; incentrando la loro offerta verso un pubblico primariamente post-adolescenziale di sesso maschile, con titoli violenti e maturi; mutuando stilemi tanto narrativi quanto strutturali dal mezzo di intrattenimento del cinema e della televisione, con cadenze di ritmo scandite da scene di intermezzo, doppiaggio professionale dei dialoghi, movimenti di camera fortemente registici e via discorrendo; puntando anche loro sulla fruizione multiplayer, ma prevalentemente online e meno sulla condivisione da salotto, godibile in locale. Insomma, ci trovavamo davvero dall’altra parte opposta dello spettro di approccio e possibilità, con un risultato fondamentale per il pubblico di appassionati: due forze potenti, in forte tensione tra loro, che si muovevano in direzioni contrarie finendo, in questo modo, per sperimentare, investire e offrire al consumatore nuovi modi e nuove direzioni di scoperta e indagine per il nostro amato passatempo. Red Dead Redemption vs Wii Sport, per il bene dei giocatori stessi.

Red Dead Redemption racconta la storia dell’ex fuorilegge John Marston e il suo viaggio attraverso i vasti territori del West americano e del Messico per ritrovare gli ultimi membri della famosa banda di Van der Linde e provare a salvare la sua famiglia. Grazie all riedizione qui proposta sarà possibile vivere nuovamente, o per la prima volta per chi fosse così fortunato da provare soltanto oggi con l’edizione riveduta, corretta e aggiornata proposta su Switch, gli eventi che seguono l’epica storia di onore e lealtà del grande successo del 2018, Red Dead Redemption 2, dove Marston dà la caccia ai suoi vecchi amici fuorilegge Bill Williamson, Javier Escuella e all’ex capo della banda, Dutch van der Linde, al tramonto dell’era dei cowboy. L’intreccio narrativo è infatti piuttosto intricato lungo l’asse dei diversi titoli che compongono questa saga, dalle origini di Read Dead Revolver del 2004, passando per l’alternanza dei filoni temporali dei due seguiti ufficiali, ma senza dubbio intrigante.

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