Elderand: la recensione

Teste mozzate, smembramenti e mostri lovecraftiani, le premesse ci sono tutte per un viaggio ricco di atmosfera!

Il Brasile è notoriamente terra di grandi calciatori, del carnevale più importante al mondo, del samba e più in generale di musica, colori e gioia di vivere. Non ci saremmo dunque aspettati di vederci arrivare un RPG oscuro ed ispirato ad atmosfere lovecraftiane, nel quale non si lesina su smembramenti e teste mozzate. Eppure eccoci qui con Elderand, sviluppato dai brasiliani Mantra e distribuito da Graffiti Games, titolo di ispirazione decisamente retrò nel quale l’oscurità e la follia, oltre che una bella dose di sangue, si frapporranno fra noi e la gloria. Elderand è però prima di tutto un action platform in pixel art, caratterizzato da atmosfere cupe, da un combat system frenetico ma non particolarmente innovativo e da un level design intricato e spesso labirintico. Proprio queste ultime caratteristiche ci permettono di incasellare ulteriormente Elderand nel novero dei metroidvania, genere che negli ultimi hanno sta vedendo fiorire un certo numero di titoli piuttosto validi. La storia alla base di Elderand è piuttosto criptica ed oscura, per lo meno nelle prime fasi di gioco, in linea con il mood del titolo. Vestiremo i panni di un cacciatore senza nome, naufragato con il suo equipaggio ed unico superstite su una terra misteriosa e quanto mai ricca di pericoli. Rinveniamo un manoscritto dalle fredde mani di un cadavere, dove annotiamo quelli che apparentemente sembrano i deliri di un folle, mostri, entità maligne ed un misterioso tesoro. Sappiamo che un misterioso culto governa questa terra, che un villaggio è minacciato ed una società corrotta e decaduta è sull’orlo della fine. Qualcosa in più ci viene poi svelato strada facendo in forma epistolare, raccogliendo lettere smarrite e altra corrispondenza dalle povere anime passate prima di noi, solo così sapremo qualcosa di più sull’oscurità che si impadronisce di questa terra cupa. La scelta di essere così tirchi dal punto di vista narrativo non ha però aiutato ad immergersi nell’atmosfera del gioco.

A questo punto parte il nostro viaggio, con la possibilità di personalizzare l’estetica del nostro eroe in termini di colore della pelle, dei capelli ed acconciatura. Il combat system fissa l’asticella della difficoltà piuttosto in alto, non nascondendo una certa anima sadica e punitiva nei confronti del giocatore, pur non raggiungendo (per fortuna) i livelli quasi ingiocabili di alcuni suoi noti predecessori. Tuttavia avremo un arsenale di tutto rispetto a nostra disposizione e con il quale proveremo a farci strada falciando quanti più mostri possibile. Potremo maneggiare fruste, spade, pugnali, asce, archi, bastoni magici e molto altro, alternando attacchi ravvicinati ed attacchi a distanza. Ogni arma è caratterizzata da statistiche differenti che andranno padroneggiate in modo da assegnare ad ogni tipologia di mostro il setting più adatto. Quando le cose si faranno davvero pericolose la schivata e, perché no, una decorosa fuga non saranno da disdegnare per salvare la pelle, magari riprovandoci in un secondo momento con un equipaggiamento migliore. La staticità nei combattimenti infatti è fortemente disincentivata, l’unico modo per salvare la pelle è mantenersi costantemente in movimento, con rotolamenti e schivate, utilizzando l’attacco alle spalle e studiando i pattern di attacco del nemico (piuttosto evidenti e facili da interpretare).

Graficamente Elderand conta su una pixel art davvero ben realizzata, dettagliata quanto basta pur nel suo rimanere sui toni scuri e tenebrosi per le ambientazioni, o acidi e sanguinosi per gli orrori che dovremo sconfiggere. In particolare alcuni scenari (in primis la cittadella e la cattedrale) sono particolarmente evocativi e piacevoli da attraversare, grazie ad una atmosfera gotica davvero centrata. Anche altre ambientazioni quali il villaggio dei mercanti, o la prigione del tempio mostrano la qualità del lavoro artigianale dei disegnatori. È abbastanza evidente l’ammirazione ed il tributo che gli sviluppatori hanno voluto dedicare a Castlevania, serie ispiratrice di molto di quello che Elderand ha da offrire. L’ispirazione tratta dai classici platform metroidvania è chiara ma è ben reinterpretata nei labirintici livelli che ci troveremo a svelare. Uno dei punti forti di questa produzione è infatti proprio un level design intricato ma non cervellotico, dovremo infatti metterci materia grigia quanto basta ma tutto è ben indirizzato ed interpretabile. Ad esempio alcune aree inizialmente precluse si sveleranno di fronte a noi solo dopo aver sviluppato una certa arma o una determinata abilità. Proprio per quanto riguarda le abilità Elderand propone un albero di sviluppo, in realtà piuttosto scarno, nel quale potremo spendere i punti guadagnati per incrementare la salute, la magia, l’attacco o la difesa.

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Il mondo lovecraftiano avvolto nell’oscurità e nella follia di Elderand non si aprirà di fronte a noi semplicemente pestando sui tasti come forsennati, i combattimenti sono infatti più raffinati di un hack ‘n slash, richiedendo oltre che buoni riflessi anche una certa strategia. Quasi un centinaio tra nemici e boss dovrebbero soddisfare la nostra sete di sangue ma ognuno di essi venderà cara la pelle, tra evocazioni elementali, attacchi dal cielo e dalla profondità degli inferi. Se lo sviluppo del personaggio è solo tratteggiato d’altra parte sarà invece fondamentale non lasciarsi sfuggire il bottino lasciato dai nostri nemici sul campo, sacchi d’oro e gemme spendibili per migliorare le nostre armi, fondamentali per non farsi trovare impreparati nelle fasi più avanzate dell’avventura. Looting e crafting sono fondamentali per farsi strada in questo mondo corrotto.

La recensione

6 Il voto

Elderand fa della raffinata grafica in pixel art e dell'intricato level design i suoi punti di forza. Tuttavia non è facile farsi notare nel panorama piuttosto inflazionato dei metroidvania soulslike. In questo Elderand riesce solo in parte, a causa di un impianto narrativo solo tratteggiato e poco coinvolgente ma soprattutto, di un gameplay alla lunga un po' ripetitivo e non particolarmente innovativo.

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