Harvestella: la recensione

Quando Harvest Moon e Stardew Valley incontrano Final Fantasy, nasce la poesia di una nuova opera made by Square-Enix

Nell’industria del videogame esistono momenti diversi, persino all’interno delle dinamiche della stessa azienda: lustri interi durante i quali un publisher investe in una pletora di progetti differenti, senza una vera e propria linea editoriale, alternati a decenni di ottimizzazione degli sviluppi per cercare si massimizzare i profitti, passando per lunghe parentesi prive di una vera e propria strategia di gestione del portafoglio prodotti delle proprietà intellettuali interne o dei progetti a licenza. Uno dei casi più eclatanti di pivoting gestionale è forse stata Electronic Arts, che nell’era delle prime console HD si era lanciata in decine di produzioni inedite (da Dead Space a Boogie) e nella distribuzione europea di una vasta gamma di giochi giapponesi (in particolare quelli prodotti da Capcom, come Devil May Cry), salvo poi accorpare i diversi team di lavoro su asset e tool centralizzati (Frostbyte anyone?) e focalizzandosi su un numero di produzioni estremamente limitato, ma capace si assorbire enormi quantità di budget, generando per altro i migliori profitti nella storia della casa americana. In forma minore, questa alternanza di fasi è stata vissuta anche da Square-Enix, che proprio grazie al successo e alla natura di Switch sembra aver ritrovato ormai da anni la fiducia, la curiosità e anche la capacità di diversificare la propria offerta, proponendo parallelamente ai suoi capisaldi (Final Fantasy e Dragon Quest) e al suo approccio cinematografico AAA, anche tutta una serie di tentativi (spesso fruttuosi) differenti. Dai vari progetti HD-2D, passando per nuove IP pensate per la distribuzione digitale episodica come nel caso di Voice of Cards, senza dimenticare brand del tutto inediti come il recente DioField Chronicle e, ultimo ma non meno importante, quell’Harvestella che ci accingiamo a recensire proprio ora.

Progetti freschi, intriganti per via della loro evidente novità, ma anche sapientemente pianificati seguendo i più recenti trend del mercato, soprattutto sulla console ibrida della casa di Kyoto. Se infatti DioField trae giustificazione della propria esistenza dall’enorme successo riscosso da produzioni appartenenti al genere degli strategici come Fire Emblem, Mario + Rabbids o Triangle Strategy, così il titolo qui analizzato fonda la sua raison d’être sul richiamo mediatico di opere come Stardew Valley o Story of Season, entrambi per altro ispirati almeno parzialmente dal simulatore di vita per antonomasia in casa Nintendo: quell’Animal Crossing che proprio su Switch è entrato nella storia dei record commerciali del settore. Non è un caso, infatti, che questo titolo sia almeno inizialmente sviluppato per PC e per l’hardware ibrido della Grande N: lo studio della base dei suoi possessori, l’analisi delle tendenze e dinamiche di acquisto, i risultati di vendita di svariati altri progetti similari hanno portato Square-Enix a concentrare i propri sforzi sulla console ibrida di Nintendo, sapendo quanto prodotti come Rune Factory o Harvest Moon da sempre abbiano saputo ritagliarsi un posticino nel cuore di tanti appassionati, ampliando notevolmente il potenziale di vendita grazie all’enorme successo di massa di Switch, testimoniato da più parti non soltanto sotto il profilo hardware, ma anche e soprattutto dai numeri da record registrati da moltissimi dei software pensati con in mente questo specifico target di riferimento nel corso degli ultimi anni. Ed ecco così arrivare Harvestella, un JRPG misto a un simulatore di vita agreste: sulla carta un mix perfetto di elementi interessanti, da amalgamare però con sapienza, per ottenere il meglio da una ricetta vincente.

Il gioco vi metterà nei panni di un avatar, del quale potrete scegliere parzialmente l’aspetto, determinandone però anche l’orientamento sessuale, potendo per la prima volta in un gioco Square-Enix anche optare per un protagonista non binario; una volta fatta questa scelta, inizierà l’avventura, che vi vedrà (secondo uno dei canoni del racconto videoludico giapponese) risvegliarvi privi di ricordi e memoria, in un mondo fantasy caratterizzato dal passaggio delle stagioni, del ciclo giorno-notte ma anche e soprattutto minacciato dal Quietus. Questo fenomeno ambientale, di origine ancora misteriosa persino per gli abitanti del pianeta stesso, si verifica a ogni variazione di clima e calendario, che sembra essere estremamente pericoloso (tanto da spingere tutti a chiudersi in casa durante la sua apparizione) e in grado persino di influenzare i quattro giganteschi cristalli (denominati Seaslight) che regolano il susseguirsi delle stagioni e da cui tutte le forme di vita ricevono la benedizione del dono del raccolto. Il vostro ruolo, inizialmente marginale nelle dinamiche che stanno sconvolgendo l’intero ecosistema, diverrà via via sempre più centrale, tanto che la soluzione e il salvataggio dell’intero pianeta finiranno per risolversi attorno alle vostre gesta eroiche, come da miglior tradizione in casa Square-Enix: rispetto infatti a tante altre simulazioni di vita agreste, è il tono in qualche modo epico che contraddistingue Harvestella a definire la differenza più marcata. Il pericolo incombe, l’esplorazione di diverse città e regioni sarà un obbligo, concreto e non solo morale, per riuscire a placare l’avanzata marcescente del Quietus, che sta distruggendo i raccolti alterando il normale flusso delle stagioni e la consueta alternanza di condizioni climatiche, spingendovi lungo un’avventura che necessariamente vi costringerà ad uscire dal vostro…orticello.

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