Nell’ormai pluridecennale storia dei videogame ci sono aneddoti divertenti, affiancati da storie di lotte intestine persino poco consone a un vero e proprio business legato a dinamiche di intrattenimento come quelle del nostro medium preferito; dalle leggendarie narrazioni del panorama giapponese degli anni ’80, fortemente intrecciato all’ambiente della Yakuza con tanto di minacce e danneggiamenti di proprietà altrui, alle più civili ma comunque sanguinose diatribe tra Natsume e Marvelous in merito…alla vita agreste e bucolica di alcuni loro prodotti: una vera e propria guerra di marchi e nomi, trademark e contenuti che speriamo sia ormai definitivamente chiarita agli occhi del consumatore, al quale il passaggio iniziale ha potuto creare più di qualche grattacapo e, chissà, persino disorientamento e fregature. Il team di sviluppo responsabile della realizzazione originale del franchise, conosciuto in occidente come Harvest Moon, ha infatti interrotto la collaborazione con il publisher originale, che ha però conservato i diritti sul nome del brand, spingendo i programmatori a un cambio di nomenclatura per la distribuzione dei capitoli successivi, editi da un nuovo partner commerciale, faticando inizialmente a far riconoscere il proprio operato (sempre sorretto dai medesimi crismi strutturali e qualitativi rispetto al passato) sotto il nuovo trademark oggi ormai conosciuto e riconosciuto come Story of Seasons. Gli appassionati di vecchia data, quindi, sapranno ormai che è qui, che potranno trovare quello che stanno cercando da uno dei loro prodotti preferiti.
Il titolo vi mette nei panni (personalizzabili, in termini di genere, estetica e anche assegnazione del pronome da assegnare al vostro avatar, per una maggior apertura inclusiva verso l’auto-identificazione di sé da parte di tutte le tipologie di fruitori) del protagonista, figlio di un emigrato dalla campagna alla città che, sospinto dai racconti nostalgici del padre, esprime il desiderio di tornare nella Valle Dimenticata, simbolo e icona di uno stile di vita spesso ormai superato, secondo le considerazioni del mondo contemporaneo: inizia così un percorso di riscoperta delle origini, tornando a vivere presso un vecchio amico di famiglia dedito alla gestione di una fattoria, dove la vicinanza con la natura la farà da padrone, nello scandire il lento e compassato ritmo della vostra nuova quotidianità. Questa vostra nuova vita inizia quindi a Forgotten Valley, una tranquilla comunità Takakura, amico di vostro padre, vi accoglierà a braccia aperte per iniziare a gestire l’attività agraria: spensieratezza e fatica, tra coltivazioni e allevamenti, vi aspettano.
Dal punto di vista del loop di gioco e interazione, le principali attività da svolgersi per conto del fruitore saranno infatti due, nella gestione di terreni e possedimenti: coltivando raccolti e allevando animali potrete amministrare le vostre proprietà, lungo un lavoro quotidiano che richiede costanza, ma regala relax, vedendo i frutti dei vostro sforzi (letteralmente), ottenendone risorse da investire per l’allargamento e la prosperità della fattoria. L’interfaccia di gioco potrebbe ormai essere definita classica, con le icone di scorrimento dei diversi attrezzi molto semplici ma accessibili e chiare, con tasti intuitivi per il cambio delle diverse possibilità di gestione dell’inventario, affiancate dalle tradizionali suddivisioni a scacchiera del terreno, per delimitare l’area di intervento di ogni nostra azione (che sia la zappata, la semina, piuttosto che la raccolta) e il comodo posizionamento dell’avatar nei confronti degli animali da accudire. Nulla risulta troppo rivoluzionario, anzi al contrario: tutto sembra ormai quasi scontato, visti i numerosi epigoni che proprio da questo capitolo hanno tratto ispirazione negli anni (dai seguiti dello stesso franchise al contemporaneo successo di Stardew Valley), ma va ricordato come A Wonderful Life sia la riproposizione moderna di un vero e proprio antesignano, diventato oggi ormai un classico. Anzi, proprio per riammodernarne almeno in parte la fruibilità da parte forse del pubblico più giovane e moderno, si notano rispetto al passato anche delle migliorie, nella gestione di piccoli elementi di QoL soprattutto nella navigazione dei menù, tendenzialmente più snelli. La sensazione complessiva però resta quella di un gioco dal ritmo davvero lento e compassato, fedelissimo all’originale, ma forse fin troppo vecchio, dal punto di vista della freschezza di gioco.