Advance Wars 1+2: Re-boot Camp: la recensione

La strategia bellica di Intelligent System torna, con il tratto di WayForward e la raffinata cura dei bei tempi andati

Molti appassionati più giovani e recenti forse non lo sapranno, ma c’è stato un tempo in cui Intelligent System si dedicava con la stessa dedizione e lo stesso sforzo con cui negli ultimi anni si è concentrata su Fire Emblem anche a un’altra serie strategica, all’epoca altrettanto famosa ed importante. No, non parliamo dell’esperimento, purtroppo commercialmente fallimentare, di Codename: S.T.E.A.M., ma di un brand ancora più antico, che affonda le radici ai tempi del Game Boy Advance e che continuò anche sui lidi del Nintendo DS e, sotto.forma di spinoff, persino sul Wii, con i primi tentativi della casa di Kyoto in ambito online. Parliamo di Advance Wars, ovviamente, che prese addirittura il nome dalla console che ne vide i natali: una saga molto amata tempo addietro dagli appassionati, ma che senza riuscire a sfondare a livello di vendite presso il pubblico di massa, ha finito per rimanere nelle retrovie per diversi anni, pronta ora a tornare alla ribalta con un progetto non particolarmente ambizioso, forse, ma fondamentale per testare le acque, in vista magari di produzioni inedite nel prossimo futuro. Miracoli di Nintendo Switch: quando una console ha così tanto successo, sia come hardware che come vendite software, ecco che prendono piede anche produzioni meno sicure sul versante commerciale, importanti però tanto per soddisfare nicchie di appassionati quanto per garantire un ampliamento del portafoglio prodotti in ottica di possibili investimenti futuri. Ed è così che la serie Advance Wars risorse, dalle proprie ceneri, speranzosa di poter ricostruire un futuro brillante dinanzi a sé, a partire da questo “reboot“.

Prima di parlare però del rilancio in salsa WayForward occorre fare un passo indietro. Più precisamente all’ultimo capitolo ufficiale della serie: conosciuto anche con il nome di “Days of Ruin”, Advance Wars: Dark Conflict è stato rilasciato tempo addietro su Nintendo DS, ancora oggi la console più venduta di sempre in casa Nintendo, ma nonostante questo il titolo faticò a trovare grandi riscontri di mercato. Nel passaggio dalla precedente console a quella a due schermi che tanto furore ha suscitato nel corso della sua permanenza sul mercato, la serie ha prima provato a mantenersi fedele in tutto e per tutto alla proprie radici, introducendo in Dual Strike prevalentemente novità legate a nuovi personaggi con relativi armamentari e alle inedite funzionalità multiplayer online, per poi sperimentare in maniera più radicale con l’ultimo episodio. In esso, infatti, assistiamo a un drastico cambio di atmosfera, scenario e setting: dagli scanzonati toni cartooneschi e colorati visti sino a quel momento, si passa a un contesto post-apocalittico in cui l’umanità è sull’orlo dell’estinzione, vittima prima di olocausti ambientali a livello planetario e poi, come in una puntata di Ken il Guerriero, della violenza e della crudeltà dei pochi sopravvissuti. Il tutto impoverito da una modalità storia breve, lineare e poco coinvolgente, appannaggio di una maggiore enfasi alle componenti multiplayer, anche online, lasciando il lato single player in secondo piano. Non solo: anche a livello stilistico tutto cambia, con toni molto più scuri ed oscuri, molto grigio e nero a farla da padrone, in un goffo tentativo di seguire forse il filone tanto in voga all’epoca: quello dei primi titoli in HD su PlayStation3 e Xbox360, con il loro carico di serietà e gioco online. Un tentativo goffo, perché a conti fatti la cosmesi restava di base molto anime, con dialoghi ancora legati a toni scanzonati e a tratti comici, per un prodotto che, di base, finì per soffrire di una sorta di crisi esistenziale: né carne, né pesce, non piacque alla base di appassionati di lunga data e, dall’altra parte, non seppe attirare a sé nuove fette di pubblico e mercato.

E’ anche per tutti questi motivi che accogliamo speranzosi e a braccia aperte invece questa nuova operazione progettata da Nintendo che, per il rilancio del brand, sceglie di collaborare con WayForward: un team da sempre ri-conosciuto per i toni leggeri, lo stile cartoonesco, i colori sgargianti e l’ottima cura del gameplay delle sue produzioni, come Shantae è sempre lì a dimostrare. Un team che da sempre apprezza le radici bidimensionali del medium e le dinamiche ludiche più solide, con meno fronzoli e più divertimento rispetto ad altre ampie fette del panorama videoludico mondiale. Il titolo, come facilmente intuibile dal…titolo stesso, offre in realtà ben 2 giochi riuniti assieme in un unico prodotto finale, caratterizzato dalla volontà di ricominciare (anch’essa sempre espressa in maniera indelebile nel nome del prodotto stesso) e ripartire dalle caratteristiche fondanti dei primi episodio, per trasportarli verso un senso di modernità. Nel progetto per Switch, infatti, vengono raccolti assieme i contenuti principali (tra campagna, mappe secondarie e modalità) dei due vecchi prodotti per Game Boy Advance, riproponendoli con svariate aggiunte in termini di contenuti, ma soprattutto elementi di QoL (quality of life), sensibilizzandone la fruizione per un pubblico più moderno. Il tutto ovviamente senza dimenticare il processo di rinfrescata visiva pensato dal team di programmazione, quasi a volersi staccare in maniera decisa proprio dai passi falsi di Days of Ruin, per ritrovare l’essenza di Advance Wars, per quanto ovviamente reinterpretata in ottica più moderna. Sarà riuscito l’esperimento?

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