Bleak Sword DX: la recensione

Da Apple Arcade, con furore, sfida e...una maledizione!

L’altro aspetto che accomuna seriamente Bleak Sword DX a Elden Ring è, ironicamente, legato alla struttura del mondo. Un paradosso, pensando a come l’ultima fatica per piattaforme next-gen sia emblema degli elevati valori di produzione open world, trasportando le dinamiche action ed esplorative dei “Souls” verso una muova era più fresca e moderna in termini di fruizione, laddove invece il titolo di Devolver propone micro livelli a diorama, limitatissimi per dimensione e semplicissimi per struttura. Cos’hanno quindi in comune le due realtà? Beh, in sostanza il fatto che sia a livello tematico che ludico ci siano continui rimandi a contenuti classici dell’immaginario fantasy in chiave dark, tra scheletri e ragni, pipistrelli e creature mandare, tra oscure foreste e rovine malvivente, con quel pizzico di luna piena che non fa mai male. Ma soprattutto, il fatto che ogni diorama presenti una sfida specifica, con determinate manifestazioni della fauna ostile in un contesto particolareggiato che presenta l’essenza di una specifica sfida verso il fruitore. Ecco allora che ogni micro livello è in pratica una piccola lezione di game design, che legata a doppio filo al contenuto puramente ludico descritto nel paragrafo precedente della nostra recensione rappresenta la decostruzione del concetto di gioco di Elden Ring, riproposta secondo le stesse dinamiche e tematiche, ma lungo lo scheletro dell’esperienza stessa.

Un’esperienza che sembra quasi il banco di prova di titoli più ambiziosi, come se ci trovassimo davanti al tavolo da lavoro con cui gli sviluppatori si mettono alla prova per testare le proprie idee, a livello di game design, interazioni ludiche o rappresentazioni ambientali del world building, prima di procedere con lo sviluppo dei vari asset che andranno a comporre il gioco vero e proprio. Una intuizione che prende ancora più corpo analizzando il comparto tecnico e visivo, con una impostazione grafica in pixel art super minimalista, con accostamenti di colori ridotti all’osso, tra bianco e nero, letteralmente macchiato sporadicamente dal rosso del sangue. Delle vostre vittime, ma anche del vostro avatar, ovviamente. Il resto è un discorso vuoto e inutile, se non per la conferma di un frame rate fluido, tempi di caricamento più che accettabili e un sistema di controlli responsivo. Chicca finale, il comparto sonoro, curato dal pluripremiato compositore Jim Guthrie, con il suono fornito dal famoso designer Joonas Turner.

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La recensione

7.5 Il voto

Decostruzione sapiente di dinamiche ludiche e narrative tipiche dei Souls-like, Bleak Sword DX presenta uno scheletro di gioco capace di attirare la vostra attenzione, proporre un livello di sfida accattivante e mantenervi incollati allo schermo per il tipico vezzo del: ancora un quadro e poi smetto.

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