Uno degli aspetti che più lascia interdetti, vista la tradizione cui Saint Kotar rimanda continuamente, è la sostanziale assenza di enigmi. Spesso e volentieri, infatti, in produzioni di questo stampo il fruitore è spinto dal contesto a spremere le meningi per trovare indizi e metterli in relazione tra loro, risolvendo puzzle o trovando la giusta combinazione nell’assemblaggio dei diversi oggetti del suo inventario. In questo caso, invece, nella stragrande maggioranza delle occasioni per superare un determinato momento basterà continuare a cliccare sui vari elementi interattivi, arrivando naturalmente ad ottenere la chiave per aprire una porta, piuttosto che un altro oggetto necessario per completare un equipaggiamento danneggiato e riuscire, così, a passare alla fase successiva della così detta indagine. Ulteriormente fiacco appare inoltre il susseguirsi della scoperta di questi presunti indizi o, per meglio dire, oggetti improvvisamente interattivi che, infatti, iniziano ad essere selezionabili soltanto dopo aver completato la lettura di tutti gli elementi ambientali precedentemente evidenziati alla nostra attenzione dal gioco, senza che noi si sia nemmeno cambiato stanza. L’interfaccia particolare studiata dagli sviluppatori si esprime in un insieme di punti interattivi navigabili tramite le frecce direzionali; una volta che avrete scelto se avvicinarvi a studiare uno di questi elementi, non vi resta che premere il tasto azione e questo farà solitamente partire o un testo a schermo che lo descrive, oppure una schermata di zoom che lo espone in maniera più dettagliata. Ma che l’oggetto sia in relazione con altri elementi contestuali lo decide in pratica sempre il gioco stesso, che vi consentirà a quel punto di prelevare un oggetto e poi provare liberamene a combinarlo con qualsiasi punto di interazione della stanza, anche in maniera completamente casuale, per arrivare prima o poi a trovare la combinazione corretta. Le interazioni sono quindi minime e completamente guidate, togliendo molto del ludus di una produzione appartenente a questo genere. Tutto sembra sempre estremamente scriptato, privo di punizioni per eventuali deduzioni errate da parte nostra e molto lineare nella risoluzione di momenti che si fatica a definire persino enigmi: il tutto tenuto assieme da dialoghi non sempre perfettamente studiati in termini di sceneggiatura e da opzioni e bivi a volte persino opachi, semanticamente. Quello che però consente a Saint Kotar di galleggiare attorno alla sufficienza è il racconto: in quanto avventura testuale, anche a fronte di una interattività ridotta all’osso, saprà tenere incollati allo schermo quantomeno gli appassionati di trame oscure a tinte horror.
Il comparto tecnico del gioco è un altro elemento che fluttua sull’orizzonte della sufficienza stiracchiata: alcuni elementi sono decisamente poco accattivanti, come ad esempi svariati modelli poligonali (piuttosto goffi nelle posture e poco definiti) o alcune ambientazioni (decisamente bizzarre nelle proporzioni e spesso sbiadite sotto il profilo del pacchetto di texture). Allo stesso tempo, alcune delle schermate fisse che rappresentano le location di questa messa in scena a tratti teatrale (per la composizione del proscenio e delle quinte, per lo studio delle luci, per la fissità dei fondali e degli elementi accessori) risultano particolarmente ispirate e capaci di catturare la curiosità del fruitore, trascinandolo all’interno di questo universo finzionale tetro e a tratti persino macabro. Questo bizzarramente avviene per lo più nei momenti in esterna o, all’estremo opposto dello spettro delle possibilità della rappresentazione visiva offerta nel gioco, nei close up che presentano il dettaglio spettrale di determinate situazioni: è in questi contesti che visivamente Saint Kotar riesce meglio, spingendo la morbosità del giocatore a proseguire lungo la narrazione del canovaccio principale. Tempi di caricamento, animazioni e impercettibili ma fastidiosi bug di visualizzazione dei dialoghi completano però un insieme comunque poco convincente, senza dubbio a basso budget e non sorretto abbastanza da intuizioni stilistiche fuori dal comune.
La recensione
Più che un punta e clicca, l'opera si delinea come un'avventura testuale a finali multipli, dove a tratti sarà anche difficile discernere quali scelte stiano esattamente influenzando l'evolversi della narrazione, in un contesto fin troppo lineare, in termini di enigmi, e basico, sotto il profilo puramente tecnico