Bayonetta Origins: Cereza and the Lost Demon: la recensione

La strega di Umbra non è sempre stata tale: scopriamo l'origine dei suoi poteri, in un'avventura poetica e misteriosa

Tutti ormai conoscono la storia del brand Bayonetta, nato su PlayStation3 e Xbox360 dietro la spinta di una SEGA fortemente orientata alla sperimentazione di nuove idee, puntando in particolare sulla collaborazione con il talentuoso team di sviluppatori indipendenti Platinum Games. Purtroppo, o per fortuna visto come si è poi evoluta la faccenda nel corso degli anni, il titolo riscontra un grande successo di critica, ma fatica sotto il profilo puramente commerciale: la saga, appena nata, sembra destinata all’oblio. Ma ecco che Nintendo, inizialmente esclusa dai primi passi di vita della Strega di Umbra, in epoca Wii U si ritrova alla disperata ricerca di prodotti in grado di variare il proprio portafoglio di software, per variare l’offerta e tentare di allargare il proprio bacino di utenza, ed è così che decide di finanziare il seguito, ovviamente mantenendone i diritti in esclusiva. Nasce così una vera e propria storia d’amore, in grado passo dopo passo di cementare questo esponente del genere action presso la base di appassionati di Nintendo, aumentando a dismisura la popolarità del personaggio, tra raccolte per Switch, partecipazione al mitico Smash Bros. e recentemente il lancio in pompa magna del terzo, inedito ed esclusivo capitolo del brand. Una partnership propizia per tutte le parti in causa, con rapporti idilliaci il cui frutto più attuale è addirittura uno spin-off come quello che ci troviamo a recensire oggi, a testimonianza del successo e della fiducia di questa progettualità pluriennale, che primi fra tutti ha finito per premiare proprio noi appassionati.

Quello che non tutti sanno però è che Platinum Games altro non è che la versione libera e non soggetta ad obblighi contrattuali con Capcom dell’ex gruppo di talentuosi sviluppatori noto come Clover Studio. Un team dalla vita breve, rimasto attivo dal 2004 al 2007, ma capace di sfornare veri e propri capolavori come Viewtiful Joe, God Hand e, naturalmente, Okami. Un titolo quasi mitico, ormai, nel suo essere continuamente paragonato a Zelda, ma caratterizzato da un filtro stilistico pittorico, ispirato alle tinte ad inchiostro della tradizione antica giapponese e ad essa legato anche in chiave narrativa, tramite la messa in scena di leggende e divinità tratte dal folklore locale. Un gioco a lungo invocato da molti, augurandosene un seguito (poi arrivato su Nintendo DS, con tutti i vincoli ma anche le peculiarità del caso) anche solo spirituale, che potesse essere in grado di riproporne l’estetica e le dinamiche avventurose, ma che fino ad oggi è rimasto ancora inespresso, nel cassetto dei sogni di tanti appassionati, ma scommettiamo anche di alcuni di quegli sviluppatori. Ed è forse anche per questo che oggi, sotto l’egida di una Bayonetta ormai salda sul versante commerciale, che proprio Platinum Games, magari guardando indietro al proprio passato, ripropone un’estetica, una poetica e una struttura ludica che in qualche modo proprio ad Okami rimandano. Ancora una volta, finanziati da Nintendo e in esclusiva su Switch.

L’avventura proposta prende corpo nel passato di Cereza, quando ancora era una bambina, dai poteri latenti, seppur potenzialmente importanti. Figlia proibita della passione amorosa tra una Strega di Umbra e un Saggio di Lumen, infatti, si ritrovò senza genitori (lui esiliato in un paese lontano, lei imprigionata nelle segrete più inaccessibili) nonché vessata ed emarginata dalla comunità di fattucchiere che l’adottò. Scappata ai margini del reame, sotto l’ala protettrice di Morgana, altra strega reietta, la giovane ragazza è spinta dal desiderio di imparare le arti oscure, per padroneggiarle a sufficienza così da correre in soccorso della madre incatenata, ma la realtà e amara: al momento non è in grado nemmeno di evocare e controllare il più semplice degli spiriti infernali, nonostante l’addestramento severo cui è sottoposta dalla matrigna. Eppure qualcuno le appare in sogno, indicandole una possibile soluzione, per ottenere il potere tango agognato: una figura angelica le chiede di andare nella pericolosa foresta di Avalon, popolata da esseri fatati pericolosi e ostili, a cercare il Lupo Bianco (Okami, anyone?!) che saprà guidarla fino al desiderato obiettivo. Armata solo della sua innocente ingenuità e di un barlume accennato di poteri magici, la piccola si avventura accompagnata solo dal suo piccolo e morbido pupazzo: una sorta di gatto mostruoso regalatole dalla madre, di nome Cheshire. Inutile dire di come, aggredita nel fitto della foresta, la piccola Cereza tenti di nuovo un’evocazione, riuscendo questa volta a legare l’entità infernale richiamata dalle profondità dell’Ade proprio al suo pupazzo, ed ecco così che comincia la disavventura di questa strana e mal assortita coppia, all’interno della foresta di Avalon: una Bayonetta ante-litteram governata dal JoyCon sinistro e un demone di pezza, controllato interamente dal JoyCon di destra.

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