La storia di Bayonetta è ormai famosa, per certi aspetti iconica e rappresentativa di diversi fattori dell’industria, sia dal punto di vista di chi ci lavora, che dal punto di vista di chi teoricamente ci si dovrebbe divertire. Brand SEGA nato in collaborazione con Platinum Games, team di programmazione formato dai componenti degli ex Clover Studios che operavano (con un altissimo tasso di fantasia e originalità) sotto etichetta Capcom, vide i suoi natali su console Microsoft e Sony ma senza riscuotere il successo commerciale sperato. Il futuro della Strega di Umbra sembrava segnato, con nessuna delle case coinvolte interessata ad investire in un ipotetico seguito, nonostante l’elevata qualità del primo capitolo e un pitch già pronto in casa Platinum per partire coi lavori. Ma ecco che all’improvviso irrompe sulla scena Nintendo, un attore nuovo, precedentemente escluso da questo gioco ma alla ricerca di prosotti fuori dai consueti schemi delle proprie produzioni first party, per allargare l’appeal del proprio portafoglio prodotti: priva di grandi titoli action tra i brand interni, la casa di Kyoto si risolve di finanziare il progetto con poche chiacchiere e molti soldi, ridando vita a un franchise sull’orlo dell’estinzione. Eppure furono molti i così detti appassionati che lamentarono l’esclusiva di Bayonetta 2, incapaci di capire che soltanto l’intervento di Nintendo per rinforzare la libreria del Wii U permise l’esistenza stessa di questo seguito, poi riproposto assieme anche al primo episodio anche su Switch.
Un’esistenza travagliata, quindi, sin dagli albori di un brand apprezzato molto, ma da pochi acquirenti, dipendente dall’amore incondizionato dei suoi creatori ma anche dalle necessità commerciali dei finanziatori, e che proprio legandosi a doppio filo con Nintendo ha saputo da un lato ampliare il bacino di utenza potenzialmente interessato alle gesta della Strega di Umbra (anche grazie all’inclusione della protagonista nel roster di Super Smash Bros., persino in duplice versione) e dall’altro ergersi a uno dei must action degli hardware marchiati dalla casa di Kyoto, entrando nel novero di quei progetti non ultra milionari ma dal grande valore anche simbolico per gli acquirenti della console. Tanto importante a livello di immagine da spingere Nintendo ad annunciare il destino poco dopo l’uscita della console stessa, con un breve tessera ad anticipare il terzo inedito capitolo nel momento in cui venivano confermati i port dei primi due sull’hardware ibrido giapponese. Un annuncio gradito, ma forse un po’ prematuro: da allora il gioco infatti scompare dai radar, facendo addirittura nascere dicerie su rapporti incrinati, problemi di sviluppo, ritardi inspiegabili. Peccato che nella verità dei fatti, nel lasso di tempo intercorso la partnership tra Platinum Games e Nintendo si sia addirittura rafforzata, con lo sviluppo esclusivo di una nuova IP come Astral Chain (capace di superare il traguardo del milione di copie vendute) e che al momento opportuno Bayonetta 3 torna a farsi vedere. Con un trailer e una data di uscita, rispettata in pieno con un prodotto fatto e finito, rifinito coi fiocchi, giusto in tempo per Halloween 2022. Eccolo, tra le nostre e, speriamo, anche tra le vostre mani.
Bayonetta 3 è un seguito diretto dei primi due capitoli: anche se sarà parzialmente godibile persino dai neofiti, è innegabile come poggi le fondamenta della propria cornice narrativa sui punti cardine settati negli episodi precedenti, tanto nella caratterizzazione dei personaggi e dei legami che ne vincolano le relazioni, quanto nel background delle macro vicende che intessono il canovaccio di streghe e angeli, adepti e religiosi, divinità e demoni. In particolare, nel terzo atto della saga si preme sull’acceleratore dei viaggi temporali e delle dimensioni parallele, mettendo in scena incroci altrimenti improbabili tra versioni diverse degli stessi protagonisti, vicende alternative e bivi del destino incentrati sul concetto di “what if” e “sliding doors“, senza per questo scadere soltanto nella pedissequa riproposizione di figure già delineate nel passato, con semplici scappatoie derivative. Anzi: partendo dal presupposto sopra esposto, il team di sviluppo ha deciso di approfondire ulteriormente il carattere di alcuni dei protagonisti di sempre, ma al contempo di introdurne di nuovi, sfaccettati e interessanti tanto quanto i volti ormai familiari che muovono i propri passi all’interno di questo universo diegetico, andando a complicare il macro arco narrativo, ma parallelamente a presentare facce nuove, pronte a conquistare il cuore degli appassionati, di vecchia data o appena affacciatisi su questo intrigante mondo inventato da Platinum Games. Il mix è piuttosto ben amalgamato, riuscendo nell’intento di non stravolgere il passato (anzi, dandogli in pasto alcuni piccoli ma entusiasmanti e struggenti momenti di amarcord) pur gettando le basi per il futuro del franchise: lo sguardo lanciato all’eroina originale del primo capitolo, attraverso lo specchietto retrovisore del prologo del gioco, è ben più che apprezzabile e viene sfruttato in maniera intrigante, ben al di là di un semplice fan service, utilizzandolo per creare un ponte vero nuove eroine e un intricato ma soddisfacente canovaccio che, ve lo anticipiamo, non sembra volersi concludere con questa ultima opera della trilogia. Raccontare oltre rischierebbe di rovinare la sorpresa e il gusto della fruizione, per cui vi basti sapere che a livello puramente narrativo, il titolo si comporta in maniera idonea: non rivoluzionario come il primo capitolo, che introdusse tutto l’universo diegetico del caso; non scoppiettante come il secondo episodio, che portò in auge la figura di Cereza senza compromessi, il terzo gioco a marchio Bayonetta riassume quanto visto finora in maniera coerente e rilancia a piene mani verso un futuro proseguo della saga, che tutti noi ci auguriamo possa prendere copro con ulteriori nuovi episodi altrettanti riusciti.