Adore: la recensione

Un gioco d'azione per addomesticare mostri in cui il personaggio principale è in grado di evocare e controllare le creature per combattere al suo fianco in un modo semplice e innovativo

Da sempre molti appassionati sognano un prodotto che sappia legare aspetti che fino a oggi sono rimasti appannaggio si titoli diversi lanciati sul mercato, creando una amalgama particolare, sulla carta parecchio interessante ma ancora mai sperimentata realmente controller alla mano. Parliamo del genere GDR incentrato sulla raccolta e collezione di mostri da combattimento, da un lato, e di elementi di battaglia action dall’altro, andando a creare un unicum capace di prendere il meglio da titoli affermati come Pokémon per quanto concerne l’aspetto esplorativo, o Diablo per quanto riguarda invece la frenesia degli scontri. Pochi sono stati i reali tentativi di mischiare le due formule vincenti, tantomeno da parte di sviluppatori indipendenti, troppo spesso ancorati agli stilemi e alle dinamiche di generi come i meteoidvania, realizzati in pixel art. Ed è quindi con curiosità che ci approcciato ad Adore, titolo che non teme di scottanti, giocando col fuoco di questo esperimento.

Il contesto narrativo non brilla forse per originalità, ma in maniera semplice riesce comunque a inserirci all’interno di una cornice definente i ruoli dei principali attori che si muoveranno sulla scena: Draknar, il dio i tutte le creature, sembrerebbe morto per mano del semi-dio suo acerrimo nemico, in grado da allora di maneggiare la scintilla dell’esistenza, diffondendo una maledizione sul creato e prendendo il controllo di tutte le sue creature che abitano il mondo del Gaterdrik. Ma in realtà l’ultima scintilla dell’esistenza del Dio è scesa su Lukha, apprendista degli adoratori, prima di sparire e ora l’essere supremo vive in lui: il nostro avatar è quindi l’ultima speranza per Draknar stesso di sopravvivere e riprendere il controllo dell’universo. Lukha, durante il suo viaggio per far rivivere Draknar, scoprirà non solo molti segreti dell’immenso e misterioso mondo di Gaterdrik, ma anche la cospirazione che si nasconde dietro l’uccisione del Dio supremo. Un incipit ambizioso, seppur narrato attraverso scene statiche sottotitolate, non particolarmente intrigante, ma nemmeno troppo invasivo da allontanarvi poi dal contenuto primario: le dinamiche ludiche che prendono corpo all’interno di questo contesto diegetico. Sì perché molti degli aspetti narrativi avranno poi logiche conseguenze sulla struttura di gioco: il nostro Lukha, infatti, è un Adoratore, in grado grazie alla magia sparsa per il globo di controllare le diverse creature che popolano le terre selvagge, per poi sfruttarle in combattimento dopo averle catturate ed ammansite.

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