Xbox Series S: One Piece Odyssey: la recensione

Partiamo all'avventura, con Cappello di Paglia e la sua ciurma...su Xbox Series S!

Dal punto di vista del puro gameplay, questa volta la scelta per cui il team ha optato è fortemente indirizzata in ambito JRPG, muovendosi lungo il solco tradizionale del genere con una scelta tanto tradizionale rispetto al panorama videoludico nel suo insieme, quanto di rottura rispetto invece alle classiche produzioni di intrattenimento digitale a nome One Piece. In perfetto stile GDR, i giocatori potranno controllare ogni membro della ciurma e sfruttarne le abilità uniche per l’esplorazione o il combattimento. I nostri famosi pirati dovranno sconfiggere i propri nemici con alcuni classici combattimenti a turni dotati però di una variante, la Scramble Area Battle: questo sistema consente di spostarsi attraverso più zone di combattimento per scegliere la propria strategia migliore: da un lato, seguendo la dinamica carta-forbice-sasso che regola attacchi e difese tra noi e i mostri avversari, dall’altro selezionando le tecniche speciali a seconda che infliggano maggiori danni nei nemici vicini o, al contrario, nei confronti di quelli posizionati in altre zone dell’arena. In aggiunta, spesso il titolo ci metterà davanti alle così dette Sequenze spettacolari, che sfideranno i giocatori ad affrontare alcune speciali condizioni di battaglia, premiandoli con più punti esperienza una volta completate, spingendoci ad analizzare il contesto rispetto alle particolari richieste contingenti, per massimizzare i risultati di ciascuna sfida. L’effetto è quello di un ritmo più ragionato durante molti degli scontri, quasi fossimo davanti a un titolo capace di introdurre un pizzico di dinamiche strategiche all’interno della struttura ruolistica, anche se dopo alcune ore di gioco ci si renderà conto che, a esclusione di particolari situazioni e di determinati scontri, non sarà poi così necessario ponderare attentamente ogni nostra mossa, riuscendo a sgominare le orde di avversari sfruttando prevalentemente la semplice forza bruta. Per farlo, saranno importanti soprattutto due cose: da un lato, non evitare troppo i combattimenti con i mostri secondari sparsi nel mondo di gioco e ben visibili sulla mappa, così da aumentare le statistiche dei personaggi, crescendo di livello grazie all’accumulo di punti esperienza; dall’altro darsi da fare, nelle fasi di esplorazione di gioco, nella raccolta di oggetti e equipaggiamenti disseminati lungo i nostri percorsi, così da potenziare le abilità perse all’inizio del gioco ma anche rimpinzare i nostri punti-abilità, necessari per attivare i colpi più potenti. Entrando in battaglia con l’adeguato livello di forza, un buon numero di abilità e l’energia sufficiente per attivarle non dovreste incontrare particolari problematiche nello spazzare via i mostri che vi sbarreranno la strada.

Dal punto di vista tecnico, il gioco offre un colpo d’occhio davvero piacevole, seppur figlio di alcune complicità strutturali, comunque ben nascoste sotto la patina di alta definizione al passo coi tempi delle produzioni moderne. Lo sviluppo di ILCA si avvantaggia a piene mani dal tool selezionato come motore grafico, quell’Unreal Engine 4 ormai pienamente ottimizzato per diverse tipologie di progetti, tra cui svariati giochi a licenza manga ma anche diversi titoli appartenenti al genere JRPG: in questo senso, e non solo sotto il profilo ludico e strutturale, One Piece Odyssey ricorda molto da vicino Dragon Quest XI, anch’esso sviluppato con gli strumenti di Epic Games, seppur alcuni anni addietro e ancora non con in mente alcune delle peculiarità delle console di nuova generazioni, sotto il profilo prestazionale. Da questo punto di vista, la versione per Xbox Series S qui analizzata offre una risoluzione a 1080p nativi capace di trasmettere una pulizia e una freschezza dell’immagine, dei colori e degli effetti di luce e superficie senza dubbio soddisfacente, anche grazie alla direzione artistica scelta, molto fedele alla palette di colori accesa e sgargiante mutuata dalla serie animata; i modelli poligonali di personaggi principali e avversari sono altrettanto di buon livello, seppur ovviamente aiutati dalle linee morbide tipiche di Oda, mentre fondali e scenari si compongono di un approccio a tratti più realistico (tanto nelle geometrie quanto nel feeling materico generato tramite il pacchetto di texture ambientali scelto dal team di sviluppo) per un colpo d’occhio che, nell’insieme, risulta pulito e colorato al punto giusto. Sono invece due gli aspetti che non convincono fino in fondo: uno è legato al frame rate che in rare occasioni sembra zoppicare leggermente, per brevissimi istanti va detto; l’altro è invece focalizzato sui limiti strutturali del mondo di gioco costruito dal team di ILCA. Se il primo aspetto non affligge in maniera significativa l’esperienza di gioco e risulta più che altro una bizzarra curiosità, visto che non capiamo esattamente come mai in alcuni momenti, spostando la telecamera per godere del bel colpo d’occhio realizzato per realizzare l’opera qui esaminata, si vedano piccoli scatti assolutamente non giustificati dalla messa in scena, il secondo è maggiormente invasivo, poiché fa parte dell’esperienza stessa di Odyssey. Una delle premesse più intriganti della produzione Bandai-Namco risiedeva infatti (come dimostrato dallo stesso titolo scelto dagli sviluppatori) dalla promessa di un vasto mondo di gioco ampiamente esplorabile, insistendo a doppia mandata sulla natura avventurosa del gioco. Quello che ci troviamo invece fra le mani, invece, è un titolo dove le aree di movimento libero sono spesso strutturate come un’alternanza continua tra corridoi e piccole arene, tanto nei dungeon (dove il tutto potrebbe risultare anche più comprensibile) quanto nell’overworld (dove invece la presenza di mura invisibili o limiti furbi imposti alla libertà di movimento risultano più fastidiosi): in un panorama moderno come quello odierno, tanto più sulle console di nuova generazione per cui l’opera è stata pensata, ci saremmo aspettati una maggior libertà esplorativa, che finisce invece per essere fortemente ridimensionata dai vincoli costruttivi dell’universo diegetico realizzato per l’occasione.

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La recensione

7 Il voto

IL progetto di ILCA getta le basi per un nuovo interessante template per il brand di Cappello di Paglia, seppure questo primo passo risulti meno ampio e flessibile di quanto ci si potesse aspettare. Un colpo d'occhio visivamente gratificante e alcuni spunti originali per il sistema di combattimento risultano legati in termini di ambizione da alcuni limiti strutturali che speriamo possano essere superati in ipotetici seguiti

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